Si possono usare diversamente le stesse parole, attribuendo loro significati persino contraddittori. Una di queste parole è Rivoluzione. Tuttavia, se per Rivoluzione intendiamo una radicale sovversione dell’ordine naturale delle cose così come è stato previsto dal progetto originario d’amore con cui Dio ha creato il mondo e l’uomo, allora essa ha un solo significato, profondamente negativo. In questo senso, come scrive il grande filosofo russo Nikolaj Berdjaev (1874-1948), «ogni rivoluzione è abietta. Non vi sono state rivoluzioni belle, armoniose e felici» (p. 111).
Naturalmente questo vale anche per la Rivoluzione russa.
Tuttavia non bisogna mai perdere la speranza o “incattivirsi” di fronte al dilagare del male, quasi come se il bene fosse irrimediabilmente sconfitto, mentre è vero il contrario perché Dio rimane sempre il Signore della storia e in ogni rivoluzione c’è sempre anche all’opera la Provvidenza, come ricorda sempre Berdjaev: «Tale è la legge della rivoluzione, e tale è, secondo il geniale pensiero di Joseph de Maistre, la volontà della provvidenza che agisce sempre in modo occulto nelle rivoluzioni» (p. 113).
La Rivoluzione del 1917 non fa eccezioni, è stata abietta come ogni rivoluzione. Eppure Dio non si era assentato ma aveva semplicemente lasciato fare agli uomini. Le rivoluzioni vanno combattute con tutta la forza possibile, ma rimanendo nella certezza che il Signore c’è sempre. Lo ha ricordato anche il Patriarca ortodosso di Mosca Kirill il 12 luglio scorso visitando il monastero sul lago Ladoga, distrutto durante gli anni del regime comunista successivo al 17: «Il male non può dominare per sempre, esso verrà sempre sconfitto. A volte non ci basta una vita per assistere alla sua rovina, a volte invece diventiamo testimoni viventi della vittoria del bene».
Nikolaj Berdjaev, Nuovo Medioevo. Riflessioni sulla Rivoluzione russa e sul destino dell’Italia e dell’Europa, Fazi, 2017.