Perché Cristo si è fatto crocifiggere? Per comprenderlo bisogna andare oltre gli angusti confini della logica moderna e postmoderna
di Domenico Airoma
Perché Cristo si è fatto crocifiggere? In una logica puramente umana, non c’è risposta. Era obbligato a farlo? Doveva espiare una colpa? Nulla di tutto questo. Guardando la croce con gli occhi del mondo, la croce è nient’altro che follia. Se però ascoltiamo la versione del diretto interessato, ci rendiamo conto che l’intera vicenda non può essere letta con la logica del mondo: «Io ho vinto il mondo», dice infatti Gesù ai suoi discepoli. La logica della croce è quella della gratuità, del sacrificio fatto per amore. Nulla di più lontano dalla mentalità del mondo; soprattutto di questo mondo.
Ma è proprio vero che la gratuità è del tutto estranea al nostro modo di essere? Non è vero, piuttosto, che spesso ne sperimentiamo gli effetti, soprattutto nei momenti di crisi?
Proviamo ad andare un po’ più in profondità.
Se c’è una cosa su cui ancora si conviene è che la giustizia consiste nel dare a ciascuno il suo. Ed il “suo”, il “proprio”, è ciò che ci spetta, vuoi perché è il frutto del nostro lavoro, vuoi perché lo abbiamo ricevuto dai nostri padri che, a loro volta, se lo sono guadagnati con fatica. Possiamo, però, dire che tutto ciò esaurisce quello che ci spetta, il proprio di ciascuno? Certamente no! Tutti insorgerebbero e reclamerebbero il rispetto di diritti fondamentali della persona, quali, ad esempio, la vita e la libertà. E qui viene il bello; e non è un modo di dire. Come ci siamo guadagnati la vita o la libertà? Dove le abbiamo acquistate? Dove sta scritto che sono diritti che ci spettano? Eppure nessuno osa mettere in discussione che negare questi diritti significa negare la stessa umanità, la stessa dignità dell’uomo.
C’è una sola risposta possibile.
Poiché non ci siamo fatti da soli, significa che siamo stati fatti così. Significa che Qualcuno, cioè Dio, ci ha fatto in questo modo, ci ha chiamati alla vita e ci ha voluti liberi. Era forse obbligato questo Dio a crearci? Ed a crearci così, a sua immagine e somiglianza? Doveva pagare un debito? Aveva preso un impegno? Nulla di tutto questo: lo ha fatto per amore. Solo per amore. E qui riprendiamo la questione della gratuità.
Se questo è il modo di essere di Dio e se noi siamo stati fatti a Sua immagine, non c’è scampo: la gratuità è scritta nel nostro cuore. Allora non ci basta più la giustizia, abbiamo bisogno di dare al nostro prossimo qualcosa di più di quanto gli spetta secondo la logica del mondo. Questo è quanto, del resto, accade tutte le volte in cui le circostanze richiedono il superamento dei rigidi confini delle norme e dei protocolli, tutte le volte nelle quali assistiamo a chi sacrifica la sua stessa vita per aiutare chi è nel bisogno, anche se non c’è una norma che glielo impone, un pregresso debito da soddisfare.
Ma se così stanno le cose, quel Dio che ci ha creato per amore non ha davvero alcun “diritto”? Una cosa è certa: mai potremo contraccambiare adeguatamente. La creatura non potrà mai esaurire il suo debito nei confronti del Creatore. Tuttavia, questo non significa che non siamo tenuti, come singoli e come comunità, a riconoscere a Dio il giusto posto nella nostra vita e nella nostra società. Che non possiamo non avvertire il bisogno di corrispondere a quell’atto d’amore; e farlo senza misura perché misura non c’è. Capisco che non c’è discorso più lontano dal modo di pensare oggi dominante, che è quello sui diritti di Dio. Anche se è innegabile che un’intera epoca, la cosiddetta modernità, ed ancor più la post-modernità, fondata proprio sulla negazione dei diritti di Dio, sono periodi che più di ogni altro hanno calpestato i diritti degli uomini, naufragati nel mare perennemente agitato dalla tempesta di individualismi senza limiti, di un “io” fattosi Dio.
Se si guarda, però, la croce e ci si chiede il perché di quel sacrificio, con la ragione ma soprattutto col cuore, emerge evidente quanto sia vacua e falsa la logica di questo mondo. Quanto sia incommensurabile l’amore di Chi si è fatto mettere in croce e quanto deve essere importante l’uomo, ogni uomo, quorum ego, se vale un gesto così enorme.
Se si guarda alla croce e, soprattutto, ci si sofferma sulla risposta, forse incominciamo a comprendere davvero che quella è “la” risposta all’inquietudine che travaglia quest’epoca vuota. Che per quanto possano essere vagheggiati utopisticamente “mondi nuovi”, siamo stati fatti per qualcos’altro, per cieli nuovi e terre nuove dove c’è un posto preparato anche per noi proprio da Colui che, per assicurarcelo, non ha esitato a farsi uomo, ad affrontare la morte, e la morte di croce.
Riconoscere i diritti di Dio significa, allora, riconoscersi creature e provare a ricostruire una civiltà dell’amore, cioè una civiltà cristiana, dove a tutti sia data la possibilità di vivere hic et nunc un anticipo di eternità.
Domenica, 28 marzo 2021