di Michelangelo Longo
Per uno strano gioco di parole, il nome di un soldato di professione, che prestò i propri servigi soprattutto in Lombardia, Jacques II de Chabannes de La Palice, modernizzato in Lapalisse (1470-1525), diventa sinonimo di ovvietà, di un ovvio talmente ovvio che non ha bisogno di dimostrazioni. L’epitaffio del nostro soldato recita «Se non fosse morto, sarebbe ancora in vita».
Nell’epoca moderna e post-moderna, il veleno delle ideologie prima e del relativismo poi ha intossicato generazioni intere, di adulti e soprattutto di giovani che, ardenti di sacra passione per la vita, per un mondo migliore, si sono lasciati affascinare da parole d’ordine ideologiche o da sogni irrealizzabili.
Giovanni Cantoni ha diffuso l’antidoto a questa bolgia di verità parziali capaci però purtroppo di infiammare i cuori. Monsieur de Lapalisse forniva ai propri uditori la chiave per disintossicarsi. La realtà è spesso ovvia, è evidente: condirla con fughe oniriche ed elucubrazioni pseudofilosofiche fa perdere di vista la vita così come essa è.
Più che il sacrificio, l’ascesi e la dottrina, sempre presenti negli interventi di Cantoni, è questo suo continuo ritorno al reale che si fa duro, che non rende la pillola meno amara, ma drammaticamente vera. La soluzione facile, perché non si confronta con “lo stato delle cose”, può scaldare per qualche ora i cuori, ma lascia l’amaro in bocca.
Monsieur de Lapalisse, da rude soldato qual era, tirava il fendente subito, sul campo di battaglia, senza indugi. È doloroso, ma è tremendamente liberatorio. È così che Cantoni ha disintossicato i propri amici, tirando fendenti lapalissiani che riportano sì a terra, ma che soprattutto pongono nella giusta prospettiva, permettendo di volare alto perché hanno finalmente mollato la zavorra di illusioni false e di ideologie pindariche che frenano.