Centro Studi Rosario Livatino
Col voto di oggi il Senato non ha operato una scelta originale: ha disposto che sia pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale quel che da un decennio a oggi avevano già sancito – a partire dal caso Englaro – sentenze di merito, della Cassazione e della Corte costituzionale. Se, proprio alla stregua di quelle sentenze, una legge era necessaria, essa avrebbe dovuto ribadire il diritto alla vita in ogni momento della esistenza dell’uomo.
Per uscire dal totalitarismo, subdolo ma reale, che manipola la vita, la seleziona geneticamente e ne dispone con arbitrio la fine, non sarà sufficiente il sostegno ai medici che rifiuteranno il ruolo di boia: sostegno che pure diventerà necessario in assenza di una norma sull’obiezione di coscienza. Nè sarà sufficiente l’eventuale modifica delle norme più devastanti approvate oggi: come quella che impone l’eutanasia pure agli ospedali di ispirazione religiosa (i cui responsabili, salve rare eccezioni, sono apparsi incredibilmente silenti, se non proprio conniventi).
Sarà indispensabile un lavoro, culturale prima ancora che politico, per riscoprire le basi antropologiche dell’ordinamento, per convincere che la vita non è un bene disponibile, per ribadire che il medico opera per il bene del paziente e non per far rientrare i conti della sanità pubblica, per scongiurare il suicidio di una Nazione di zombie, nella quale ogni anno il numero dei morti supera largamente quello dei nuovi nati. In definitiva, per rendere possibili “le scelte più difficili, (…) quelle che hanno a che fare con il diritto alla vita (…) in presenza di leggi che intendono introdurre nel nostro ordinamento un diritto all’eutanasia”. Queste ultime sono le parole profetiche che Rosario Livatino pronunciava nell’aprile 1986: oggi calpestate dal voto di un Parlamento che ha sancito per legge la “morte di Stato”.
Il Centro studi Livatino
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