Giovanni Paolo II, Cristianità n. 218-219 (1993)
Senso del peccato ed «eclissi della coscienza»
Discorso ai Vescovi statunitensi dell’Alabama, del Kentuky, della Louisiana, del Mississippi e del Tennessee in visita ad limina apostolorum, del 5-6-1993, nn. 3-4, in L’Osservatore Romano, 6-6-1993. Traduzione e titolo redazionali.
Dagli albori della Chiesa nella Pentecoste, la conversione a Cristo è legata al Battesimo con il quale le persone entrano a far parte del corpo di Cristo (cfr. At. 2, 38). Questa rigenerazione «non è un semplice suggello della conversione, quasi un segno esteriore che la dimostri e la attesti, bensì è Sacramento che significa ed opera questa nuova nascita dallo Spirito» (Redemptoris missio, n. 47). Quando la Chiesa amministra il Battesimo «per la remissione dei peccati» — in particolare il peccato originale, la condizione in cui tutti sono nati privi della santità e della giustizia originali (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 405) — coloro che lo ricevono divengono figli adottivi del Padre nel Figlio. Essi vengono modellati a immagine di Cristo, uniti a Lui a immagine della sua Morte e Risurrezione (cfr. Lumen gentium, n. 7) e divengono santi e templi viventi dello Spirito (cfr. Christifideles laici, n. 11-13).
………………………………..
Il perdono dei peccati sperimentato per la prima volta nel Battesimo è una necessità costante nella vita di ogni cristiano. Restaurare un adeguato senso del peccato è il primo passo da compiere per affrontare obiettivamente la grave crisi spirituale che incombe oggi sugli uomini e le donne, una crisi che può essere ben descritta come «un’eclissi della coscienza» (Reconciliatio et paenitentia, n. 18). Senza una sana consapevolezza dei propri peccati, le persone non sperimenteranno mai la profondità dell’amore redentore di Dio per loro mentre erano ancora peccatori (cfr. Rm. 5, 8). Poiché è predominante l’idea secondo cui la felicità consiste nel soddisfare sé stessi e nell’essere soddisfatti di sé stessi, la Chiesa deve proclamare ancor più energicamente che soltanto la grazia di Dio, e non modelli terapeutici o di autogiustificazione, può sanare le divisioni nel cuore umano causate dal peccato (cfr. Rm. 3, 24; Ef. 2, 5).
Il ministero pastorale dei Vescovi e dei sacerdoti si scontra costantemente con un fallimento nel riconoscere tutta la verità circa la persona umana. […] un’antropologia parziale e distorta costituisce per la Chiesa […] una seria sfida pastorale […]. Che cosa si può fare per aiutare sacerdoti, religiosi e laici ad avere un senso autentico ed equilibrato di ciò che significa essere infedeli a Dio e quindi peccare? Certamente, è necessario un insegnamento adeguato. Senza dubbio la prima fase di rinnovamento della pratica del Sacramento della Penitenza consiste nel predicare con chiarezza ciò che ci dice san Giovanni: «Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi» (Gv. 1, 8). Infondendo nei cuori delle persone un ardente desiderio di perdono e la consolazione di incontrare il Padre che è «ricco di misericordia» (Ef. 2, 4), coloro che predicano il Vangelo della salvezza aiuteranno i fedeli a riscoprire «la bellezza e la gioia del Sacramento della Penitenza» (Pastores dabo vobis, n. 48). Ma la conoscenza deve essere accompagnata da sforzi per rendere la pratica del Sacramento della Penitenza il più accessibile e il più utile possibile.