Donne che subiscono violenza. No, non mi riferisco a star più o meno note che partecipano a questa gara di memoria, in corso da oltre un mese, avente per oggetto molestie di vario tipo subite a opera di produttori e/o registi dal secondo Dopoguerra in poi. Mi riferisco alle ragazze nigeriane ostaggio di Boko Haram, costrette a soddisfare oggi i militanti jihadisti che le rapiscono dai villaggi e le detengono come schiave. O alle madri che, vivendo oggi nei Paesi nei quali la Costituzione coincide con la sharia, patiscono una condizione di vita da minorate. O alle donne che, pur risiedendo in Stati europei e occidentali, sono ristrette a quotidiana subordinazione in comunità di fatto extraterritoriali, pur se la legge ufficiale non è il Corano e a parole dovrebbe proteggerle. O alle pakistane di fede cristiana costrette a nascondersi per non incappare nella legge sulla blasfemia e fare la fine di Asia Bibi. Mi riferisco, cioè, alla violenza che mentre tu stai leggendo riguarda giovani e meno giovani, è crudele e reale, e per questo meriterebbe quella prima pagina o quel titolo di tg invece ossessivamente dedicati ai presunti palpeggiamenti denunciati ora, ma risalenti a un quarto di secolo fa, di un’altra Asia e di tante sue colleghe. Rispetto per la donna? Quando sentiremo parlare un po’ di più della violenza praticata in questo momento contro chi non sfila né mai sfilerà sul red carpet.