40 anni fa, la prima Messa per la Patria di padre Jerzy Popieluszko
di Wlodzimierz Redzioch
Il primo pellegrinaggio di Giovanni Paolo II nella sua patria, nel 1979, risvegliò la società polacca, oppressa dal 1945 dal regime comunista. In poco tempo è nato in Polonia il primo sindacato libero del blocco comunista, “Solidarność”, a cui aderirono dieci milioni di polacchi. Il regime comunista si sentiva minacciato e non voleva tollerare più la democratizzazione della società: il 13 dicembre del 1981 il gen. Jaruzelski dichiarò in Polonia lo “stato di guerra”, con l’introduzione della legge marziale. Cominciarono le persecuzioni e gli arresti degli attivisti del sindacato Solidarność e della società civile: il regime comunista dichiarò la guerra alla propria nazione. In quel periodo buio la Chiesa polacca rimaneva a fianco della gente, organizzando gli aiuti materiali alla popolazione, sostenendo in ogni modo le famiglie dei carcerati e degli internati, ma prima di tutto dando alle persone un grande aiuto spirituale e psicologico.
Tra gli eroici sacerdoti polacchi c’era un giovane prete, padre Jerzy Popiełuszko, residente nella parrocchia di San Stanislao Kostka di Varsavia, nel cui territorio si trovava il grande complesso siderurgico di Huta Warszawa. Padre Popiełuszko forniva gli aiuti alle famiglie dei repressi e partecipava in tribunale alle udienze contro gli arrestati dal regime, ma prima di tutto celebrava le cosiddette «Messe per la Patria». La prima Messa fu celebrata il 28 febbraio 1982, alle ore 19.00; dall’aprile 1982 queste Messe vennero celebrate regolarmente nelle ultime domeniche del mese. L’intenzione fu sempre quella che egli espresse introducendo il primo di questi incontri eucaristici domenicali: «Ci riuniamo nel nome di Gesù Cristo. Ci riuniamo per deporre le nostre preghiere sull’altare di Cristo. Ma anche tutto quello che ci è dato di soffrire in questa prova dell’intera nazione […] Nella nostra preghiera includiamo anche tutti quelli che sono al servizio della menzogna e dell’ingiustizia». Una volta il futuro martire disse: «Non c’è bisogno di molti uomini per proclamare la verità (…) gli altri li cercano e vengono da lontano per ascoltare parole di verità, perché la nostalgia della verità è connaturata all’uomo». E la verità, disse in quel 28 febbraio 1982, è «che la vocazione alla libertà è un diritto di ogni uomo e di ogni nazione». Aveva ragione: alle sue Messe veniva tantissima gente e non soltanto da Varsavia, ma da tutta la Polonia; ad esse partecipavano fino a 15-20 mila persone. Ma va spiegata una cosa: padre Jerzy non era un attivista sociale o politico, bensì un sacerdote cattolico fedele al Vangelo. Tutto quello che proclamava faceva parte della dottrina sociale della Chiesa, degli insegnamenti di Giovanni Paolo II e del defunto primate polacco, cardinale Stefan Wyszyński. Ogni sistema totalitario si regge sulla paura e sull’intimidazione, invece padre Jerzy liberava la gente dalla paura, perciò era considerato dai comunisti un nemico mortale. Per lo stesso motivo anche Giovanni Paolo II, che gridava «non abbiate paura», era percepito da tutti i dittatori come un nemico. Padre Popiełuszko, da un lato, smascherava tutta la falsità e l’ipocrisia del sistema comunista, dall’altro indicava ai cristiani come affrontare il totalitarismo: «Combatti il male con il bene».
Per i servizi segreti comunisti le “Messe per la Patria”, che erano un simbolo e una manifestazione di libertà, divennero sale negli occhi, perciò padre Popiełuszko era sorvegliato continuamente dagli agenti. Il regime tentava di fermarlo organizzando campagne mediatiche per screditarlo, per intimidirlo. Venne minacciato di morte. Ma, nonostante la crescente repressione dei servizi di sicurezza, il sacerdote mai interruppe le celebrazioni di quelle Messe.
Purtroppo, la lotta del regime comunista contro la Chiesa polacca prevedeva anche l’eliminazione fisica dei sacerdoti. Nel settembre del 1984 i capi dei servizi segreti polacchi presero la decisione di risolvere definitivamente il “caso Popiełuszko”. Il primo attentato, compiuto il 13 ottobre durante il viaggio del sacerdote da Danzica a Varsavia, non riuscì. Ci riprovarono il 19 ottobre, quando padre Jerzy tornava dalla città di Torun. Il sacerdote fu rapito, torturato e buttato nella Vistola con un sacco di pietre legato al corpo. Gli assassini – Piotrowski, Chmielewski, Pękala – facevano parte dei reparti speciali del Ministero degli Interni.
La vita e il sacrificio di padre Popiełuszko sono diventati un simbolo della lotta per la verità e la dignità umana in Polonia e nel mondo. Il suo funerale – una dimostrazione senza precedenti di fede, libertà e patriottismo – è stato il più grande funerale nella storia della Polonia. Più di 23 milioni di persone hanno visitato la tomba del martire nella chiesa di San Stanislao Kostka, dove è stato allestito anche un moderno museo. Nel 2010 padre Jerzy Popiełuszko è stato beatificato durante una solenne Messa a Varsavia. Le “Messe per la Patria” vengono celebrate anche oggi l’ultima domenica del mese, nella chiesa di San Stanisław Kostka. Domenica 27 febbraio, in occasione del 40° anniversario della prima Messa per la patria di padre Jerzy, nella “sua” parrocchia, alle ore 18.00, è stata celebrata una speciale Eucaristia di ricordo. Il giorno dell’anniversario si è potuta visitare la cappella con gli oggetti legati alla morte del martire, tra cui la sua tonaca, la camicia, la croce e un distintivo con l’aquila polacca e l’effige della Madonna, che padre Jerzy portava sempre con sé. Inoltre, i testimoni della vita del beato Popiełuszko hanno fatto da guida nel Museo a lui consacrato. In Polonia il culto del beato martire del comunismo rimane sempre molto vivo e tutti aspettano la sua canonizzazione.
Martedì, primo marzo 2022