Il comunismo poteva essere fermato subito dopo il colpo di Stato che portò Lenin al potere in Russia nel 1917? Forse sì, ma la storia fatta con i se è soltanto ipotetica. E comunque, la realizzazione di questa ipotesi avrebbe comportato un sostegno esplicito e convinto ai Bianchi durante la Guerra civile da parte dei Paesi occidentali. Cosa che invece non avvenne. Soltanto Winston Churchill (1874-1965) capì il pericolo rappresentato dal comunismo, perché «si era persuaso che la prima guerra mondiale aveva dato inizio a una nuova epoca storica, in cui interessi e conflitti strettamente nazionali sarebbero stati soppiantati da interessi e conflitti sopranazionali e ideologici» (Pipes, p. 81). In pratica, aveva compreso che stava nascendo il “secolo delle ideologie”, la collaborazione/conflitto fra comunismo e nazionalsocialismo, il Patto Hitler/Stalin e poi la tragedia della Seconda guerra mondiale. L’uomo politico inglese concepì un’idea per sconfiggere i Rossi che non venne accettata dal suo governo, quella di trasformare gli aiuti sporadici dei governi occidentali ai Bianchi in una vera e propria crociata internazionale contro il bolscevismo. Egli aveva compreso che la facilità delle vittorie militari dei Rossi non erano dovute al sostegno popolare, ma «che essa era frutto di un terrore senza limiti» (ibid., p. 82).
Certo, bisogna considerare che si era alla fine di un conflitto terribile come la Grande Guerra, che aveva provocato milioni di morti e sfiancato le popolazioni e che quindi ci sarebbe stata la concreta possibilità di una ribellione interna qualora la Gran Bretagna avesse deciso di ritornare in guerra con i propri uomini nell’ambito della guerra civile russa. Eppure anche altre opzioni non vennero provate: «Gli Alleati tenevano in Germania molti milioni di prigionieri di guerra russi (catturati durante la Prima guerra mondiale ndr) che avrebbero potuto mandare a Denikin, Judenic e Kolcak (i comandanti degli eserciti dei Bianchi ndr). Invece li abbandonarono nelle mani dei tedeschi, che li scambiarono con i propri prigionieri di guerra in Russia» (ibid., p. 83).
Il risultato sarà quasi un secolo di oppressione statale in Unione Sovietica (1917-1991) con un costo umano spaventoso. Le guerre sono sempre terribili, tanto più le guerre civili, ma non sempre è moralmente corretto astenersene, se ci si trova di fronte a una ingiustizia palese, come era stata la Rivoluzione russa. Come avremmo commentato, un ventennio dopo, se lo stesso Churchill si fosse disinteressato dell’espansione violenta del nazionalsocialismo in Europa?