Bruto Maria Bruti, Cristianità n. 314 (2002)
Domande e risposte sul problema dell’omosessualità
1. Che cos’è l’omosessualità?
Con il termine “omosessualità” s’indica la condizione di una persona, maschio o femmina, che prova attrazione sessuale per persone del suo stesso sesso.
L’omosessualità femminile viene indicata anche con i termini “lesbismo” o “saffismo”, con riferimento agli amori omosessuali attribuiti alla poetessa Saffo, vissuta nell’isola greca di Lesbo fra i secoli VII e VI a.C.
2. Che cosa non è l’omosessualità?
L’omosessualità non è dovuta a insufficienze ormonali o ad altri fattori patologici organici, né va confusa con l’”ermafroditismo” vero — coesistenza dei due sessi nella stessa persona — o con lo “pseudo-ermafroditismo”, connotato dalla malformazione dei soli organi genitali esterni, che presentano alcuni caratteri dei due sessi.
Diverso dall’omosessualità è anche il “transessualismo”, atteggiamento psichico di non accettazione o, addirittura, di odio verso i caratteri sessuali del proprio corpo.
3. Qual è l’incidenza dell’omosessualità?
L’entomologo e zoologo statunitense Alfred Charles Kinsey (1894-1956) — studioso dei comportamenti sessuali umani, la cui agenda segreta si proponeva di trasformare la società in senso omosessuale, anch’egli omosessuale e favorevole alle relazioni intime fra adulti e bambini — sostiene la tesi secondo cui il 10% dell’umanità sarebbe omosessuale o bisessuale, cioè sarebbe nella condizione di chi prova attrazione sessuale per entrambi i sessi (1). Questa tesi, accettata per lungo tempo in modo acritico, è stata ormai confutata sia da una serie di studi internazionali sia, soprattutto, da censimenti effettuati negli Stati Uniti d’America e in Gran Bretagna (2). Al massimo, si può sostenere che hanno tendenze omosessuali di qualche tipo solo il 2% degli uomini e l’1% delle donne (3).
4. Il comportamento omosessuale è un comportamento biologico innato?
L’esistenza d’individui con tendenze bisessuali e l’esistenza di persone che hanno mutato la loro inclinazione omosessuale indica che il comportamento omosessuale non è un comportamento biologico innato.
Inoltre, contro l’ipotesi dell’omosessualità come condizione biologica, è interessante lo studio realizzato sul comportamento sessuale dei gemelli omozigoti, cioè con tutti i caratteri ereditari uguali e con la stessa struttura biologica. Tale studio, fatto per dimostrare questa incidenza genetica, ha evidenziato che, fra i gemelli omozigoti, vi è una concordanza del 52% nei rari casi in cui un gemello ha scelto un comportamento di tipo omosessuale. Tuttavia il dato più importante emerso da questi studi è che il 48% dei gemelli omozigoti, pur essendo stati allevati insieme, mostra orientamenti sessuali opposti anche in quei casi rari. Perché circa la metà dei gemelli omozigoti presenta una discordanza per quanto riguarda l’orientamento sessuale? Il dato sottolinea l’insufficienza e i limiti delle teorie biologiche sull’omosessualità (4).
5. L’omosessualità è un vizio o una malattia della psiche?
Il vizio è l’abitudine di comportarsi in modo disordinato e tale abitudine è la conseguenza di una prolungata ripetizione di atti disordinati. Esiste spesso un rapporto d’interdipendenza fra vizio e malattia. Si pensi al caso dell’alcolismo. Alcune persone possono giungere all’alcolismo per libera scelta, ma poi si crea uno stato di dipendenza psicologica, si hanno alterazioni ingravescenti della personalità e nascono anche patologie di tipo organico dovute all’abuso dell’alcol: dipendenza biologica, turbe neurologiche, turbe dell’apparato digerente e di quello cardio-vascolare. Quindi molte scelte, libere all’inizio, alla fine rendono schiavi.
Invece molte scelte apparentemente libere non lo sono totalmente, ma fortemente condizionate da situazioni di “disordine” familiare e sociale, dalle quali la persona è contagiata o che subisce senza sua colpa. Tali situazioni di disordine nascono dall’accumulazione e dalla concentrazione degli effetti prodotti dal cattivo uso della libertà da parte di tante persone, che interagiscono negativamente con la libertà del singolo e che riducono notevolmente la sua consapevolezza e la sua responsabilità spingendolo su strade sbagliate.
Infatti alcune persone giungono — per esempio — all’alcolismo in conseguenza di ferite della psiche; in certi casi abusano dell’alcol nel tentativo illusorio di vincere il senso di solitudine e d’isolamento, ma finiscono, senza volerlo, per dare maggiore consistenza ai propri problemi e per aggiungere, alle vecchie sofferenze della psiche, le nuove, che nascono dalla dipendenza e dalle patologie determinate dall’abuso dell’alcol.
Dunque il vizio può portare alla malattia e la malattia al vizio: spesso essi si fondono e si confondono fino a costituire un “circolo vizioso”, una spirale senz’apparente via d’uscita, in cui le diverse componenti si alimentano reciprocamente.
Ricerche scientifiche dimostrano che esiste negli omosessuali:
a. un complesso d’inferiorità nei confronti del proprio sesso (5);
b. una mancata identificazione con il modello del genitore del medesimo sesso. L’identificazione non avviene perché il genitore è “inadeguato”, oppure perché il soggetto — bambino o bambina —, per aspetti caratteriologici suoi, indipendenti dal comportamento del genitore, non trova in lui quanto va cercando (6);
c. un attaccamento infantile non consapevole al genitore complementare (7);
d. un precoce condizionamento dovuto ad atti sbagliati e ripetuti a un punto tale da trasformarsi in abitudini (8).
6. L’omosessualità è un comportamento “naturale” perché si verifica anche fra gli animali?
Un errore, nel quale s’incorre spesso, sta nel ritenere di poter confrontare il comportamento umano con quello puramente animale, come se si trattasse di realtà omogenee.
Per esempio, se fra gli animali si verificano atti d’inaudita ferocia, come l’uccisione dei propri piccoli, degl’individui più deboli o del partner dopo l’accoppiamento, ciò non significa che gli uomini debbano regolare la propria vita con le stesse modalità degli esseri viventi non dotati di autocoscienza e di ragione. Le leggi con cui vanno regolati i comportamenti umani sono di natura diversa e vanno cercate là dove Dio le ha scritte, cioè nella natura umana.
Gli atti di tipo omosessuale che, in casi particolari, possono verificarsi fra gli animali sono ancora di difficile interpretazione e gli studi in materia sono soltanto agl’inizi.
Nelle specie che hanno uno scarso dimorfismo sessuale — cioè all’interno delle quali esistono sì due tipi differenti per morfologia, fisiologia o comportamento, ma questa differenza è ridotta — esiste l’incapacità di riconoscere il sesso del partner e questo induce ad approcci e a corteggiamenti di tipo omosessuale e porta i maschi a montare altri individui dello stesso sesso con manifeste intenzioni copulatorie (9).
In molti uccelli e pesci, specie che non hanno grandi differenze fra i due sessi, l’essere dominante — dice il medico austriaco Konrad Zacharias Lorenz (1903-1989), fondatore dell’etologia, la disciplina biologica che studia le abitudini e i costumi degli animali e l’adattamento delle piante all’ambiente — reprime, fino al limite della soppressione, la sessualità femminile e l’essere dominato reprime la sessualità maschile: non bisogna dimenticare che per gli animali l’essenza della femminilità consiste nell’essere sottomesso, cioè “messo sotto” in senso propriamente fisico (10).
Molti pesci — per esempio i labridi della specie Thalassoma bifasciatum— iniziano la vita come femmine e costituiscono banchi di sole femmine, guidati da un maschio. Se il maschio viene tolto dal gruppo, la femmina più robusta cambia colore e si trasforma in un maschio, che domina il gruppo ed è capace di fecondare. Fra i pesci pagliaccio — Amphiprion — una coppia dominante inibisce la crescita degli altri membri. Se viene tolta la femmina, il maschio suo compagno si trasforma in femmina e dal gruppo d’individui indifferenziati un pesce si sviluppa in maschio (11).
Fra i piccioni possono formarsi coppie di tipo omosessuale: il piccione dominante impersona la parte maschile e quello dominato la parte femminile (12).
Anche fra le oche i sessi non presentano grandi differenze esterne; così si può dare un legame fra due maschi che si comportano come una coppia, ma con una particolarità: a ogni primavera essi provano ad accoppiarsi, ma entrambi rifiutano di essere montati. Una femmina può inserirsi fra loro e accoppiarsi con uno o con entrambi: la coppia di maschi, che può avere una femmina in comune, sarà superiore in combattimento alle coppie normali perché il potenziale di combattimento di due maschi è superiore a quello di una coppia (13).
7. Qual è il significato degli atti di tipo omosessuale che si verificano nei mammiferi?
L’etologo austriaco Irenäus Eibl-Eibesfeldt spiega che nei mammiferi, animali che presentano un elevato grado di specializzazione e di dimorfismo sessuale, l’atto di montare un individuo dello stesso sesso ha il significato di una minaccia d’aggressione o vuol essere un’affermazione di superiorità di rango. Fra i macachi, per esempio, tale azione ha anche il significato di accettazione di un ordine all’interno del gruppo, che serve a rafforzarne i vincoli. Il macaco superiore di rango è in genere il primo a montare, ma spesso anche gl’individui di rango inferiore lo montano a loro volta: lo zoologo statunitense Carl Buckingham Koford (1915-1979) paragona queste manifestazioni al saluto militare (14).
La zoologa Isabella Lattes Coifmann spiega che, quando due babbuini maschi s’incontrano, si salutano voltando il posteriore al compagno: si tratta di un’offerta sessuale di tipo femminile con funzione di acquietare l’altro, d’ingraziarselo e di assicurarsi la sua protezione in caso di necessità (15).
La stessa zoologa riferisce che i bonobo — detti anche scimpanzé nani — praticano accoppiamenti normali, incestuosi e omosessuali in tutte le circostanze della vita. Queste manifestazioni sono continue, ma rappresentano una strategia per bloccare l’aggressività altrui, per allentare le tensioni che si producono nel gruppo e per mantenere la coesione: infatti, i maschi giungono all’eiaculazione solo se hanno per partner una femmina sessualmente matura (16).
Il comportamento sessuale animale è determinato anche dalle fasi dell’imprinting, cioè della formazione comportamentale, e le esperienze dell’imprinting possono essere “errate”: per esempio, alcuni uccelli, allevati fin da piccoli da esseri umani, tentano l’accoppiamento con essi anche a dispetto d’intervenute convivenze con congeneri (17).
Inoltre, non bisogna dimenticare che certi meccanismi comportamentali animali non sono sempre finalizzati alla sopravvivenza dell’individuo o della specie, ma possono manifestare patologie e devianze da eccesso o da carenza di funzione, le quali portano anche a squilibri distruttivi (18).
8. Una lettura teologica delle analogie e delle differenze fra l’uomo e l’animale relativamente a comportamenti devianti.
San Tommaso d’Aquino (1225 ca.-1274) spiega che il male non ha una propria esistenza, ma è soltanto la privazione di un bene, che si può presentare in due forme: come mancanza di qualche cosa oppure come mancato raggiungimento di un fine.
Le creature inferiori e corruttibili come gli animali sono soggette alla lotta fra loro e alla morte, e questo rientra nell’ordine universale delle cose, come una parte in ordine al tutto.
L’ordine dell’universo comporta che alcuni esseri possano essere colpiti da qualche male, ma da questi mali procedono, per la provvidenza divina, altri beni, finendo per contribuire all’armonia dell’insieme: la disuguaglianza, che conferisce all’universo maggiore ricchezza di contenuto, implica che vi siano anche esseri corruttibili come gli animali (19).
Il mondo corporeo ha in sé un’armonia: dal punto di vista della natura “universale” certi fenomeni sono naturali — come uccidere un animale per procurarsi il cibo —, ma nello stesso tempo si oppongono a una natura “particolare”: nessun corpo, infatti, tende naturalmente alla propria distruzione ma, al contrario, vi si oppone attivamente.
Certe devianze, poi, da cui sono colpiti gli animali all’interno della loro natura particolare — che vanno distinte dai comportamenti propri delle varie specie, finalizzati alla loro sopravvivenza —, non farebbero parte dell’ordine della creazione, cioè dei “progetti” del Creatore, ma sarebbero il risultato, come insegna la Rivelazione, di una misteriosa, ma non per questo meno reale, ferita originale che ha sconvolto non solo l’uomo ma tutta la natura intesa in senso biologico e materiale (20).
L’uomo, però, è sostanzialmente diverso dall’animale perché, a differenza di esso, è capace di conoscere con la ragione le finalità della natura e può guidare l’istinto con la volontà; solo lui è in grado di capire ciò che è male e può intervenire per cercare di rimediare alla privazione di un bene. Solo nell’uomo si manifesta la consapevolezza e l’angoscia per la malattia e per la morte, solo in lui vi è l’esigenza di una felicità perfetta, che rivela la sua insopprimibile tendenza verso l’assoluto e la sua nostalgia per il paradiso perduto.
9. L’omosessuale è felice?
L’attrazione omosessuale è “narcisistica”, nel senso che è basata sul tentativo illusorio e momentaneo di compensare le proprie carenze affettive, il proprio senso d’inferiorità e d’insicurezza, di affermare sé stessi, di sentirsi più completi, di colmare le carenze nella propria identità, cercando di appropriarsi delle qualità dell’altro individuo dello stesso sesso, continuamente ricercato come un mistero da comprendere e da assorbire.
Nell’omosessuale il bisogno sessuale si fa più intenso in presenza di delusioni, di solitudine e in ogni situazione vissuta con un senso di debolezza interiore, ma il comportamento omosessuale è una falsa soluzione che, invece di sanare la ferita originaria, finisce per rafforzare un’immagine di sé negativa e incompleta.
Vi sono psicoterapeuti secondo i quali anche molti eterosessuali possono avere fantasie omosessuali nei momenti in cui sono sopraffatti dalle loro responsabilità o sentono di aver perso il controllo della situazione (21).
Gli atti omosessuali possono rappresentare un’occasione di piacere sensibile, momentaneo e disordinato, ma non risolvono i problemi più profondi della persona e impediscono la sua vera realizzazione, cioè impediscono la felicità (22).
10. Che cos’è la felicità?
“Felice” deriva da “fertile”. E una pianta per essere fertile, per dare frutto, presuppone il compimento di un itinerario, lo svolgimento di un processo: la semina, la coltivazione, lo sviluppo, la potatura e la raccolta. Per un uomo essere fertile significa vivere in armonia con le leggi fondamentali della realtà e con la propria natura, cioè in armonia con tutte le componenti della propria personalità. Questo presuppone un cammino perfettibile e mai perfetto, attraverso il quale l’uomo cerca di conoscere sempre meglio la verità e di metterla in pratica. Presuppone un itinerario attraverso il quale la persona cerca di riportare a unità e a disporre secondo un ordinamento gerarchico le potenze dell’anima, entrate in conflitto a causa del peccato originale. In ogni uomo vi è il bisogno d’integrare e di coordinare le passioni con la volontà, la volontà con la ragione e la ragione con la verità. E da questo processo, che intende ordinare tutte le potenze dell’anima fra di loro e nei confronti della verità, nasce propriamente la condizione chiamata “felicità”.
San Tommaso d’Aquino spiega che la felicità consiste primariamente nell’attività intellettuale, propria dell’essere umano, e risulta soprattutto dalla contemplazione della verità; secondariamente che la felicità ha carattere affettivo, perché, rendendo l’uomo felice in quanto gli è essenziale, tutto l’uomo diventa felice in ogni sua dimensione e attività (23).
La “felicità-fertilità” è dunque uno stato, una condizione incipiente e perfettibile, fondata su un processo che si concluderà in Paradiso, con uno stato di felicità perfetta.
Dal canto suo, il piacere è propriamente la quiete che si ha nel raggiungere e nel possedere l’obiettivo del proprio desiderio, mentre il desiderio è il movimento verso un obiettivo. I piaceri sono buoni solo quando sono il risultato e la conseguenza della realizzazione di obiettivi giusti e adeguati. Il piacere e il desiderio sono fattori da ordinare e da vivere all’interno del processo che intende integrare e coordinare gerarchicamente le potenze dell’anima fra loro e nei confronti della verità.
11. Che cos’è il piacere disordinato?
Il piacere disordinato è il piacere momentaneo di una facoltà che entra in conflitto con le altre componenti della personalità, con i bisogni di natura spirituale che, nell’uomo, si trovano sempre mescolati con forme inferiori e biologiche di bisogni ed entra in conflitto con le leggi fondamentali della natura, che l’uomo è in grado di conoscere mediante la ragione.
Vi è sempre la possibilità, per ciascuno, di usufruire di un piacere momentaneo e disordinato, che contrasta con quanto è giusto, ma che, prima o poi, danneggia e impedisce la realizzazione e la felicità.
Secondo Giuseppe Cesari, ordinario di Psicologia Clinica all’università di San Diego in California, negli Stati Uniti d’America, l’aspetto specifico della natura umana è il bisogno di significato, e così egli introduce in psicologia il concetto di fecondità analogo a quello di felicità: “felice” è il termine corradicale di “fecondo”. Sempre secondo Cesari, per esempio, nel campo sessuale la genitalità risulta pienamente soddisfacente solo se è vissuta all’interno di un’autentica relazione d’amore perché, altrimenti, rimane inappagato il bisogno fondamentale, vero basic need, “bisogno di base”, consistente nell’essere in una vera relazione con l’altro. Cesari, che si serve anche di analisi e di concetti ricavati dall’opera del medico austriaco Sigmund Freud (1856-1939), fondatore della psicoanalisi, afferma che l’affetto omosessuale non è vero amore, ma una forma di regressione al narcisismo primario pre-edipico: “omofilia” vuol dire essenzialmente “egofilia” (24).
L’omosessuale, sia maschio sia femmina, ha patito qualche mancanza nella relazione con il genitore dello stesso sesso; ha un bisogno morboso di attenzione e di affetto da parte delle persone dello stesso sesso rispetto alle quali si è costruito un complesso d’inferiorità riguardante la propria identità sessuale; ha mantenuto un attaccamento infantile verso il genitore complementare, attaccamento quasi sempre abilmente e inconsciamente mascherato. Quindi gli atti omosessuali non sono manifestazioni di un amore autentico, ma manifestazioni di una strategia sbagliata e nevrotica, con cui la persona omosessuale cerca di difendersi da problemi più o meno inconsci, che non è riuscito a risolvere: incompletezza, solitudine, inferiorità e infantilismo (25).
Gli atti omosessuali possono portare un sollievo momentaneo alla persona ma, a lungo andare, non risolvono mai i suoi problemi più profondi. Gli atti sessuali vengono ridotti a una prestazione, fruiti con modalità simili a quelle ossessive e con comportamenti sostanzialmente masturbatori; manca una vera relazione interpersonale e, pertanto, il breve piacere legato all’ordine fisico non è in grado di coinvolgere e di appagare la persona nella sua totalità.
12. Perché molti psicologi contemporanei non considerano più l’omosessualità come un comportamento sessualmente disordinato?
In campo psicologico, molti considerano l’omosessualità come un disordine soltanto quando non è voluta dalla persona, cioè quando è ego-distonic: questo è, per esempio, l’approccio del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (26), voluto dal consiglio direttivo dell’APA, l’Associazione Psichiatrica Americana, anche quando un sondaggio indipendente, realizzato fra gli psichiatri statunitensi — mentre il Manual era in preparazione —, mostrava che la maggioranza di essi considerava l’omosessualità come un disordine del comportamento sessuale (27).
La posizione accolta dal Manual non è di carattere scientifico, ma espressione del relativismo nel campo della psicologia, dal momento che, nella sua prospettiva, ogni considerazione sull’omosessualità — e non solo — dev’essere non di tipo oggettivo, ma di tipo soggettivo. Se il soggetto, cioè, si sente gratificato dagli atti omosessuali esso è da considerarsi normale: è come dire che, se il tossicodipendente, l’alcolizzato, lo zoofilo, il voyeur, il sadico, il masochista si sentono gratificati dalle loro azioni disordinate, sono da considerarsi normali e vanno incoraggiati a proseguire nella loro scelta di vita. Nel 1994 il consiglio direttivo dell’APA ha tolto dal settore delle patologie del Manualanche la pedofilia, e con le stesse motivazioni: la pedofilia sarebbe un disordine soltanto se il pedofilo soffre per la sua pedofilia (28).
13. Perché vi sono omosessuali che desiderano rimanere nella loro condizione?
Anche molti tossicodipendenti e alcolizzati desiderano rimanere nella loro condizione. Infatti, ogni abitudine sbagliata crea uno stato di schiavitù.
Già il filosofo e sociologo tedesco Herbert Marcuse (1898-1979), rilevava che lo schiavo, nella misura in cui è stato condizionato a essere tale, desidera rimanere nella sua condizione, ma si tratta di un’alienazione e lo schiavo, al pari di ogni persona condizionata, dev’essere aiutato per poter ricuperare la libertà (29).
Nel caso degli omosessuali, la mancata soluzione delle difficoltà psicologiche iniziali, le abitudini sbagliate, i condizionamenti psichici, fisici e comportamentali, l’ideologizzazione della deviazione consolidano il comportamento sessuale disordinato rendendone sempre più arduo e difficile il cambiamento.
Fra l’uomo e le passioni disordinate, fra l’uomo e le cattive abitudini si può creare un rapporto e si può attivare un meccanismo analogo a quello che s’instaura nel caso delle tossicodipendenze. Ogni abitudine sbagliata, anche se impedisce la felicità dell’individuo, ne determina uno stato di schiavitù, un circolo vizioso fatto di delusioni e di ricerca ossessiva di piaceri momentanei e disordinati, ottenuti aumentando la “dose” o attraverso la ricerca di nuovi oggetti di “perversione”. Rollo May (1909-1994), padre della psicologia esistenzialista statunitense, spiega che ogni atteggiamento sbagliato porta con sé la sua sofferenza e la sua delusione ma, quando s’instaura una forma di dipendenza, la persona non riesce più a utilizzare la sofferenza e la delusione in modo costruttivo, e cioè mettendole in relazione con l’atteggiamento sbagliato ma, a causa dell’abitudine e dell’illusione, finisce per trasformarle negli elementi di un circolo vizioso (30).
Quando l’oggetto del proprio desiderio è inadeguato — in quanto non naturale e non conforme alla giustizia —, il possesso è imperfetto rispetto alle aspettative per colpa dell’inadeguatezza della cosa posseduta nei confronti delle esigenze più profonde della persona. Il piacere momentaneo viene frustrato perché l’uomo si sente insoddisfatto e diviso, contemporaneamente schiavo del male fatto e deluso dal piacere ottenuto; il movimento del desiderio non cessa, ma diventa ossessivo e non si ha il vero piacere, che è la quiete di tutte le facoltà dell’uomo nel bene amato.
Dal movimento ossessivo del desiderio nasce il “culto” della novità e del cambiamento perché quando la realtà, con il suo ordine e le sue finalità, viene sostituita e deformata dall’immaginazione, l’intelligenza, privata dell’oggetto suo proprio, non è mai sazia del nutrimento inconsistente che le viene offerto e ne reclama subito un altro perché, quando ci s’indirizza verso un falso obiettivo, si può continuare a sognare, ma quando ci si ferma per possederlo esso delude le aspettative. Nel caso della genitalità, per esempio, quando il sesso viene privato del suo ordine e della sua finalità, quando viene separato dall’amore autentico e dalla tenerezza, gli atti sessuali — disordinati — producono assuefazione, ma non attenuano il bisogno sessuale il quale, a ogni ripetizione, viene esaltato. L’innalzamento della soglia del desiderio richiede l’aumento continuo dello stimolo sessuale, la ricerca della novità e del cambiamento, la ricerca di nuove perversioni per ottenere lo stesso effetto.
Una conferma emblematica si può trovare nell’opera dello psicoterapeuta statunitense Jack Morin che, nella ricerca di nuove perversioni da giustificare e da propagandare, introduce alla pratica del fisting. Per chi è ormai abituato all’uso sessuale contro natura dell’ano e del retto, ora sta diventando oggetto d’interesse particolare il colon. Infatti, la pratica del fisting consiste nell’introdurre gradualmente — l’autore parla di molte ore di pratica — la mano intera e lo stesso avambraccio attraverso l’ano per raggiungere il colon. Morin, che segue i meccanismi di un desiderio ormai separato dalla ragione e dalla realtà, afferma che chi mette in atto questa forma di perversione, resta affascinato dalla sensazione data dall’esplorazione all’interno del corpo del partner e afferma che alcuni descrivono questa esperienza come una forma di meditazione (31).
14. La condizione omosessuale è una situazione di alienazione?
Molte deviazioni nascono dal conflitto fra il pensiero e la realtà: l’essere umano va aiutato ad avere un giusto rapporto fra il pensiero e la realtà, perché la liberazione da ogni disordine mentale ha luogo nella misura in cui la persona non si pone più in contrasto con l’ordine fondamentale delle cose, giunge ad accettare il mondo reale e le sue leggi e diventa capace di soddisfare le proprie esigenze all’interno della medesima realtà.
La tendenza omosessuale è una tendenza ad agire in modo disordinato rispetto alle finalità del proprio corpo: si tratta di un disordine evidente fra il pensiero e la realtà. Chi ha un comportamento di tipo omosessuale è una persona alienata dalla propria natura e dalla propria identità.
Per la loro intima struttura gli organi genitali servono a unire l’individuo maschile con l’individuo femminile e questa unione li rende atti alla generazione di nuove vite, perché è finalizzata all’incontro dello spermatozoo con l’ovulo.
Secondo leggi inscritte nella natura stessa, l’atto sessuale presenta sempre due significati fra loro connessi: il significato unitivo e quello procreativo.
Anche se nella donna esistono naturali periodi d’infecondità, la “disposizione” procreativa resta intatta e presente nella sua natura. Questo rende lecito, e in alcuni casi doveroso per i coniugi, quando le circostanze lo richiedono — salute fisica e psicologica, condizioni socio-economiche ed educative —, l’uso della sessualità senza scopi procreativi.
Per le leggi inscritte nella natura l’atto omosessuale sarà sempre e soltanto una simulazione del rapporto sessuale naturale fra l’uomo e la donna, un comportamento disordinato rispetto ai progetti e alle finalità del Creatore.
15. Perché l’uomo deve rispettare le leggi della natura?
La natura è tutto quanto esiste, la cui esistenza non dipende dalla volontà degli uomini, e la sua essenza — che solo l’intelletto può penetrare, anche se mai in modo esaustivo e completo — consiste nelle idee direttrici, nelle finalità e nei progetti del Creatore.
Nella natura non vi è solo il dato materiale, ma in essa si nasconde anche l’idea direttrice, la ragione ultima e profonda delle cose, della loro “costruzione”. I sensi hanno il compito di registrare come si presentano le cose, ma l’intelletto ha la capacità di cercare e di comprendere il progetto che ha creato e ha dato forma alla materia informe.
La natura è come l’opera di un artista: anche quando l’opera è stata danneggiata, l’intelletto può rintracciare, conoscendo l’autore, la ragion d’essere dell’opera e può intuirne le caratteristiche perdute o perturbate. È quanto fa il medico quando distingue fra fisiologia e patologia e quanto fa l’etologo quando distingue fra comportamento proprio di una specie, finalizzato alla sua sopravvivenza, e comportamento deviante.
Se è vero che l’uomo è un essere capace di dominare la natura, è pur vero che la natura si lascia dominare solo conoscendone le leggi e applicandole. Per esempio, l’uomo può volare solo se conosce le leggi del volo e le rispetta, altrimenti è destinato a un insuccesso violento; chi va contro la natura trova la natura contro di sé. I sensi possono registrare le cose così come si presentano, ma solo l’intelletto può estrarre queste leggi, che altrimenti resterebbero invisibili e nascoste.
Il dominio dell’uomo sulla natura non è assoluto ma relativo, cioè non può andare oltre il limite costituito dalle finalità stesse dell’ordine naturale: gli equilibri ecologici, per esempio, rappresentano uno di questi limiti.
16. Che differenza vi è fra tendenza omosessuale e atto omosessuale?
Un uomo può sentire in sé la tendenza alla disonestà e all’omicidio, ma non per questo è costretto a rubare o a uccidere.
La persona con tendenze omosessuali rimane sempre una persona e, pur essendo condizionata da un punto di vista emotivo, ha in sé la libertà della volontà, che gli consente di resistere all’inclinazione disordinata e di essere padrona dei propri atti.
La tendenza omosessuale è espressione di un disordine emotivo e tradurre la tendenza in atto omosessuale significa aggravare questa situazione di disordine (32).
17. Si può guarire dalla tendenza omosessuale?
Dalla letteratura scientifica si ricava che circa un terzo dei pazienti omosessuali, che si sottopongono a un’idonea terapia riparativa, guarisce; un altro terzo cambia progressivamente, nel senso che questi soggetti possono ancora avere, nel corso della vita, sporadiche fantasie omosessuali, ma l’attrazione per l’altro sesso prevale e il modo di relazionarsi con gli individui dello stesso sesso è corretto (33).
L’ultimo terzo non cambia perché è costituito da persone forzate a sottoporsi alla terapia o non sufficientemente motivate (34). Fra i fattori che influenzano positivamente la prognosi sono fondamentali motivazione al cambiamento, fede religiosa vissuta in modo positivo, forti legami familiari, valori di base tradizionali, pazienza con sé stessi e accettazione della natura continuativa della lotta, chiarezza mentale sulle differenze fra quanto è femminile e quanto è maschile (35). Esperti nella cura dell’omosessualità dimostrano che i complessi omosessuali possono essere curati se la persona con tendenze omosessuali vuole sottoporsi a opportune terapie psicologiche (36). Ma, soprattutto, i complessi omosessuali possono essere prevenuti durante l’infanzia con una giusta educazione.
Lo psicologo olandese Gerard J. M. van den Aardweg, uno dei massimi studiosi della terapia dell’omosessualità, afferma che un’educazione dei giovani mirante ad annullare le specificità maschili e femminili e la mancanza, in famiglia, dei ruoli materno e paterno può aver effetti disastrosi sulla psiche infantile, provocando l’insorgere dei complessi nevrotici omosessuali (37).
Tuttavia terapie psicologiche idonee e prolungate possono guarire le inclinazioni emotive disordinate, che inducono a un comportamento sessuale deviato. Infatti, una rilevante scoperta scientifica per certo è quella del cosiddetto “encefalo plastico”: nel cervello umano vi sono aree che rispondono unicamente al codice genetico, ma vi sono “zone plastiche”, che possono modificarsi.
Le aree che vengono modificate dalle abitudini, dall’apprendimento, sono quelle frontali e le zone anteriori dell’area temporo-parietale.
Se oggi Freud chiedesse qual è la sede dell’inconscio, potremmo rispondere che si trova nei lobi frontali collegati con il sistema limbico. Essi sono la sede della cognitività e dell’apprendimento, come pure della creatività e dei sogni. Ma i lobi frontali sono modificabili dall’esperienza, così come può subire l’influenza dell’ambiente e modificarsi anche il sistema limbico — cioè gran parte di quello che, un tempo, veniva indicato come “rinencefalo” —, il complesso di strutture encefaliche che occupano la parte mediale e ventrale degli emisferi, del quale l’ipotalamo è uno degli elementi centrali e che è implicato nel comportamento sessuale e in varie emozioni. Ogni esperienza nuova, a lungo ripetuta, ogni attività cognitiva e ogni apprendimento svolge una vera e propria azione biochimica sull’encefalo plastico e modifica le strutture biologiche cerebrali (38).
18. Perché sono frequenti i casi di omosessualità fra gli adolescenti?
L’uomo è un essere eterosessuale, ma non bisogna mai dimenticare che tutto quanto si deve sviluppare e formare è sempre soggetto al rischio di deformazioni e di alterazioni.
Ogni sviluppo armonico non è automatico, ma sottoposto a innumerevoli tensioni e aggressioni che, se non sono adeguatamente controbilanciate, corrette, indirizzate e combattute, possono dar luogo a deformazioni. Questo vale sia per la psiche sia per il corpo.
Si consideri, per esempio, il caso della colonna vertebrale, che, durante lo sviluppo, può deformarsi dando origine alla condizione patologica della scoliosi.
L’adolescenza è una fase delicata dello sviluppo della persona, che deve raggiungere l’indipendenza su tutti i piani; soprattutto deve realizzare il distacco psicologico dai propri genitori, deve liquidare l’egocentrismo infantile, deve cominciare ad agire autonomamente sul mondo circostante e a scegliere la parte che deve svolgervi. La crisi d’identità nell’adolescente riguarda non solo i ruoli all’interno della società, ma anche il ruolo legato al sesso.
L’adolescente deve accettare coscientemente la sessualità e deve imparare ad acquisire progressivamente un controllo sul proprio istinto sessuale — ancora rivolto soprattutto al proprio corpo e alla propria persona — per indirizzarlo verso la persona di sesso complementare e per unirlo alla tenerezza e all’affetto.
Ugualmente, deve imparare a controllare sempre meglio il proprio istinto di aggressività, che non è fondamentale solo per difendersi, ma anche per “aggredire”, nel senso più vasto, un compito o un problema. Deve imparare ad adattarlo alle circostanze, deve metterlo al servizio della giustizia e dei diritti degli altri, deve orientarlo verso la realizzazione di un progetto. Tutti sanno, per esempio, quanto siano impazienti i giovani e come sia difficile, per loro, rimandare a più tardi un obiettivo, anche quando lo esige la situazione.
Durante lo sviluppo verso la maturità biologica e psicologica l’adolescente può avere sensazioni erotiche indefinite, che possono essere associate nell’immaginazione con molteplici oggetti e situazioni, anche i più stravaganti.
In questo stadio, che alcuni definiscono “multisessuale” (39), può esistere anche una tendenza omosessuale transitoria, da non confondersi con l’omosessualità, e questa tendenza può portare alcuni adolescenti ad avere esperienze sessuali con giovani del proprio sesso: si tratta di situazioni in cui il partner può funzionare come sostituto di quello eterosessuale o può essere usato come uno specchio per avere conferma di sé stesso e per superare la paura dell’altro sesso.
Spesso, in questo periodo, la scelta dell’amico segue un modello narcisistico con una idealizzazione dell’altro, il quale avrebbe le qualità che si vorrebbero avere personalmente e che quindi si possiedono per procura.
L’attività omosessuale transitoria può essere usata come prova generale e come preparazione della normale attività sessuale: una sorta di gioco che anticipa la realtà. Ma in certi casi, in presenza di una particolare situazione psicologica, per esempio un’accentuata insicurezza o una mancata identificazione con il modello del genitore dello stesso sesso, vi è il pericolo che l’adolescente resti legato a questo tipo di soddisfacimento sessuale.
Il periodo dell’adolescenza, appunto perché delicato e difficile, richiede la presenza di educatori capaci di tranquillizzare l’adolescente e, nello stesso tempo, in grado di fornire spiegazioni adeguate e d’indicare gli obiettivi giusti verso cui deve imparare a orientarsi.
Le cattive compagnie e la mancanza di educatori possono indirizzare l’adolescente verso la fissazione di comportamenti e d’idee sbagliate, che possono generare, successivamente, le premesse per un comportamento di tipo omosessuale o per comportamenti condizionati da altre perversioni (40).
19. È possibile cambiar sesso?
La volontà di cambiare le caratteristiche sessuali del proprio corpo nasce da un grave disturbo dell’identità sessuale, indicato con il nome di “transessualità”. Gl’interventi chirurgici, a cui i soggetti si sottopongono, non portano a un vero cambiamento di sesso, ma conferiscono solo l’apparenza del sesso desiderato.
Gl’individui vengono castrati e mutilati dei loro organi genitali normali e gli organi finti “costruiti” sono privi della capacità di procreare, incapaci di dar loro il piacere sessuale e gli stessi rapporti sessuali sono spesso dolorosi o impossibili.
20. Quale atteggiamento deve avere la società verso gli omosessuali?
La società deve avere rispetto, compassione e delicatezza verso le persone con tendenza omosessuale. Ma l’abitudine omosessuale non deve essere né tutelata né equiparata al comportamento sessuale naturale, che porta a costituire una famiglia e ad adottare figli. Quindi la società deve fornire ogni sostegno per aiutare le persone omosessuali che vogliono compiere un cammino di liberazione dal vizio.
Il cammino di liberazione dal vizio trova conferma in fenomeni sociali come la crescita del movimento internazionale “ex gay“: si tratta di veri movimenti di base, come Courage (41) ed Exodus International (42), dove omosessuali ed ex omosessuali si aiutano per promuovere un cambiamento di vita in modo da liberarsi dal vizio dell’omosessualità.
I comportamenti sessuali disordinati possono e devono essere tollerati se attuati in privato — purché non costituiscano forme di violenza sulle persone —, ma è giusta la pubblica apologia del vizio, qualsiasi esso sia?
Oggi vengono organizzate, incoraggiate e promosse pubbliche manifestazioni di omosessuali favorevoli al comportamento omosessuale.
Sarebbe giusta, per esempio, la pubblica apologia dell’alcolismo, della zoofilia, dello “sballo” del sabato sera? La pubblica apologia del vizio lede la libertà dei più “piccoli” e dei più “deboli”, in special modo quella degli adolescenti, che attraversano una fase delicata di sviluppo relativa a tutti gli aspetti della personalità, con crisi d’identità, compresa quella sessuale.
La pubblica apologia del vizio ha un effetto contagioso e dannoso su quanti hanno ferite psicologiche, che possono predisporre al comportamento disordinato; ha un effetto negativo su chi cerca di guarire dal vizio e non aiuta a motivare quanti del vizio sono divenuti schiavi.
Sul problema dell’omosessualità viene esercitata da più parti una notevole pressione ideologica, favorevole ai comportamenti omosessuali, che finisce per confondere la capacità di giudizio.
Non va dimenticato che una menzogna, se continuamente ripetuta, finisce per venire confusa con la verità e diventa un’idea-forza che “imbottisce” le menti (43).
21. Non riconoscere legalmente l’unione fra omosessuali è una discriminazione?
Non riconoscere legalmente l’unione fra omosessuali non è una discriminazione.
Un comportamento disordinato e sbagliato non può avere l’approvazione e l’aiuto della legge. Il malato che vuole guarire dev’essere aiutato a curarsi, ma la malattia non può essere aiutata.
La persona malata possiede gli stessi diritti di ogni altra persona, compreso il diritto di esser curata; la malattia, invece, non ha diritti.
Se ogni comportamento disordinato dovesse avere l’approvazione e l’aiuto della legge, come impedire, per esempio, il “matrimonio” fra uomini e animali nei casi di grave disordine del comportamento, per cui l’uomo ha rapporti sessuali con gli animali, perversione indicata con il termine di “zoofilia” o di “bestialità”?
Questa possibilità non è lontana dalla realtà, sia considerando l’esistenza di queste forme di deviazione, sia considerando il fatto che alcuni gruppi di animalisti sostengono la necessità dell’uguaglianza giuridica fra l’uomo e l’animale.
Nelle sale cinematografiche, per esempio, nella seconda metà degli anni 1980 è stato messo in circolazione un film che narra, in maniera del tutto seria, la storia di una donna che abbandona il marito perché innamorata di uno scimpanzé (44).
Ogni disordine morale, quando è accettato e tutelato, non solo tende a perpetuare e a diffondere sé stesso, ma apre la porta ad altri comportamenti distorti e irrazionali (45).
Per poter arrivare al “matrimonio” omosessuale, i movimenti gay cercano d’introdurre nella legislazione un primo ponte verso tale “matrimonio” e cioè i cosiddetti PACS, “patti civili di solidarietà”, ma nel caso la solidarietà ha una chiara funzione strumentale destinata a equiparare la coppia gay alla famiglia. Se, per esempio, voglio che il mio convivente diventi comproprietario della mia casa, cosa c’entra lo Stato? Si tratta di azioni che riguardano la contrattualità civile. Il PACS invece implica l’intervento dello Stato che estende benefici sociali e fiscali, di cui godono le coppie sposate, ai conviventi omosessuali. Questa è un’evidente contraddizione: il PACS non è civile ma statale.
Una considerazione anche per quanto riguarda i conviventi eterosessuali: come non è giusto concedere a nessuno di fare l’imprenditore se non rispetta le regole che lo Stato ha previsto a tutela degl’interessi di quanti sono coinvolti nel lavoro dell’impresa, così non è conveniente estendere i benefici del matrimonio a chi non intende o non può assumere tutte le responsabilità del matrimonio stesso.
22. I bambini adottati da una coppia omosessuale possono essere educati in modo naturale?
Anzitutto occorre aprire una breve parentesi sul problema delle cosiddette coppie omosessuali. Il censimento della popolazione americana del 1990 rivela che tali coppie omosessuali — 88.200 coppie di uomini omosessuali e 69.200 di donne — costituiscono meno di 1/20 delle coppie di fatto eterosessuali, pari a 3,1 milioni, e meno dello 0,0016% dei matrimoni (46).
Questi soggetti non vanno considerati e trattati diversamente dai pazienti che soffrono di anoressia nervosa, di nevrosi ossessiva o di una qualsiasi forma di dipendenza. Hanno diritto alla compassione e a essere incoraggiati a lottare contro le loro tendenze disordinate. Inoltre l’instabilità e la promiscuità sono la caratteristica delle coppie omosessuali: il 28% dei maschi omosessuali aveva avuto più di 1000 partner, il 10% delle femmine omosessuali aveva avuto 24 partner e la metà degli omosessuali parlava d’infedeltà solo oltre i 20 partner (47).
La percentuale dei suicidi di gay e di lesbiche è superiore alla media ed essi risultano causati soprattutto da frustrazioni nella vita di coppia (48).
I bambini adottati da coppie omosessuali sono privi dell’esempio di relazioni normali uomo-donna e mancano di un’importante premessa per lo sviluppo di legami eterosessuali. I primi dati del 1996 sono allarmanti e le statistiche, effettuate su campioni della popolazione urbana degli Stati Uniti d’America, dicono che più della metà di quanti dichiarano di essere stati educati da un genitore omosessuale, sono omosessuali pure loro (49).
Non va, poi, sottovalutato il fatto che i figli adottati da omosessuali potrebbero subire attenzioni di tipo sessuale da parte dei loro genitori adottivi, perché le statistiche dicono che il 23% dei maschi omosessuali e il 6% delle lesbiche avevano avuto qualche contatto sessuale con minorenni; e questo secondo il Gay Report del 1979, che sicuramente non nutre prevenzioni contro gli omosessuali, e secondo altre fonti (50). Inoltre l’internazionale gay non può negare gli stretti rapporti con le associazioni dei pedofili, dal momento che l’associazione americana di pedofili NAMBLA, North American Man-Boy Lovers Association, fa parte della ILGA, International Lesbian and Gay Association, e nei Paesi Bassi le associazioni omosessuali COC hanno voluto e ottenuto, nel 1990, la depenalizzazione dei rapporti sessuali con minorenni al di sopra dei 12 anni (51).
Nel 1993 l’ILGA è stata riconosciuta come organo consultivo dall’ECSOC, Economic and Social Council, dell’Organizzazione delle Nazioni Unite: l’emancipazione dell’omosessualità e della stessa pedofilia, dunque, sembra avere notevoli gruppi di pressione alle proprie spalle (52).
Per esempio, la rete d’associazioni che si occupa di pianificazione familiare IPPF, International Planned Parenthood Federation, nel 1969, nella presentazione di un piano strategico all’organizzazione non governativa Population Council, che pure si occupa di pianificazione della popolazione, raccomandava d’incoraggiare la diffusione dell’omosessualità (53). Queste organizzazioni agiscono a livello di base, ma sono molto influenti anche a livello di quanti hanno potere decisionale e operano per divulgare tutti i metodi disponibili che permettono d’impedire la trasmissione della vita umana (54). Fa parte di questa strategia contraria alla procreazione anche l’introduzione di “nuovi diritti”, fra cui il diritto all’aborto e il riconoscimento delle unioni omosessuali (55).
Il SIECUS, Sex Information and Educational Council of the U.S., laholding-servizio informazioni di Planned Parenthood, si è impegnato già negli anni 1970 a proporre come naturali sia i contatti sessuali fra bambini, sia la “sessualità intergenerazionale” (56).
Tornando alla domanda iniziale, una coppia omosessuale prevedibilmente educherà — anche con il comportamento palesemente omosessuale — il bambino adottato a considerare normali gli atteggiamenti e lo stile di vita omosessuali impedendogli, in questo modo, di poter realizzare i naturali processi d’identificazione psicologica riguardanti la differenza sessuale e la complementarietà fra i sessi, e questo non potrà che determinare, nel bambino stesso, le premesse del comportamento omosessuale (57).
23. Gli omosessuali sono soggetti a contrarre l’AIDS?
L’AIDS, la Sindrome da Immunodeficienza Acquisita, è una malattia infettiva che si trasmette soprattutto attraverso i rapporti sessuali: la promiscuità sessuale — rapporti con più partner — favorisce la diffusione della malattia (58).
Luc Montagnier, lo scienziato che ha scoperto e studiato il virus che provoca l’AIDS, afferma che i rapporti omosessuali sono più efficaci per la trasmissione del virus: infatti i rapporti ano-genitali costituiscono il fattore di rischio più importante (59).
Il genetista francese Jérôme Lejeune (1926-1994) — scopritore della trisomia 21, il difetto cromosomico responsabile della sindrome di Down — spiega che la mucosa intestinale non ha difese contro i virus trasmessi tramite rapporti sessuali. Se un uomo non usa adeguatamente il proprio corpo, la natura punisce il trasgressore (60).
L’uomo è costruito in un certo modo, come un’automobile — per usare una metafora di tipo meccanico —, e, se non segue le regole fissate dal costruttore, si producono guasti.
L’uso del preservativo riduce il rischio di contrarre la malattia, ma non lo elimina.
Alcuni ricercatori inglesi hanno reso noti i risultati di una loro indagine condotta sull’uso del preservativo fra gli omosessuali (61). Anzitutto il preservativo risulta inefficace nel 7% dei casi, anche quando è stato escluso un suo uso non appropriato. Inoltre, il 30% degli omosessuali ha constatato la rottura del preservativo nel corso del rapporto: questo vuol dire che il 30% degli omosessuali, che utilizza il preservativo, è esposto alla possibilità del contagio (62).
24. I bambini che hanno un insegnante “dichiaratamente” omosessuale possono essere educati in modo naturale?
Se essere omosessuale “dichiarato” significa fare pubblica ostentazione e pubblica apologia dell’omosessualità, se significa fare dell’omosessualità una proposta educativa e presentarla come un bene, in questo caso il diritto del minore — a essere educato secondo i valori dei genitori — e il diritto dei genitori — a orientare il figlio verso i propri valori educativi — vengono prima del diritto della persona a manifestare pubblicamente le proprie scelte sessuali.
I genitori devono essere liberi di poter scegliere i valori educativi che vogliono trasmettere ai propri figli. Se la “tolleranza” è il rispetto di tutte le diversità, bisogna rispettare anche il diritto dei genitori che vogliono per i propri figli un’educazione sessuale rispettosa dell’ordine e delle finalità della natura e conforme ai propri modelli familiari.
Se la scuola pubblica, in una situazione di diffuso relativismo, vuole proporre, in tema di educazione sessuale, un comportamento moralmente disordinato com’è quello omosessuale, i genitori hanno il diritto di richiedere, per rispetto di un pluralismo educativo che non può essere negato, un’informazione sessuale rispettosa della natura e delle finalità dell’amore umano e conforme ai propri modelli familiari, un’informazione che spieghi ai figli che l’omosessualità è un comportamento sessuale disordinato, frutto di abitudini sbagliate e di problemi psicologici irrisolti.
Considerazioni analoghe possono esser svolte per il mondo dello sport e per quello militare, dove vige un rapporto gerarchico fra chi istruisce e chi è istruito (63).
25. Secondo la Chiesa cattolica che cosa dovrebbe fare un omosessuale?
La Chiesa cattolica insegna che qualsiasi persona vivente sulla faccia della terra ha problemi e difficoltà personali, ma anche opportunità di crescita.
Anche nelle persone omosessuali dev’essere riconosciuta la libertà fondamentale che caratterizza la persona umana. Grazie a questa libertà lo sforzo umano, illuminato e sostenuto dalla grazia di Dio, potrà consentire a queste persone di liberarsi progressivamente dal comportamento omosessuale, anche con l’aiuto di uno psicoterapeuta.
Van den Aardweg ha potuto constatare il caso di alcune persone — delle quali ha accuratamente analizzato le sensazioni e gli atteggiamenti —, la cui guarigione si è progressivamente realizzata senza psicoterapia, ma mediante una profonda conversione religiosa attraverso la quale il soggetto, sottomettendo la propria volontà alla legge di Dio, è stato liberato dal suo egocentrismo, è stato ri-orientato e liberato da sé stesso, dal suo “io” infantile, emotivamente indirizzato in senso omosessuale (64).
Per la dottrina della Chiesa cattolica le persone omosessuali sono chiamate, come quanti hanno problemi e difficoltà, a offrire e a unire ogni difficoltà e sofferenza al sacrificio della Croce del Signore Gesù. Ogni rinnegamento di sé, vissuto nell’abbandono alla volontà di Dio, costituisce una fonte di autodonazione e di pace.
Il cristiano, che vive con vera pazienza la fede e si lascia plasmare da essa, conserva la consapevolezza del progetto di Dio, mantiene vivo l’amore per le verità indicate nei comandamenti, persevera nello sforzo di combattere contro le illusioni del peccato — il verbo greco amartanô, usato per “peccare”, significa “sbagliare strada”, “mancare il bersaglio” — e, attraverso molte sconfitte e debolezze, viene purificato e diventa migliore.
Lo stesso Van den Aardweg ha notato che, durante il trattamento psicoterapico, i pazienti omosessuali, che vivono la loro fede religiosa in modo positivo, hanno maggiori possibilità di un cambiamento radicale perché la pratica dei sacramenti — in particolare della confessione —, la speranza, l’umiltà e l’amore del prossimo hanno un effetto antinevrotico.
La psicoterapia è per la psiche ciò che la fisioterapia è per l’apparato locomotore. Per guarire da un handicap fisico, però, non basta la fisioterapia, ma occorre la volontà di guarire. Infatti questa volontà è un elemento determinante per il buon esito della cura, ma per voler guarire è indispensabile sentirsi amati e, fra l’altro, amare la guarigione.
Secondo lo psichiatra statunitense William Glasser — iniziatore di un indirizzo psicoterapeutico definito “terapia della realtà” — uno dei bisogni fondamentali dell’essere umano è quello di sentirsi amato. Glasser dice che un uomo, abbandonato su un’isola deserta o in una cella solitaria di una prigione, un uomo privato del bene della salute e degli affetti dei suoi cari è destinato a perdere il contatto con la realtà e può anche diventare pazzo, a meno che non riesca a mantenere la convinzione che qualcuno ancora lo ama (65). Le persone che hanno fede, attraverso la preghiera — la vita di preghiera è la ricerca dell’unione con Dio nei pensieri e nelle azioni —, e il cattolico anche attraverso l’aiuto particolare dei sacramenti, sentono nella loro vita l’amore di Dio che li sostiene, li illumina e li incoraggia anche nelle difficoltà più gravi.
Le terapie psicologiche, da sole, spesso non sono sufficienti per guarire un individuo da una nevrosi. Secondo lo psicologo tedesco Albert Görres (1918-1996) uno dei principali ostacoli al superamento del male sta nella mancanza di una motivazione che illumini e che incoraggi (66).
Quale motivazione può essere così forte da poter superare le stesse forze umane, da poter superare l’angoscia della perdita che nasce da profondi condizionamenti nei confronti di cose, persone e idee a cui l’individuo si è fisicamente e psicologicamente attaccato? Certamente l’amore di Dio rappresenta la più grande forza in grado di motivare la persona.
La tendenza a difendere gli orientamenti e gli atti omosessuali, che trova echi anche nel mondo scientifico, deriva da un atteggiamento culturale che privilegia l’importanza della gratificazione sessuale momentanea e la libertà dell’individuo, intesa in senso soggettivo e relativistico. Questo cambiamento culturale coinvolge anche altre questioni come l’aborto, la castità prematrimoniale, il divorzio e la fedeltà coniugale: su tutti questi punti la dottrina tradizionale della Chiesa cattolica è contestata.
In questo clima culturale di diffuso relativismo difendere la dottrina tradizionale della Chiesa cattolica significa difendere le famiglie del futuro e quanti non vogliono arrendersi alle loro tendenze disordinate (67).
26. Come sostengono alcuni intellettuali, favorevoli al vizio omosessuale, il comportamento omosessuale nell’antichità classica era considerato normale e solo il cristianesimo ha introdotto il concetto di comportamento sessualmente disordinato per l’omosessualità?
La storia dei costumi sessuali, in realtà, non è così semplice. Nella Grecia antica, per esempio, non era ammessa l’omosessualità fra adulti, ma solo la “pederastia”, cioè il rapporto fra l’adulto e l’adolescente, il ragazzo dai 12 ai 16 anni.
Non erano ammesse relazioni con i più piccoli o con gli adulti. Il legislatore ateniese Solone (640-560 a.C.) aveva imposto la pena di morte da applicare a qualsiasi maschio adulto sorpreso, senza autorizzazione, nei locali di una scuola dove i ragazzi erano al di sotto dell’età pubere.
L’omosessualità fra adulti era considerata depravazione e comportamento depravato era giudicato l’atteggiamento sessualmente “passivo” dell’adulto. Quindi il ruolo “passivo” era considerato normale solo per le donne e per gli adolescenti.
La pederastia era tollerata solo se non si protraeva oltre i limiti di età previsti: il giovane poi, una volta superata l’adolescenza, doveva assumere un atteggiamento sessualmente “attivo”; inoltre — come si deduce dal dialogo Simposio di Platone (427-347 a.C.) —, tale giudizio positivo sulla pederastia non era condiviso da tutta la società ateniese; una parte di essa, anzi, la considerava una manifestazione di “spudoratezza”. Probabilmente la pederastia era circoscritta ad ambienti intellettuali (68).
Alla base del giudizio favorevole sulla pederastia, vi era l’idea che tale relazione preparasse l’adolescente alla maturità intellettuale e psicologica: la si potrebbe qualificare come una “pederastia pedagogica” (69).
Una tale convinzione si trova anche presso alcune popolazioni selvagge, convinzione dovuta, probabilmente, a un pensiero di tipo magico, nato da meccanismi mentali di pura e semplice associazione di idee.
Come nella magia detta “contagiosa” — in quanto l’atto compiuto su una parte diffonde il suo effetto sul tutto — si finisce per credere che è possibile uccidere il nemico compiendo atti ostili sulla sua immagine o su ciocche dei suoi capelli, così, per contatto sessuale con l’adulto, si pensa che il giovane possa assorbire la virilità dell’adulto stesso. Inoltre, i tratti delicati e non ancora virili dell’adolescente facilitano questa associazione e facilitano pure l’instaurarsi verso di lui di meccanismi attrattivi.
Presso molte tribù la “pederastia pedagogica” viene praticata nei rituali d’iniziazione, mentre è vietata nella vita di tutti i giorni: così in Australia, nella Polinesia, nelle isole Ebridi, nelle tribù dei Marind-Anim e dei Keraki in Nuova Guinea. Casi analoghi sono registrati in Marocco, in Siberia e in America Settentrionale. Sempre da un pensiero di tipo magico nasce, per esempio, in alcune società il “sulamitismo”, ovvero la credenza che attraverso il congiungimento con un fanciullo si possa allungare la propria vita, assorbendo l’essenza vitale del giovane (70). In Marocco, per esempio, è stata registrata l’esistenza di una credenza secondo cui le relazioni omosessuali con un uomo conosciuto per la sua baraka — “fortuna”, “potere” —, permettono al soggetto sessualmente passivo di ricevere la sua fortuna (71).
Nella Grecia antica, dunque, l’omosessualità fra adulti e il ruolo sessualmente passivo del maschio erano proibiti; ugualmente proibito era il cosiddetto “matrimonio” omosessuale.
Nel mondo romano classico il padrone poteva abusare sessualmente dello schiavo o della schiava, ma fra uomini liberi la legge proibiva la pederastia, anche se gli adolescenti erano consenzienti: si parlava di “stuprum cum puero”.
Fra gli uomini liberi, inoltre, la legge puniva anche la passività sessuale del maschio: così la lex Scatinia (72).
In ogni esperienza specificamente umana dell’istinto in quanto tale, accanto a forme “inferiori” e biologiche di bisogni, coesistono sempre forme “superiori” di bisogni e l’essere umano può spostare, mediante l’intervento della volontà e della ragione, la spinta ad agire, l’energia, determinata da un bisogno, verso altre forme di bisogno. Questo lavoro della volontà e della ragione, quando è coscientemente finalizzato, provoca, nel tempo, una progressiva integrazione e sottomissione delle forme inferiori di bisogno a quelle superiori e può anche determinare la volontaria diminuzione di alcune forme d’interesse verso realtà ritenute d’importanza secondaria.
Questa diminuzione lascia via libera all’azione di altri “dinamismi”, quali la grazia e l’ispirazione divina e promuove la crescita dell’interesse verso attività superiori e più nobili, verso cui diventa progressivamente più facile spostare l’energia determinata dai bisogni “inferiori”: questa è la nozione corretta della “mortificazione” nell’ascetismo cristiano. Non si tratta, come sostiene la psicoanalisi freudiana, della “sublimazione”, cioè del processo che attua la trasformazione dell’energia sessuale, o libido, in attività superiori, spirituali o culturali, ma della sottomissione dell’”inferiore” al “superiore”, dello spostamento volontario dell’energia dall’”inferiore” al “superiore”, della liberazione e dello sviluppo d’interessi più alti, di disposizioni interiori superiori. Lo sviluppo di motivazioni superiori determina l’”atrofia” degl’interessi verso realtà considerate d’importanza secondaria. Ho parlato di lavoro della volontà e della ragione, che devono intervenire nella gestione degl’istinti, degl’interessi e dei bisogni “umani”.
Infatti, la pura e semplice “repressione” di un istinto, di un’idea o di un interesse finisce per ossessionare e per tormentare chi li reprime. La repressione può essere solo la fase iniziale di un processo, che porta l’uomo a costruire e a sviluppare la sua personalità, altrimenti non si ha una vera “mortificazione” nel senso cristiano, ma una pseudo-mortificazione, che è un surrogato, una contraffazione di quella vera. Per distinguere una mortificazione vera da una pseudo-mortificazione un buon metro di misura è la pace del cuore e l’umiltà, con l’assenza delle manie di perfezionismo.
Il perfezionismo nasce dalla confusione fra il modello ideale verso cui camminare e l’impeccabilità, cioè il proprio “io” idealizzato. Nel perfezionismo vi è la continua preoccupazione che nasce dal pensiero dei propri difetti, vi è il rifiuto di sé stessi e il desiderio di essere un altro. Il perfezionista non sa accettare la crescita progressiva che, in quanto progressiva, non sarà mai perfettamente compiuta in questo mondo; per questo il perfezionista si rattrista spesso, ma la tristezza non nasce mai dall’amore di Dio ma dall’amor proprio che agisce camuffandosi dietro le apparenze dell’umiltà. Un maestro di spiritualità come sant’Ignazio di Loyola (1491-1556) ricorda che, nella via dello spirito, la tristezza, i tormenti di coscienza, i dubbi, lo scoraggiamento e ogni atteggiamento che toglie la pace non provengono mai da Dio, che è pace, gioia, certezza, serenità, ma provengono dall’amor proprio o dall’azione demoniaca.
Ho detto che la repressione può essere solo la fase iniziale di un processo, che porta l’uomo a costruire e a sviluppare la sua personalità.
Quando si guida un’automobile, per esempio, non basta non andare in una certa direzione, ma occorre imboccare un’altra strada e bisogna amare la meta da raggiungere. Non fare qualcosa di negativo è soltanto la condizione indispensabile e iniziale per poter fare qualcosa di positivo.
Così, non si può soltanto rinunciare a un piacere ritenuto sbagliato, perché il desiderio per questo piacere aumenterebbe e finirebbe per ossessionarci.
Dopo aver detto no, bisogna cercare di diventare sempre più consapevoli dei motivi per cui l’oggetto del desiderio al quale abbiamo rinunciato è sbagliato, sempre più consapevoli della sua illusorietà, del fatto che rappresenta soltanto un soddisfacimento momentaneo, che non risolve i problemi più profondi della persona e che, alla lunga, impedisce la propria realizzazione e felicità, in modo analogo a quanto succede nel caso del fenomeno della tossicodipendenza.
Questo itinerario di progressiva consapevolezza presuppone — con l’aiuto della grazia divina, che, ordinariamente, svolge un’azione sussidiaria illuminante e incoraggiante, facendoci amare la strada da percorrere, ma senza sostituirsi all’impegno che dobbiamo profondere — non solo il fuggire le cattive occasioni, non solo il non fare il male, ma richiede di fare il bene prima di tutto all’interno del proprio cuore. Queste opere buone, da svolgere all’interno del proprio cuore, consistono nel ragionamento, nell’osservazione oggettiva, nella contemplazione del reale e nel dissolvimento critico delle illusioni.
Nostro Signore Gesù Cristo afferma che la sorgente del male che affligge l’uomo sta dentro la sua personalità: “Dal cuore, infatti, provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adultèri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie” (Mt. 15, 19).
La cultura ebraica concepisce il cuore come l’interno dell’uomo in un senso molto ampio. Oltre ai sentimenti il cuore comprende anche i ricordi, le idee, i progetti e le decisioni: il cuore è il centro dell’essere, dove l’uomo dialoga con sé stesso e assume le proprie responsabilità (73).
All’interno dell’uomo avviene il conflitto fra le passioni, la volontà e la ragione; all’interno nascono i tentativi di riportare ordine fra queste potenze dell’anima e sempre dal cuore hanno origine i dialoghi che l’uomo intraprende con sé stesso, dialoghi interiori che lo portano prima a interpretare i “messaggi” interni ed esterni, poi a decidere e ad agire.
Solo dopo un corretto lavoro svolto nel proprio cuore — cioè dopo un continuo e perseverante dialogo interiore, finalizzato a dissolvere in maniera critica le illusioni e a diventare consapevoli della realtà — la rinuncia a un piacere disordinato si trasforma nella “preferenza” verso un altro piacere, un piacere ordinato che non contrasta con la verità e con la giustizia. Solo allora la rinuncia si trasforma nella scelta di un altro obiettivo e di un’altra direzione di marcia.
In questo modo la persona progredisce dirigendo, regolando, mettendo in equilibrio e utilizzando costruttivamente tutte le proprie energie. Si tratta di un’opera simile a quella che l’essere umano svolge nei confronti delle forze della natura, come quando incanala verso una centrale di energia le acque torrenziali.
Nessuno può progredire senza conservare l’indicazione di una direzione valida in cui muoversi. La ragione, dopo il peccato originale, può sbagliare nei suoi giudizi sia per difetto di conoscenza sia perché il conflitto fra le passioni e la volontà può ostacolare e confondere l’itinerario della ragione, con il rischio continuo e reale che le nostre debolezze diventino la misura del bene e del male in modo da farci ritenere falso quanto non vorremmo fosse vero.
Il cattolico, attraverso la guida e il sostegno della fede, può conservare l’indicazione valida delle strade in cui inserire la ricerca razionale. Il razionalismo — la ragione senza la fede —, che non riconosce l’importanza della fede come guida e sostegno, finisce per dimenticare che la ragione non è una facoltà dotata d’infallibilità ma che, al pari delle altre facoltà umane, è soggetta all’imperfezione e al limite; pertanto, nella sua ricerca, non riesce a rimanere per molto tempo nella giusta direzione senza incontrare ostacoli che possono, gradualmente, portarla fuori strada.
Non è forse vero che tanti sistemi di pensiero, nati con l’intenzione di aiutare l’uomo, hanno finito per costruire strutture oppressive per l’uomo stesso e tanti itinerari della ragione sono giunti a negare valore alla ragione stessa? (74).
Non basta conservare la fede, che dev’essere pienamente vissuta, deve svilupparsi insieme a tutte le facoltà dell’uomo, deve accompagnare tutte le fasi e le vicende della sua vita.
Se la fede viene separata dalla vita e dalla cultura dell’uomo, diventa inutile e viene persa. Per sviluppare il dono della fede il credente deve meditare sulla Sacra Scrittura e sul Magistero della Chiesa e deve inserire costantemente la ricerca della ragione nell’orizzonte fornito dalla fede, in modo da amare Dio con l’intelletto, con la volontà e con le opere. Questo lavoro ha bisogno di essere sostenuto dal continuo dialogo con Dio, che il cattolico incontra attraverso la preghiera e, in modo speciale, attraverso i sacramenti, forze vive che escono dal corpo di Cristo per nutrire l’anima e per curarla. Tornando al problema degl’istinti, giova ripetere che la loro corretta gestione è fondamentale per la costruzione della personalità.
L’istinto di aggressività, per esempio, non solo è fondamentale per difendersi, ma l’energia, da esso prodotta, può venire utilizzata, grazie al controllo e all’orientamento della volontà e della ragione, per “aggredire”, nel senso più lato, un compito o un problema e può essere messa al servizio della giustizia e dei diritti degli altri. Il bisogno sociale e il bisogno di giustizia sono forme superiori di bisogni, che sempre accompagnano nell’uomo l’istinto puramente biologico di aggressività. L’istinto sessuale non solo è fondamentale per unire l’uomo e la donna fisicamente, ma l’energia da esso determinata può essere utilizzata, grazie al controllo, all’orientamento e alla consapevolezza della volontà e della ragione per integrare l’impulso copulativo con il bisogno di tenerezza e di affetto, in modo che l’unione genitale diventi segno e strumento di reciproca donazione fra due persone di sesso complementare e possa soddisfare il bisogno d’amore.
L’energia generata dall’istinto copulativo può anche essere messa a servizio d’amore verso i fratelli e verso la verità. Lo sviluppo di una forma superiore e spirituale di bisogno, come quella che spinge verso i significati più alti della stessa sessualità umana — l’amore per gli altri e la donazione di sé stessi agli altri — fa diminuire l’interesse verso la relazione coniugale e in questo caso è più facile spostare l’energia determinata dall’istinto copulativo su di un piano più alto.
Insegna Papa Giovanni Paolo II che “nella verginità e nel celibato la castità mantiene il suo significato originario, quello cioè di una sessualità umana vissuta come autentica manifestazione e prezioso servizio all’amore di comunione e di donazione interpersonale” (75). Il bisogno di affetto, di amore e di donazione sono forme superiori di bisogni, che sempre accompagnano nell’uomo l’istinto puramente biologico della sessualità.
Significative del bisogno di amore sono le parole di un poeta, che ha fatto della lussuria una ragione di vita. Scrive Gabriele D’Annunzio (1863-1938):
“Tristezza atroce de la carne immonda
“quando la fiamma del desìo nel gelo
“del disgusto si spegne e nessun velo
“d’amor l’inerte nudità circonda!
“(E tu sorgi ne l’anima profonda,
“pura Imagine. Come su lo stelo
“èsile piega un funebre asfodelo,
“su’l collo inclini la tua testa bionda).
“Tristezza immensa de la carne bruta
“quando nel petto il cor fievole batte
“lontano e solo come in una tomba!
“(E tu guardi, tu sempre guardi, o muta
“Imagine, tu pura come il latte,
“con i tuoi teneri occhi di colomba)” (76).
Lo psicologo belga don Joseph Nuttin (1909-1988) afferma che ogni bisogno dà origine a un’energia di tipo generico, a uno stato di generica tensione energetica dell’organismo, che può essere momentaneamente dissolta attraverso una qualsiasi soddisfazione o attività organica, e ciò anche nei confronti di bisogni vitali.
Certo, esistono meccanismi riflessi automatici, per esempio l’istinto di evacuare e di respirare, che non possono essere repressi oltre una certa soglia critica. Ma l’uomo mostra una grande possibilità di scelta anche nei confronti degl’istinti di necessità vitale individuale, come la fame e la sete. L’essere umano può esercitare verso questi istinti anche una repressione totale, fino a giungere alla morte e senza bisogno di ricorrere all’uso di mezzi coercitivi esterni alla sua persona.
Nell’uomo, a differenza dell’animale, attraverso il controllo della volontà e della ragione, l’energia originata da un bisogno inferiore può anche essere messa a disposizione di una finalità superiore. Tale finalità nasce da motivazioni intellettuali e spirituali che, nell’essere umano, si trovano sempre mescolate con bisogni di natura inferiore.
Questo provoca la graduale integrazione e sottomissione dei bisogni inferiori a quelli superiori e anche, se necessario, l’atrofia di certe forme d’interesse verso realtà secondarie, che provoca la liberazione e lo sviluppo di altre disposizioni interiori più elevate e più nobili. Il concetto di sublimazione, nel senso della psicoanalisi freudiana, è erroneo perché non esiste un’energia specifica di tipo sessuale che si converte in attività di altro genere, ma esiste il fenomeno della trasposizione, cioè dello spostamento dell’energia insita in un bisogno, la sottomissione dei bisogni inferiori ai superiori e anche l’atrofia d’interessi secondari e la conseguente liberazione e crescita di forme superiori d’interesse e di motivazione (77).
Don Nuttin sostiene che in una stessa attività umana forme “inferiori” di bisogni si trovano sempre mescolate a forme “superiori”: si tratta di manifestazioni di uno stesso dinamismo trapassante i diversi piani della vita psichica. Gli elementi spirituali costituiscono vere “componenti” di un’esperienza specificamente umana dell’istinto in quanto tale. A questo proposito scrive: “[…] uno psicologo ci ha detto, descrivendo la sua esperienza personale: “Ho costatato spesso che la soddisfazione e il piacere, provati nel corso delle relazioni coniugali, sono infinitamente più intensi e più ‘ricchi’ ogni volta che realizzo i legami umani e spirituali che mi uniscono alla moglie, e cioè quando mi rendo conto di ciò che ‘significa’ per me la ‘persona’ con cui mi unisco.
“Tutte le volte, invece, che tali relazioni si svolgono su un piano più esclusivamente sessuale e istintivo, il piacere è meno intenso e duraturo”” (78).
Lo psichiatra monsignor Joan Baptista Torelló afferma che lo studio del comportamento umano “[…] ha permesso alla psicologia più recente di riconoscere, nella repressione e nella soddisfazione dei cosiddetti istinti, fenomeni ugualmente propri e confacenti alla natura dell’essere umano, che solo in rapporto ad un’altra serie di valori umani sono in grado di causare salute o malattia, serenità o tensione, piacere o disagio. Ciò che decide la loro positività o negatività, la loro sanità o azione patogena è il quadro d’insieme in cui s’inseriscono, l’atteggiamento fondamentale dell’esistente, le motivazioni libere dello spirito.
“Per quanto si riferisce concretamente al cosiddetto “istinto” sessuale, decisivo sarà il ruolo dell’”amore”: continenza per amore è rasserenante e soddisfacente, così come rasserenante e soddisfacente è il rapporto sessuale per amore” (79).
Bruto Maria Bruti
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(1) Cfr. Gerard J. M. van den Aardweg, “Matrimonio” omosessuale & affidamento a omosessuali, in Studi Cattolici. Mensile di studi e di attualità, anno XLII, n. 449/50, Milano luglio-agosto 1998, pp. 499-509 (pp. 500 e 502).
(2) Cfr. ibid., p. 500.
(3) Cfr. ibidem.
(4) Cfr. il mio Omosessualità: vizio o programmazione biologica?, inCristianità, anno XXIII, n. 243-244, luglio-agosto 1995, pp. 5-12 (pp. 5-7); Simon LeVay e Dean H. Hamer, Le componenti biologiche dell’omosessualità maschile, in Le Scienze. Edizione italiana di Scientific American, anno XXVII, vol. LIII, n. 311, Milano luglio 1994, pp. 18-23; William Byne, I limiti dei modelli biologici dell’omosessualità, ibid., pp. 24-30; e John Horgan, L’eugenetica rivisitata, ibid., anno XXVI, vol. LII, n. 300, Milano agosto 1993, pp. 80-88 (p. 88).
(5) Cfr. G. J. M. van den Aardweg, Omosessualità & speranza. Terapia & guarigione nell’esperienza di uno psicologo, con introduzione di Paul C. Vitz, trad. it., Ares, Milano 1999, pp. 55-89; Idem, L’omosessualità si può curare?, in 30 Giorni nella Chiesa e nel mondo, anno IV, n. 11, Roma dicembre 1986, pp. 40-43 (pp. 41-42); e Idem, Omosessualità: verso la liberazione, in Studi Cattolici. Mensile di studi e di attualità, anno XXXVII, n. 394, Milano dicembre 1993, pp. 809-812 (p. 810).
(6) Cfr. Giuseppe Cesari, Aspetti psicologici dell’educazione della sessualità, in Idem e Maria Luisa Di Pietro, L’educazione della sessualità, con presentazione di S. E. mons. Elio Sgreccia, La Scuola, Brescia 1996, pp. 15-54 (pp. 46-47).
(7) Cfr. ibid., p. 48; G. J. M. van den Aardweg, L’omosessualità si può curare?, cit. pp. 41-42; Bartholomew Kiely S.J., La cura pastorale delle persone omosessuali. Nota psicologica, in Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali (1° ottobre 1986). Testo e commenti, con prefazione di S. E. mons. Tarcisio Bertone S.D.B. e introduzione di S. Em. il cardinale Joseph Ratzinger, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1995, pp. 50-60 (pp. 52-55).
(8) Cfr. G. J. M. van den Aardweg, Omosessualità & speranza. Terapia & guarigione nell’esperienza di uno psicologo, cit., pp. 49-51; e B. Kiely S.J., La cura pastorale delle persone omosessuali. Nota psicologica, cit., pp. 55-56.
(9) Cfr. Francesco Le Moli, voce Omosessualità, in Danilo Mainardi (diretto da), Dizionario di etologia, Einaudi, Torino 1992, pp. 528-530.
(10) Cfr. Konrad Lorenz, Lorenz allo specchio. Autoritratto inedito del padre dell’etologia, con introduzione di Richard I. Evans, trad. it., con presentazione di Vittorio Somenzi, Armando, Roma 1989, pp. 61-62.
(11) Cfr. Irenäus Eibl-Eibesfeldt, I fondamenti dell’etologia. Il comportamento degli animali e dell’uomo, trad. it., nuova ed. ampliata, Adelphi, Milano 1995, p. 614.
(12) Cfr. K. Lorenz, op. cit., p. 64.
(13) Cfr. ibidem.
(14) Cfr. I. Eibl-Eibesfeldt, I fondamenti dell’etologia, il comportamento degli animali e dell’uomo, cit., p. 247; e Idem, Amore e odio. Per una storia naturale dei comportamenti elementari, trad. it., Adelphi, Milano 1996, p. 46.
(15) Cfr. Isabella Lattes Coifmann, L’amore? Gli animali lo fanno così, Rizzoli, Milano 1995, p. 8; e I. Eibl-Eibesfeldt, I fondamenti dell’etologia, il comportamento degli animali e dell’uomo, cit., pp. 242-243.
(16) Cfr. I. Lattes Coifmann, op. cit., p. 236.
(17) Cfr. I. Eibl-Eibesfeldt, Amore e odio. Per una storia naturale dei comportamenti elementari, cit., pp. 43 e 123 in nota.
(18) Cfr. K. Lorenz, L’ostilità tra generazioni e le sue probabili cause etologiche, in Idem, op. cit., pp. 175-212 (pp. 183-184).
(19) Cfr. san Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, Ia, q. 48; e Idem,Commentum in Libros Sententiarum magistri Petri Lombardi, I, d. 44. q. 1, a. 2, ad 5.
(20) Cfr. Rom. 8, 19-22.
(21) Cfr. Roberta Dabbene, La terapia riparativa dell’omosessualità maschile, in Studi Cattolici. Mensile di studi e di attualità, anno XLIII, n. 463, Milano settembre 1999, pp. 626-630 (p. 627), che espone e sintetizza Joseph Nicolosi, Reparative Therapy of Male Homosexuality, A New Clinical Approach, Jason Aronson, Northvale (New Jersey)-Londra 1991.
(22) Cfr. G. J. M. van den Aardweg, Omosessualità & speranza. Terapia & guarigione nell’esperienza di uno psicologo, cit., pp. 55-116; Idem, Omosessualità: verso la liberazione, cit., pp. 810-811; Idem,L’omosessualità si può curare?, cit., pp. 41-42; Idem, “Matrimonio” omosessuale & affidamento a omosessuali, cit., p. 508; G. Cesari, op. cit., pp. 44-52; B. Kiely S.J., La cura pastorale delle persone omosessuali. Nota psicologica, cit., n. 2, 3, 4, pp. 52-55, e n. 6, pp. 56-57; R. Dabbene, art. cit.; e Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali, del 1°-10-1986, n. 7, in Eadem, Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali (1° ottobre 1986). Testo e commenti, cit., pp. 14-41 (pp. 24-25).
(23) Cfr. san Tommaso d’Aquino, Commentum in Libros Sententiarum magistri Petri Lombardi, II, d. 4, q. 1, a. 1; e Idem, Summa Theologiae, Ia-IIae, q. 3, a. 4.
(24) Cfr. G. Cesari, op. cit., pp. 27, 37, 49, 50.
(25) Ibid., p. 48.
(26) APA. American Psychiatric Association, Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 3a ed., Washington D.C. 1980, pp. 281-282.
(27) Cfr. B. Kiely S.J., La cura pastorale delle persone omosessuali. Nota psicologica, cit., n. 1, pp. 50-52.
(28) Cfr. G. J. M. van den Aardweg, “Matrimonio” omosessuale & affidamento a omosessuali, cit., p. 507.
(29) Cfr. Herbert Marcuse, L’uomo a una dimensione. L’ideologia della società industriale avanzata, trad. it., con introduzione di Luciano Gallino, Einaudi, Torino 1999, pp. 53-54.
(30) Cfr. Rollo May, L’arte del counseling. Il consiglio, la guida, la supervisione, trad. it., Astrolabio-Ubaldini, Roma 1991, pp. 98-102.
(31) Cfr. Jack Morin, Il piacere negato. Fisiologia del rapporto anale. Manuale per uomini e donne, trad. it., Editori Riuniti, Roma 1994, pp. 111-112.
(32) Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, cit., nn. 3 e 11, pp. 18-19 e 28-31.
(33) Cfr. R. Dabbene, art. cit., p. 629.
(34) Cfr. ibidem.
(35) Cfr. ibid., pp. 628- 629; e G. J. M. van den Aardweg,L’omosessualità si può curare?, cit., p. 43.
(36) Cfr. R. Dabbene, art. cit., pp. 628- 629; e G. J. M. van den Aardweg, L’omosessualità si può curare?, cit., p. 43.
(37) Cfr. G. J. M. van den Aardweg, L’omosessualità si può curare?, cit., p. 43; e Idem, Omosessualità & speranza. Terapia & guarigione nell’esperienza di uno psicologo, cit., pp. 80-83.
(38) Cfr. Vittorino Andreoli, E vivremo per sempre liberi dall’ansia, intervista a cura di Marina Terragni, Rizzoli, Milano 1997, pp. 85-90 e 98.
(39) G. J. M. van den Aardweg, Omosessualità & speranza. Terapia & guarigione nell’esperienza di uno psicologo, cit., p. 50.
(40) Cfr. Simona Argentieri, La sessualità, in Stefania Rossini (a cura di), Dieci psicanalisti spiegano i temi centrali della vita, Rizzoli, Milano 1987, pp. 113-123; Marc Bourgeois, Psicologia sessuale dell’adolescente, in Robert Volcher (diretto da), Dizionario di sessuologia, ed. it. a cura di Mario V. Rossi, Cittadella, Assisi (Perugia) 1975, pp. 270-286; Charles Jamont, I problemi sessuali dell’adolescenza, in Andre Willy e Idem (a cura di), Enciclopedia della sessualità, nuova edizione con XVIII tavole fuori testo, trad. it., 3a ed. riveduta e aggiornata, Borla, Bologna 1974, pp. 217-226; E. Thompson, La sessualità del bambino, ibid., pp. 165-170; e G. J. M. van den Aardweg, Omosessualità & speranza. Terapia & guarigione nell’esperienza di uno psicologo, cit., pp. 49-51.
(41) Cfr. <http://couragerc.net/>, visitato l’11-11-2002.
(42) Cfr. <http://www.exodusintl.org/>, visitato l’11-11-2002.
(43) Cfr. G. J. M. van den Aardweg, Omosessualità: verso la liberazione, cit., p. 812; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2358; Congregazione per la Dottrina della Fede, Alcune considerazioni concernenti la risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali, trad. it., in Eadem, Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali (1° ottobre 1986). Testo e commenti, cit., pp. 83-88, soprattutto nn. 7, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15 e 16; e Gino Concetti O.F.M., Diritti degli Omosessuali, Piemme, Casale Monferrato (Alessandria) 1997, p. 42.
(44) Cfr. Max mon amour (Francia, 1986). Regista: Nagisa Ôshima. Interpreti principali: Charlotte Rampling, Anthony Higgins, Diana Quick, Milena Vukotic; sull’uscita in Italia, cfr. Valerio Cappelli, La Rampling fidanzata con lo scimpanzé, in Corriere della Sera, 5-4-1987.
(45) Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Alcune considerazioni concernenti la risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali, cit., nn. 6, 7, 9, 14, 15 e 16, pp. 85-88; e G. Concetti O.F.M., op. cit., pp. 50 e 73.
(46) Cfr. G. J. M. van den Aardweg, “Matrimonio” omosessuale & affidamento a omosessuali, cit., p. 500.
(47) Cfr. ibid., p. 501.
(48) Cfr. ibidem, che rimanda ad A. P. Bell e M. S. Weinberg,Homosexualities: A study of diversity among men and women, Simon & Schuster, New York 1978; P. Cameron e altri, The longevity of homosexuals: before and after the Aids epidemic, in Omega. Journal of Death and Dying, anno 29, n. 3, 1994, pp. 249-272; e H. Hendin,Suicide in America, Norton, New York 1995.
(49) Cfr. G. J. M. van den Aardweg, “Matrimonio” omosessuale & affidamento a omosessuali, p. 504, che rimanda a P. Cameron e K. Cameron, Homosexual parents, in Adolescence, anno 31, n. 124, 1996, pp. 757-776.
(50) Cfr. G. J. M. van den Aardweg, “Matrimonio” omosessuale & affidamento a omosessuali, p. 504, che rimanda anche ad A. P. Bell e M. S. Weinberg, Homosexualities: A study of diversity among men and women, cit.
(51) Cfr. G. J. M. van den Aardweg, “Matrimonio” omosessuale & affidamento a omosessuali, p. 504, pp. 506-507.
(52) Cfr. ibid., p. 499.
(53) Cfr. ibidem.
(54) Cfr. don Michel Schooyans, Nuovo disordine mondiale. La grande trappola per ridurre il numero dei commensali alla tavola dell’umanità, trad. it., con prefazione del Card. J. Ratzinger, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2000, pp. 32-34.
(55) Cfr. ibid., pp. 94-95.
(56) Cfr. G. J. M. van den Aardweg, “Matrimonio” omosessuale & affidamento a omosessuali, cit., p. 506.
(57) Cfr. ibid., pp. 501, 503, 505, 507 e 508; Congregazione per la Dottrina della fede, Alcune considerazioni concernenti la risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali, cit., n. 11, p. 86; e G. Concetti O.F.M., op. cit., p. 58.
(58) Cfr. Luc Montagnier, AIDS l’uomo contro il virus, la lotta alla “peste del 2000” nella cronaca dello scienziato che l’ha scoperta, con 16 tavole a colori fuori testo, trad. it., con presentazione di Fernando Aiuti, Giunti, Firenze 1995, p. 103.
(59) Cfr. ibid., p. 106.
(60) Cfr. Jérôme Lejeune, Per me non esiste, intervista a cura di Alessandro Banfi, in Il Sabato. Fatti e commenti della settimana, anno VIII, n. 40, Milano 5-10-1985, p. 4.
(61) Cfr. Antonio G. Spagnolo, AIDS: e se partissimo dalla verità scientifica?, in Avvenire, Milano 2-11-1989, che fa stato del Journal of Immune Deficiency Syndromes, n. 4, New York 1989, pp. 404-409.
(62) Cfr. A. G. Spagnolo, art. cit.
(63) Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Alcune considerazioni concernenti la risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali, cit., n. 11, p. 86.
(64) Cfr. G. J. M. van den Aardweg, Omosessualità & speranza. Terapia & guarigione nell’esperienza di uno psicologo, cit., pp. 140-152.
(65) Cfr. William Glasser, Terapia della realtà, trad. it., Astrolabio-Ubaldini, Roma 1971, pp. 24-27.
(66) Cfr. Albert Görres, Il male e il superamento del male nella psicoterapia e nel cristianesimo, in Idem e Karl Rahner S.J. (1904-1984), Il Male. Le risposte della psicoterapia e del cristianesimo, trad. it., Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (Milano) 1986, pp. 11-219 (pp. 16-17).
(67) Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, cit., soprattutto nn. 2, 3, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 15, 16 e 17, pp. 16-39; Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2357, 2358 e 2359; G. Concetti O.F.M., op. cit.; e mons. Dionigi Tettamanzi et alii, Antropologia cristiana e omosessualità, con presentazione di Giuseppe Dalla Torre, Quaderni de “L’Osservatore Romano”, Città del Vaticano 1997, soprattutto B. Kiely S.J., Gli antecedenti dell’omosessualità: scienza e valutazione morale, ibid., pp. 97-102.
(68) Cfr. Sergio Musitelli, Maurizio Bossi e Remigio Allegri, Storia dei costumi sessuali in Occidente. Dalla preistoria ai nostri giorni, Rusconi, Santarcangelo di Romagna (Rimini) 1999, pp. 84-85; cfr. pure Platone, Simposio, VIII, 192 A, con testo greco a fronte, introduzione, traduzione, note e apparati di Giovanni Reale, e appendice bibliografica di Enrico Peroli, Bompiani, Milano 2000, p. 91, dove si parla di “impudenza”.
(69) S. Musitelli, M. Bossi e R. Allegri, op. cit., p. 85.
(70) Cfr. V. Andreoli, Dalla parte dei bambini, per difendere i nostri figli dalla violenza, Rizzoli, Milano 1999, pp. 20-21; e Roger Bastide, Comportamento sessuale e religione, in Robert Volcher (diretto da), Dizionario di sessuologia, cit., pp. 616-628 (pp. 618-619).
(71) Cfr. Roger-Marie Palem, Omosessualità maschile e femminile, in R. Volcher (diretto da), Dizionario di sessuologia, cit., pp. 461-478 (p. 468).
(72) Cfr. Angelo Di Berardino O.S.A., L’omosessualità nell’antichità classica, in mons. D. Tettamanzi et alii, op. cit., pp. 17-24.
(73) Cfr. Jean de Fraine S.J. (1914-1966) e Albert Vanhoye S.J., voce Cuore, in Xavier Léon-Dufour S.J. et alii (sotto la direzione di), Dizionario di Teologia Biblica, trad. it., Marietti, Genova 2002, pp. 242-246 (pp. 242-243).
(74) Cfr. Giovanni Paolo II, Enciclica “Fides et ratio” circa i rapporti tra fede e ragione, del 14-9-1998, nn. 16, 45 e 46.
(75) Cfr. Idem, Esortazione Apostolica Post-Sinodale “Pastores dabo vobis” circa la formazione dei Sacerdoti nelle circostanze attuali, del 25-3-1992, n. 29.
(76) Gabriele D’Annunzio, L’Imagine, in Idem, Tutte le opere, vol. II, Femmine e muse, Mondadori, Verona 1929, p. 61.
(77) Cfr. don Joseph Nuttin, Psicanalisi e personalità, trad. it., San Paolo, Roma 1984, pp. 85-87.
(78) Ibid., p. 312.
(79) Monsignor Joan Baptista Torelló, dell’Opus Dei, Dalle Mura di Gerico. Temi di psicologia spirituale, trad. it., Ares, Milano 1987, pp. 116-117