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di Aleksandr Isaevič Solženicyn
Più di mezzo secolo fa, quando ero ancora bambino, ricordo persone anziane che spiegavano così i grandi sconvolgimenti che avevano colpito la Russia: «La gente ha dimenticato Dio, ecco perché è successo tutto questo».
Da allora ho dedicato allo studio della nostra Rivoluzione quasi cinquant’anni, ho letto centinaia di libri, ho raccolto centinaia di testimonianze personali e ho completato la stesura di otto volumi, il mio personale contributo per sgomberare le macerie causate da quel cataclisma. Eppure, se oggi mi si chiedesse di definire nel modo più succinto possibile le cause di quella funesta rivoluzione che ha sterminato circa 60 milioni di persone nel nostro Paese, non riuscirei a trovare la formula più esatta di quella: «La gente ha dimenticato Dio, ecco perché è successo tutto questo».
Va anche detto, tuttavia, che gli eventi della rivoluzione russa possono essere pienamente compresi solo ora, alla fine di questo nostro secolo, sullo sfondo di quanto è successo da allora nel resto del mondo. Perché ciò che qui è emerso è un processo di portata universale. E se mi si chiedesse di identificare in poche battute il tratto principale dell’intero secolo XX, di nuovo non sarei in grado di trovare una frase più concisa e puntuale di quella: «La gente ha dimenticato Dio».
La fragilità della coscienza umana privata della sua dimensione divina è stata un fattore determinante in tutti i più grandi crimini di questo secolo. Il primo di questi delitti è stato la Prima guerra mondiale, cui si possono far risalire molti aspetti dell’attuale crisi. È stata una guerra […] in cui un’Europa prospera e in salute cadde vittima di una follia autolesionistica. La sola spiegazione possibile per quella guerra fu l’eclisse mentale che riuscì a ottenebrare i governanti europei, avendo questi smarrito la consapevolezza di un Potere a loro superiore: […]
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Bisognava davvero che andasse smarrita la componente divina della nostra coscienza per far sì che l’Occidente, dopo la Prima guerra mondiale, rimanesse indifferente al lungo strazio della Russia dilaniata da una banda di cannibali e, dopo la Seconda guerra mondiale, allo smembramento di tutto l’Est europeo. Nessuno aveva capito che si era agli inizi di un processo che, nel corso dei secoli, condurrà alla fine del nostro mondo, anzi l’Occidente ha assecondato questo processo in vari modi. Nel corso di questo secolo l’Occidente è riuscito a radunare le proprie forze solo una volta: contro [Adolf] Hitler [1889-1945]. Ma i frutti di quel momento si sono perduti da tempo. In questo nostro secolo ateo abbiamo trovato l’anestetico che aiuta a trattare con i cannibali: il commercio. Con i cannibali si stabiliscono rapporti commerciali. Il monte dell’odierna saggezza è davvero di dimensioni patetiche.
Stiamo assistendo alla distruzione del mondo, talvolta alla sua volontaria autodistruzione. L’intero secolo XX è risucchiato nel vortice dell’ateismo e della disintegrazione morale. […] . L’odierna Europa, così differente a prima vista dalla Russia del 1913, si trova di fronte allo stesso baratro, anche se vi è giunta per vie diverse. Ogni parte del mondo ha seguito la propria via, ma oggi si avvicinano tutte alla soglia di un’unica fine, la stessa per tutti.
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Nella sua storia, la Russia ha conosciuto un tempo nel quale l’ideale sociale non era la fama, una ricchezza o il successo materiale, ma la santità nel vivere. Allora la Russia era imbevuta di un cristianesimo rimasto fedele alla Chiesa dei primi secoli. […] Con l’«illuminismo» sbilenco di Pietro, la Russia cominciò a respirare i primi miasmi di laicismo. Il suo sottile veleno avrebbe permeato gli ambienti colti nell’Ottocento e aperto la strada al marxismo. Alla vigilia della Rivoluzione una buona parte dell’intelligencija aveva perduto la fede, incrinatasi anche fra la gente semplice.
Ancora una volta, fu Dostoevskij a cogliere la lezione fornitagli dalla Rivoluzione francese, con il suo odio fervente contro la Chiesa: «La Rivoluzione comincia necessariamente con l’ateismo». Ed è assolutamente vero. Ma il mondo non aveva mai conosciuto prima un ateismo così organizzato, militarizzato e tenacemente malevolo come quello attuato dal marxismo. Nel sistema filosofico di Marx [Karl, 1818-1883] e Lenin [pseudonimo di Vladimir Il’ič Ul’janov, 1870-1924] – così come nell’intimo della loro psicologia – l’odio contro Dio è la principale forza motrice, più importante di qualunque rivendicazione politica o sociale. Nelle politiche comuniste, l’ateismo militante non è un dettaglio secondario o marginale, non è un effetto collaterale ma il suo perno centrale. […]
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È accaduto tuttavia qualcosa che nessuno di loro si aspettava: in una terra dove le chiese sono state rase al suolo, dove l’ateismo trionfa e infierisce senza ritegno da oltre sessant’anni, dove il clero è del tutto umiliato e privato di ogni potere decisionale, dove ciò che rimane della Chiesa è tollerato per scopi di propaganda verso l’Occidente, dove a tutt’oggi si viene mandati nei campi di lavoro solo perché credenti e dove, all’interno di quei campi, vengono rinchiusi in celle di rigore coloro che osano riunirsi in preghiera il giorno di Pasqua, ebbene non si poteva immaginare che, nonostante un tale rullo compressore, la tradizione cristiana sarebbe sopravvissuta. […]
Qui vediamo l’alba della speranza: per quanti missili il comunismo riuscirà a drizzare e per quanti carri armati disseminerà in tutto il pianeta, il comunismo non riuscirà mai a sconfiggere il cristianesimo.
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L’Occidente non ha ancora sperimentato un’invasione comunista; la religione qui è libera. Ma per l’evoluzione storica che ha subito, l’Occidente vive oggi un inaridimento della coscienza religiosa. Anche qui ci sono state drammatiche scissioni, sanguinose guerre di religione e rancori; per non parlare della forte ondata di secolarismo che, dal tardo Medio Evo in poi, ha progressivamente sommerso l’Occidente. Forse questo graduale inaridimento della forza interiore potrebbe rivelarsi per la fede una minaccia ben più pericolosa di qualsiasi attacco le giunga dall’esterno.
[…] I concetti di Bene e di Male sono irrisi da secoli, banditi dal senso comune, e sono stati rimpiazzati da riflessioni politiche o di classe dal valore effimero. Appellarsi a valori eterni è ritenuta fonte d’imbarazzo, come pure ammettere che il male si annida nei cuori dei singoli prima che in un sistema politico. Al contempo non ci si vergogna di fare concessioni quotidiane a una manifestazione del male assoluto. Frana dopo frana, sotto gli occhi della nostra sola generazione, l’Occidente sembra ineluttabilmente destinato a scivolare nell’abisso. Crescendo sconsideratamente le giovani generazioni nell’ateismo, le società occidentali stanno perdendo sempre più la propria essenza religiosa. […]
L’incitamento instancabile all’odio sta diventando il segno distintivo del mondo libero di oggi. […] L’odio deliberatamente nutrito si estende a tutto ciò che è vivente, alla vita stessa, al mondo con i suoi suoni, colori e forme, e al corpo umano. L’arte incattivita del secolo XX sta morendo avvelenata da questo odio, perché l’arte senza l’amore è sterile. Nell’Est l’arte è decaduta perché è stata buttata al tappeto e calpestata. In Occidente, invece, il declino si è tradotto in una ricerca artefatta e pretenziosa, dove l’artista non cerca più di scoprire il disegno di Dio, ma anzi a Dio vuole sostituirsi.
Ancora una volta assistiamo all’unico esito di un processo che avviene al livello mondiale. A Est e a Ovest i risultati sono gli stessi, perché la causa è la stessa: gli uomini hanno dimenticato Dio.
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Dinanzi al furioso assalto a livello mondiale dell’ateismo, i credenti sono divisi e, spesso, smarriti. […] Ma a che serve parlare delle divisioni delle altre religioni se lo stesso cristianesimo è così diviso al suo interno? […]
Esiste, in effetti, un movimento organizzato che punta alla riunificazione delle Chiese, ma è un quadro che presenta delle stranezze. Il World Council of Churches sembra più interessato al successo dei movimenti rivoluzionari nel Terzo mondo; nel contempo rimane cieco e sordo dinanzi alle persecuzioni dei credenti là dove queste vengono messe in atto più sistematicamente, cioè in Unione Sovietica. […]
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Dinanzi agli eventi globali che incombono su di noi come montagne, anzi come intere catene montuose – può sembrare incongruo e addirittura sconveniente ricordare che la chiave del nostro essere o non-essere risiede nel cuore di ogni singola persona, nella preferenza del cuore per il bene o per il male concreto. […] Ogni tentativo di trovare una via d’uscita alla situazione del mondo attuale sarà infruttuoso senza un ritorno contrito della nostra coscienza al Creatore di ogni cosa, perché in quel caso nessuna via d’uscita verrà lumeggiata e noi la cercheremo invano, perché i mezzi di cui ci serviamo sono troppo miseri rispetto allo scopo. […]
Chiediamoci se gli ideali del nostro secolo non siano falsi, se non sia altrettanto malsano il lessico frivolo e modaiolo che offre un rimedio superficiale a ogni difficoltà. […]
Il senso della vita non consiste nel perseguimento del successo materiale, ma nell’aspirazione a una degna ascesa spirituale. La nostra intera esistenza terrena non è che lo stato transitorio di un moto verso qualcosa di più alto, e non dobbiamo né inciampare né indugiare senza ragione su un gradino intermedio della scala. […]
Alle malriposte speranze degli ultimi due secoli, che ci hanno condotto all’insignificanza e sull’orlo della morte, atomica e non-atomica, noi possiamo contrapporre unicamente un’ostinata ricerca della calda mano di Dio. Una mano che abbiamo respinto con tanta leggerezza e presunzione. Solo in questo modo i nostri occhi coglieranno gli errori di questo sfortunato secolo XX e le nostre mani potranno adoperarsi per correggerli. Null’altro abbiamo cui afferrarci per non essere travolti dalla frana: l’intera eredità del pensiero illuminista non ci darà neanche un briciolo d’aiuto.
I nostri cinque continenti sono travolti dal turbine. Ma è in simili prove che si manifestano i doni più alti dello spirito umano. Se soccombiamo, perdendo questo mondo, la colpa sarà solo nostra.
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