Dopo 25 anni di “regime cinese”, a Hong Kong è stata eliminata ogni forma pubblica di resistenza. Il leader cinese arriva in città per celebrarne la conquista
di Marco Invernizzi
In queste ore Xi Jinping è arrivato in visita ufficiale a Hong Kong.
Il leader cinese ha così preso possesso, ufficialmente, della città di oltre sette milioni di abitanti, centro finanziario di rilevanza mondiale, fino a 25 anni fa appartenente alla Gran Bretagna per poi diventare, dal 1997, una regione speciale amministrata dalla Cina. Quest’ultima aveva promesso un regime speciale per i successivi 50 anni, indicato dallo slogan “un Paese, due sistemi”. Poi, dopo 50 anni, la Cina avrebbe avuto via libera. Qualcuno sperava, come scrive padre Gianni Cervellera, sacerdote del Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME), in un suo saggio apparso sul sito Asia News, che il sistema Hong Kong avrebbe contagiato la Cina e non viceversa.
Non è andata così. A metà del percorso, la città è finita totalmente nelle mani della Cina, ogni forma di opposizione è stata messa a tacere, con tanti esponenti della resistenza anticinese già in galera. Se negli anni scorsi abbiamo assistito a dimostrazioni che portavano in piazza milioni di anticomunisti, oggi tutto questo non c’è più, nessuno si azzarda più a protestare per non essere processato e imprigionato. La Cina non ha voluto neppure dare dimostrazione al mondo di moderazione, di rispetto dei diritti delle persone, di difesa di libertà e democrazia, ma ha imposto con la violenza un regime poliziesco, dal 1 luglio guidato da tale John Lee, di religione cattolica, 40 anni trascorsi in polizia su 64 di vita, colui che aveva represso le manifestazioni per la libertà. Nei giorni scorsi sono arrivati ad arrestare il 91nenne cardinale Joseph Zen, forse il maggiore testimone di una resistenza morale straordinaria, che poi è stato liberato su cauzione: sono tutti segnali volti a incutere paura, a scoraggiare ogni resistenza, a piegare l’opposizione democratica e anticomunista.
Non so quanti in Europa effettivamente si rendano conto della portata, anche simbolica, di questa visita ufficiale di un dittatore alla guida di un partito ancora comunista su una città che ha perso la sua libertà: dove vuole arrivare dopo Hong Kong il leader di un’alleanza mondiale comprendente la Federazione russa e l’India, che insieme fanno il 40% della popolazione mondiale?
Oggi Hong Kong è «una città triste, depressa, impaurita e incerta», scrive padre Cervellera. Decine di migliaia dei suoi abitanti se ne sono già andati: forse questa è l’ultima forma di protesta possibile.
Ai cristiani, però, non è permesso perdere la speranza, e il missionario lo ricorda citando il vescovo della città, mons. Stephen Chow, che recentemente ha scritto «che la vita della gente e dei credenti a Hong Kong “sta diventando sempre più simile a un’esistenza tra le crepe. Un tempo godevamo di molto spazio e libertà di espressione”, ma, continua il vescovo, “la luce di Dio si trova in tutte le cose, anche nelle crepe. Quanto più dura è la condizione, tanto più resistente sarà la vita. In alcuni casi le crepe possono persino allargarsi”».
Sabato, 2 luglio 2022