Religione e Rivoluzione
«Oggi, in Europa, come in Russia, ogni difesa, seppure la più raffinata, la meglio intenzionata, od ogni giustificazione dell’idea di dio, conduce ad una giustificazione della reazione» (Lenin, Sulla religione, Feltrinelli reprint, senza data, p. 56).
Alla luce di questa prospettiva, che prevede l’eliminazione della religione attraverso la costruzione del comunismo, la Russia cristiana viene perseguitata e annichilita dalla Rivoluzione d’ottobre, a partire dal 1917.
Nel 1917, gli ortodossi in Russia sono circa 117 milioni e la Chiesa conta 67 eparchie (una in Nord America), 48mila parrocchie, 1.025 monasteri con quasi 100mila monaci e monache, 35mila scuole elementari, 185 istituti diocesani, 57 seminari, 4 accademie teologiche, 34.497 biblioteche. Sacerdoti e diaconi sono 66.140 e i vescovi 130.
Le chiese cattoliche in Russia nel 1917 sono 4.233, le moschee 24.582, le sinagoghe 6.059.
I fedeli cattolici nell’impero zarista nel 1914 sarebbero stati 5 milioni, secondo lo storico polacco Boleslaw Kumor (1925-2002).
Tutto questo verrà spazzato via dalla Rivoluzione guidata da Lenin e anche dopo la morte del capo bolscevico la persecuzione continuerà, conoscendo un’attenuazione soltanto durante l’invasione nazista che spingerà Stalin a riabilitare la Chiesa ortodossa in chiave patriottica, ma riprenderà dopo il XX congresso del Pcus, nel 1956, nel quale viene condannata la politica di Stalin e il culto della personalità del comunista georgiano, ma senza porre fine alla persecuzione religiosa.
Quest’ultima si attenuerà nel corso degli Anni Ottanta del XX secolo, grazie anche alla componente religiosa del dissenso in Urss, che preparerà la rinascita religiosa dopo la fine dell’Urss nel 1991.
Fonti
Giovanni Codevilla, L’impero sovietico (1917-1990), vol. 3 di Idem, Storia della Russia e dei paesi limitrofi, 4 voll., Jaca book, Milano 2016.
Olga Vasil’eva, Russia martire. La Chiesa ortodossa dal 1917 al 1941, La Casa di Matriona, Milano 1999.