Alcune riflessioni sui veri motivi che hanno spinto ad attaccare il Manuale di bioetica del card. Elio Sgreccia
di Chiara Mantovani
Ecco, ci siamo. Non era difficile immaginarlo, anzi è stato facile prevederlo, ma adesso che è accaduto lo sdegno non è minore. Accusare la verità di mentire, per imporre la dittatura del pensiero unico, è un’attitudine consueta dei regimi. Così qualcuno si è accorto che, nonostante l’impegno profuso per nascondere sotto il tenue paravento dell’antidiscriminazione ogni antropologia dell’evidenza, c’è ancora chi insegna che il luogo degno per far nascere i bambini è l’abbraccio di un papà e di una mamma, che abortire un soggetto di specie umana non è un diritto ma un sopruso, che i medici hanno il dovere di non compiere meccanicamente atti contrari alla loro scienza e coscienza anche se imposti. Tutto ciò deve risultare insopportabile, se si coglie ogni pretesto per disprezzare un caposaldo della bioetica con tutti gli stereotipi del più scatenato Voltaire: calunnia, calunnia e qualcosa resterà.
Sarà bene che si sappia che con tutti quelli che si sono formati anche sulle pagine – e ancor più grazie alla persona di don Elio Sgreccia (1928-2019) – del Manuale di Bioetica, ci alzeremo in piedi e continueremo ad annunciare il diritto di parlare di cose belle e giuste. Noi, che rispettiamo la libertà persino di sbagliare, non possiamo tacere della profonda ipocrita ingiustizia di mettere il bavaglio allo studio e all’uso di ragione. Si guardi bene a dove sta la persecuzione, quando si pretende di imporre i libri di testo, le tesi da esporre, i maestri da indicare. E la si smetta di fare del vittimismo la corta coperta con cui coprire le proprie ideologie.
Bioetica non è, fin dai tempi di R. Van Potter (1911-2001) e Alasdair Mac Intyre (1929), il modo di giustificare le pratiche mediche e le decisioni politiche in materia di vita e ricerca scientifica secondo le mode del momento, bensì la ricerca appassionata della cosa appropriata alla dignità umana da fare in ogni tempo, secondo le coordinate di giustizia e di etica. Il fatto che oggi di bioetica si occupino più la biopolitica che i medici, più le correnti di pensiero che gli studiosi di medicina, filosofia e diritto non è un bel segnale. Allo studio e alla ragione si preferiscono gli interessi e i consensi.
Chi può aver paura del personalismo ontologicamente fondato? Solo chi, sapendolo vero, ha deciso di negarlo.
Giovedì, 31 dicembre 2020