Giovanni Cantoni per Alleanza Cattolica, Cristianità n. 49 (1979)
La inammissibile permanenza e la tragica «produttività» della infame «legge» abortista. Perdurante e colpevole inerzia degli organismi cattolici ufficiali e ufficiosi. Invito ai vescovi a farsi solleciti assertori e propugnatori del referendum abrogativo. L’impegno di Alleanza Cattolica.
Appello ai vescovi d’Italia
Per il referendum antiabortista
Eccellenza reverendissima,
l’urgenza del problema su cui ci permettiamo di attirare la Vostra attenzione, ci spinge a rivolgerci con filiale deferenza a tutti i presuli che presiedono alle diocesi d’Italia, perché in modo adeguato e sollecitamente si faccia fronte alla drammatica situazione che può essere così descritta:
1. In Italia, dal 22 maggio 1978, vige la «legge» n. 194 che «legittima» la pratica dell’omicidio-aborto. Già dai soli dati statistici fino a oggi emersi, si è autorizzati a parlare – come peraltro era tragicamente prevedibile – di una autentica strage, le cui proporzioni sono in costante aumento.
2. L’Italia è uno dei pochissimi paesi in cui esiste l’istituto del referendum abrogativo, ossia la possibilità, giuridicamente prevista e disciplinata, di abrogare, nel caso concreto, le norme abortiste della «legge» n. 194.
3. Fino a oggi, a ormai dieci mesi dalla entrata in vigore della legge n. 194, l’atto lecito ed elementare – autorizzato dallo stesso ordinamento giuridico – costituito dal valersi di tale istituto, inspiegabilmente non è ancora stato compiuto da nessuna di quelle forze cattoliche, ufficiali o ufficiose, dalle quali era pure legittimo non solo attenderlo, ma pretenderlo, stante la chiarezza della dottrina in proposito e la conseguente doverosità dell’atto.
4. In relazione alla legge abortista, il Partito Radicale, in data 4 gennaio 1979, ha depositato presso la Corte di Cassazione iniziativa di referendum abrogativo parziale, e si prepara a dare inizio, a giorni, alla raccolta delle firme necessarie ad appoggiare tale richiesta di referendum. La richiesta radicale mira ad abrogare, della «legge» n. 194, ogni pure lieve e pure apparente restrizione alla pratica dell’omicidio-aborto.
5. Stando così le cose, a più titoli la drammaticità della situazione si va di giorno in giorno aggravando.
In primo luogo e in genere, perché il protrarsi di una situazione che non vede nessuna forza cattolica procedere alla abrogazione delle norme abortiste, consente il progressivo radicarsi e la progressiva accettazione – nel costume, nella mentalità e nella pratica – dell’omicidio-aborto.
In secondo luogo, perché l’eventuale referendum radicale pone i cattolici nel vicolo cieco di dovere scegliere, domani, tra la liberalizzazione radicale dell’aborto da un lato, e, dall’altro, la difesa e la conferma della «legge» abortista attuale.
In terzo luogo, anche la sconfitta, in sede di votazione, della proposta radicale (come anche un fallimento del referendum radicale dovuto a una – pure difficilmente organizzabile – astensione massiccia dei cattolici dal voto), andrebbe a costituire oggettiva protezione e oggettivo sostegno della vigente, iniqua normativa che, per legge, non potrà essere oggetto di nuova richiesta di abrogazione da parte cattolica per i cinque anni successivi. Ossia, tenuto conto del fatto che il referendum radicale si terrà al più presto nel 1980, i cattolici non potrebbero proporre referendum, nel migliore dei casi, prima del 1986, con possibile svolgimento solo nel 1987. Quindi, anche senza tenere conto di prevedibili, ulteriori dilazioni, almeno fine a tale data sarà «garantita» la vigenza dell’attuale, iniqua normativa.
Crediamo che la semplice esposizione di tali elementi – di fatto, non opinabili – costituisca fondamento sufficiente per l’appello che qui rivolgiamo.
Non è chi non veda in quale drammatica e inaccettabile alternativa verranno entro breve tempo a trovarsi i cattolici italiani, qualora non si provveda in modo adeguato e con la maggiore sollecitudine.
E impossibile, infatti, non rendersi conto della confusione terribile, del disorientamento e della umiliazione che conseguiranno alla situazione descritta.
Confusione: come giustificheranno a sé stessi i cattolici – e come giustificare ai cattolici – il fatto di trovarsi, impotenti, in tale situazione senza via di uscita?
Disorientamento : a quali ipotetiche direttive attenersi in tale situazione? E da parte dell’autorità, quali direttive ormai dare, quando invece si sarebbe potuto facilmente evitare, a tempo debito, di trovarsi prigionieri in tale vicolo cieco?
Umiliazione: come spiegare ai cattolici la ineluttabilità di dovere sopportare l’enorme ingiustizia e l’evidente danno – la permanenza della «legge» iniqua, e la sua non abrogabilità fino al 1987 -, e insieme la beffa tragica costituita dall’essere costretti, di fatto, a divenire eventualmente difensori della iniqua «legge» abortista, per non averla combattuta in tempo? Come spiegare domani di avere bene operato oggi, trascurando di compiere a tempo ciò che con ogni evidenza le forze cattoliche, se bene dirette, avrebbero potuto fare: raccogliere facilmente le firme necessarie e svolgere efficacemente una concreta campagna di opinione per giungere alla abrogazione delle norme abortiste? Come evitare ai cattolici italiani la conseguente e gravissima demoralizzazione, dovuta a una inspiegabile inerzia e a una inammissibile paralisi delle loro forze, ancora così rilevanti nel nostro paese?
Questi inquietanti interrogativi, che con ogni evidenza non ci concernono unicamente come singoli, abbiamo ritenuto e riteniamo lecito e doveroso parteciparli ai nostri presuli: il tempo utile, infatti, si restringe di giorno in giorno: ma è ancora possibile fare qualcosa perché, anzitutto, si dia inizio alla procedura per l’abrogazione della iniqua normativa abortista, e perché, quindi, si aggiunga almeno una terza ipotesi (abrogare, della «legge» n. 194, se non altro tutte le parti direttamente contrastanti con i principi del diritto naturale), la sola accettabile, anche se incompleta, che si affianchi alle due, inaccettabili, che la situazione attuale ci prepara.
Ci chiediamo: perché tanto lungamente tardano le forze cattoliche – che godono di ufficiale e gerarchico patronato o di ufficioso e notorio avallo – a compiere la azione che è tanto evidentemente doverosa e urgente?
Domandiamo, dunque, accoratamente e filialmente ai vescovi d’Italia di farsi, in qualsiasi modo adeguato, i più solleciti assertori e promotori di tale azione, da svolgersi a opera di forze – e non possiamo immaginare che manchino – di loro gradimento e in cui possano riporre fondatamente la loro fiducia.
Per parte nostra – libero raggruppamento civico-culturale, presente in numerose diocesi d’Italia, che della dottrina sociale della Chiesa fa il criterio della propria azione – qualora non dovessero darsi segni pubblici di concreta, puntuale e sollecita volontà referendaria antiabortista – segni e avvii concreti, che l’urgenza della situazione e i tempi tecnici a essa collegati non permettono, ormai, di differire oltre i primissimi giorni di aprile 1979 – siamo moralmente certi di dovere procedere, dopo avere reso pubblico l’attuale appello, che facciamo doverosamente pervenire anche a S.S. Giovanni Paolo II, a quella deposizione di iniziativa di referendum che ben altre forze dovrebbero promuovere.
Con la viva speranza di non dover essere noi, con le nostre esigue forze, a farci promotori dell’azione di cui desideriamo essere solamente collaboratori come fedeli tra i fedeli, ci permettiamo di allegare a questo nostro appello la memoria giuridica ai cui criteri ci atterremo per la richiesta di referendum, a meno che il nostro appello non sia reso inutile, così come ci auguriamo di tutto cuore, da tempestivi e ben più autorevoli interventi.
Con la espressione di filiale ossequio e devozione.
In Jesu et Maria
per ALLEANZA CATTOLICA
Giovanni Cantoni
Piacenza, 15 marzo 1979
Festa di san Clemente Maria Hofbauer