Si sa come Lenin fosse «privo di scrupoli in una maniera unica» e come ormai le fonti storiche concordino «sul fatto che prendesse soldi dall’Impero tedesco, persino mentre Russia e Germania erano in guerra: abbiamo una messe di documenti datati 1917-18 che lo provano» (Pipes, p. 50). Si sa anche come il governo tedesco, con i soldi del Grande Parvus, il banchiere rivoluzionario che aiutò il governo tedesco a fare rientrare i bolscevichi in Russia attraverso il treno piombato durante la Prima guerra mondiale, sarà decisivo anche oltre questo importante evento nel sostenere la Rivoluzione bolscevica ormai al potere, come avvenne per esempio con il Trattato di Rapallo del 1922 fra i due Stati.
«I sussidi tedeschi non si interruppero nell’ottobre del 1917. Continuarono ben nel 1918, fin quasi al momento della capitolazione della Germania. Nel giugno del 1918, l’ambasciata tedesca a Mosca telegrafò a Berlino che, per mantenere i bolscevichi al potere, aveva bisogno di tre milioni di marchi al mese…» (Pipes, 51).
Questi soldi vennero effettivamente forniti e usati, oggi sappiamo anche come, ma il rapporto coi tedeschi continuò, almeno fino al 1933, prima di riprendere nel 1939 con il Patto Molotov Ribbentrop fra la Germania nazista e l’Unione Sovietica di Stalin. Era la stupidità del nazionalismo che pensava di potere usare il comunismo come una malattia con cui infettare il corpo sociale delle nazioni avverse, come testimonia un documento trovato da Pipes nell’Archivio centrale del Partito bolscevico dove era stato nascosto 70 anni, «un cablo di Lenin al suo ambasciatore a Berna, Ia. Berzin, datato agosto 1918, in cui gli dà istruzioni di non risparmiare alcuna spesa per diffondere la propaganda comunista in Occidente: “I berlinesi manderanno più denaro”, lo assicurava; “se la schiuma ritarda, lamentati con me formalmente”» (Pipes, 51).
Richard Pipes, Tre “perché” della rivoluzione russa, trad. it., Rubbettino, 2006
Oscar Sanguinetti, «Il grande Parvus», in Cristianità, n. 173/1989