Marco Invernizzi, Cristianità n. 415 (2022)
Relazione, rivista e annotata, all’incontro organizzato dall’associazione Liberi e Forti il 20-11-2021 a Bergamo, presso la comunità dei Missionari Monfortani di Villa Santa Maria.
Il contesto storico in cui hanno vissuto e operato don Luigi Sturzo (1871-1959) (1) e Stanislao Medolago Albani (1851-1921) (2) è solo parzialmente identico, essendo don Sturzo di vent’anni più giovane di Medolago. Entrambi sono diversi anche per provenienza culturale e geografica, Medolago bergamasco e don Sturzo siciliano, con quello che la differenza geografica comportava allora, nel clima ancora «caldo» dell’unificazione politica dell’Italia. Infatti, entrambi nascono nella seconda metà dell’Ottocento, quando il Risorgimento non è ancora concluso.
Due modi diversi di fronte al Risorgimento
A questo riguardo troviamo una prima differenza che caratterizzerà l’opera dei due protagonisti della storia del movimento cattolico. Entrambi sono militanti, cioè si pongono il problema di che cosa avrebbe dovuto fare un cattolico in quella drammatica situazione storica, che vedeva la Chiesa attaccata dalle forze politiche protagoniste della Rivoluzione nazionale, in particolare dal liberalismo, sia quello della cosiddetta «Destra storica» sia quello della «Sinistra»; alcuni rappresentanti di entrambi gli schieramenti, peraltro, erano massoni «praticanti» oppure aderenti alle società segrete, come la Carboneria o la non più segreta Giovane Italia di Giuseppe Mazzini (1805-1872), molto attive nel processo risorgimentale. Tuttavia, il loro modo di porsi di fronte al Risorgimento sarà diverso.
Medolago appartenne al movimento cattolico «intransigente», termine con cui si indicava chi non era disposto ad alcun tipo di accomodamento dopo la conquista militare di Roma da parte dell’esercito italiano nel 1870. Era la posizione che «indossava» il non expedit, cioè l’invito ai cattolici da parte della Santa Sede a non partecipare alle elezioni politiche nazionali per protesta, appunto, contro la violenza perpetrata con la breccia di Porta Pia. Era una posizione che non impediva la partecipazione alle elezioni amministrative — Medolago sarà per trent’anni consigliere comunale di Bergamo — ma non aveva sbocchi politici, dopo il fallimento di ogni progetto di restaurazione legittimistica in seguito alla repressione delle rivolte popolari nel Mezzogiorno d’Italia (3).
Anche don Sturzo proveniva dall’intransigentismo, ma da una intransigenza diversa da quella di Medolago: una intransigenza di tipo «democratico», che contestava l’esclusione del popolo dai processi decisionali tipica dei regimi liberali e che lo portò a organizzare in molti comuni del territorio siciliano una fitta rete di associazioni per difendere i diritti dei lavoratori sulla scia dell’enciclica Rerum novarum pubblicata da Papa Leone XIII (1870-1903) nel 1891. In questo periodo sarà prosindaco per quindici anni, dal 1905 al 1919, della sua città natale Caltagirone.
Il 1789, i partiti moderni e il movimento cattolico
Entrambi comunque appartennero a quella generazione che darà vita al movimento cattolico, cioè all’insieme di quei fedeli cristiani che nelle diverse nazioni europee si trovarono costretti, dopo la Rivoluzione francese, a organizzarsi politicamente per affermare la propria identità culturale e politica. Dopo il 1789, infatti, nacquero i partiti politici moderni, frutto delle ideologie, che negli anni rivoluzionari si erano organizzati nei diversi club parigini — i «giacobini», i «girondini», e così via —, che si possono considerare i precursori dei partiti contemporanei (4).
Anche i cattolici scoprirono di essere ormai parte di una società non più omogenea, neppure formalmente. Vivevano in un quadro di pluralismo ideologico, a cui corrispondeva una molteplicità di partiti in lotta fra loro per conquistare il potere, al fine di modellare la società in base alle rispettive ideologie.
In Italia vi era una differenza rispetto agli altri movimenti cattolici europei, perché il non expedit impediva la partecipazione dei cattolici alle elezioni politiche e quindi li «costringeva» a occuparsi del «Paese reale» e assai meno del «Paese legale». Nacquero così numerose opere sociali, come banche, società di mutuo soccorso, società operaie, associazioni sindacali, e così via, che costruirono un fitto tessuto attorno alle parrocchie, cosa che assunse particolare rilievo in regioni come il Veneto, la Lombardia e la Sicilia, dove il movimento cattolico attecchì profondamente.
Dopo la Società della Gioventù Cattolica, che esordì nel 1867, l’Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici fu la principale espressione organizzata del movimento cattolico italiano. Di essa Medolago fu un dirigente importante, arrivando a guidare insieme al beato Giuseppe Toniolo (1845-1918) la Sezione Economico-Sociale, l’unica sezione dell’Opera rimasta in vita in seguito alla sua soppressione voluta da san Pio X (1903-1914) nel 1904, a trent’anni dalla nascita. Proprio allora, esattamente un anno dopo, nel 1905, don Sturzo cominciò la sua attività politico-sociale in Sicilia, soprattutto a Caltagirone.
Questione Romana e Questione Sociale
Ma che cosa fecero, quale era il problema che assillò i due militanti cattolici?
Ho già detto che li chiamo «militanti» perché parteciparono al progetto di difesa e di riconquista della società dopo il Risorgimento, elaborato principalmente su impulso del magistero di Leone XIII. Era questo, infatti, il problema allora più urgente per i cattolici italiani: restituire alla Chiesa quella centralità che la Rivoluzione le aveva tolto, relegandola tendenzialmente nella sfera del privato. Entrambi compresero — cosa oggi non così scontata — che non si può essere veramente cattolici senza desiderare contemporaneamente la salvezza eterna del prossimo e la «salvezza» temporale della società — ossia l’attuazione piena del bene comune —, allora minacciato dalle due ideologie che hanno condizionato la storia del secolo XIX, il liberalismo e il socialismo.
Entrambi compresero che la Questione Romana (5) non poteva rappresentare l’unica preoccupazione dei cattolici italiani, assorbendo tutti gli altri problemi. Nel 1870 la Chiesa aveva subìto una grave ingiustizia, come del resto era avvenuto agli Stati preunitari pochi anni prima, in palese violazione di ogni diritto internazionale e della giustizia più elementare. Tuttavia, altri e gravi problemi avanzavano, come la Questione Sociale, denunciata dalla Rerum novarum, l’enciclica di cui i due furono convinti sostenitori e divulgatori. Entrambi, infatti, capirono che non si poteva lasciare la soluzione della «questione operaia» — come si esprimeva l’enciclica — all’intervento dei privati, alla loro generosità, ma che era necessario un intervento dello Stato di fronte alle enormi dimensioni e alla gravità del fenomeno. Sotto il pontificato di san Pio X entrambi capirono altresì che la protesta attraverso l’astensione alle elezioni politiche non era più una soluzione praticabile perché lasciava il movimento cattolico privo di uno sbocco politico. Sul modo di risolvere il problema però ebbero idee diverse, perché don Sturzo non condivideva la strategia «clerico-moderata», che mirava all’accordo fra cattolici e liberali conservatori contro l’avanzata del movimento socialista e che sfociò nel cosiddetto Patto Gentiloni nelle elezioni del 1913, quando 228 deputati vennero eletti con il voto dei cattolici, liberati dal vincolo del non expedit (6).
Il Partito Popolare Italiano
Don Sturzo voleva invece un partito destinato a raccogliere il consenso soltanto di una parte dell’elettorato cattolico, giacché la parte restante sicuramente non ne avrebbe condiviso il programma politico.
E il partito nacque, dopo e in conseguenza della guerra, nel 1919. Tale nascita rappresentò una importante frattura nella storia del movimento cattolico perché segnò la discontinuità del suo modello d’impegno politico. Infatti, quello espresso attraverso la UECI, l’Unione Elettorale Cattolica Italiana, nel 1913, era un impegno unitario e non partitico, finalizzato al raggiungimento di alcuni obiettivi specifici. Don Sturzo contestava proprio questo, cioè la mancanza di un progetto politico che però, per sua stessa ammissione, non poteva andare bene a tutti i cattolici, ma solo ai cattolici democratici non conservatori, cioè quelli ostili al Patto con i liberali moderati, e non ai conservatori. In sostanza don Sturzo non ravvisava nella Rivoluzione in corso quel carattere di processo che faceva derivare il socialismo dal liberalismo. Dunque, mentre i cattolici come Medolago privilegiarono l’accordo con i liberali moderati per fermare l’avanzata del socialismo, il programma del Partito Popolare Italiano (PPI) preferì l’impegno diretto cercare di superare in toto le contraddizioni del regime liberale che guidava l’Italia dal 1861.
Ciononostante, Medolago aderì al PPI, in particolare alla sua cosiddetta «ala destra», ma ormai era quasi al termine della sua parabola terrena (7). Don Sturzo, invece, cominciava a confrontarsi con il nuovo partito al potere, quello fascista, che lo avrebbe costretto, nel 1924, a un esilio durato ventidue anni — pare «consigliatovi» dallo stesso segretario di Stato di Pio XI (1922-1939), il card. Pietro Gasparri (1852-1934) —, e il PPI al proprio scioglimento nel 1926.
Il fascismo era nato nel 1919 a Milano dal «nazionalismo imperialista» e dai corposi residui dell’interventismo nella Grande Guerra, che aveva stravolto la vita dell’Italia. Don Sturzo fu spinto all’esilio dalla diplomazia vaticana, perché la Santa Sede stava preparandosi a negoziare la Conciliazione con lo Stato italiano mediante il regime fascista in costruzione (8).
L’esilio negli Stati Uniti d’America e il ritorno in Italia
Don Sturzo, nei lunghi anni dell’esilio, tornò agli studi, scrivendo molti articoli e diversi libri: tornò in Italia nel 1946, diventando un testimone critico e severo sia della nascente «Prima Repubblica», sia del partito della Democrazia Cristiana, alla quale mai volle iscriversi. Senatore a vita, dalle colonne del Giornale d’Italia denunciò i mali originari dell’Italia del dopoguerra, il sistema partitocratico e statalistico, che avrebbe generato inevitabilmente corruzione e inefficienza. Ma si era ormai entrati in un altro mondo rispetto a quello in cui lui e Medolago avevano operato: era il mondo della ricostruzione post-bellica, della Guerra Fredda, dell’incipiente revival della secolarizzazione dopo il ritorno alla fede per il breve periodo del dopoguerra.
Perché il movimento cattolico è stato dimenticato?
La storia interessa nella misura in cui serve a progettare un futuro migliore, a capire il passato per scegliere meglio e per evitare di ripeterne gli errori. Medolago e don Sturzo sono due fra le più importanti figure di un movimento dimenticato perché scomodo: don Sturzo viene ricordato soprattutto per quegli aspetti che non mettono a rischio una «certa» lettura della storia italiana, specialmente le caratteristiche dell’«opposizione cattolica» al Risorgimento, per usare il titolo di un libro famoso del “laico” Giovanni Spadolini (1925-1994) (9). Studiare il movimento cattolico significa, infatti, ricordare l’origine violenta e ingiusta dell’unificazione italiana e la conseguente opposizione dei cattolici al nuovo stato di cose, che durò fino a quando, nel secondo dopoguerra, questi entrarono nel governo della Repubblica attraverso la Democrazia Cristiana, che preferì mettere in sordina questa storia gloriosa ma per lei scomoda.
Ma a ricordare ed esaltare le gesta di alcuni di quei protagonisti, ci ha pensato la Chiesa, per esempio Papa san Pio X, tanto amico di Medolago e di Toniolo da preservarli dal cambio di indirizzo deciso con il motu proprio che decretò la soppressione dell’Opera dei Congressi nel 1904, nonché beatificando Giuseppe Tovini (1841-1897) e Giuseppe Toniolo. Tuttavia, questi riconoscimenti importanti non hanno cambiato l’atteggiamento di sostanziale oblio del movimento cattolico da parte del mondo cattolico nel suo insieme.
«[…] sbagliare “storia” significa sbagliare “politica”» (10) ripeteva spesso Giovanni Cantoni: noi oggi possiamo solo prendere atto dell’accaduto, senza lasciarci portare via la speranza che questa storia dimenticata possa diventare magistra del nostro impegno futuro, certi che si possa sempre cominciare o ricominciare.
La storia di questi due importanti personaggi, i loro sforzi e i sacrifici, anche gravi, che dovettero sopportare, le diversità e divergenze ci aiutano a fare almeno due riflessioni.
La Grande Guerra
La prima riguarda la Grande Guerra (11), che Medolago visse quasi al termine della vita ma che per don Sturzo fu invece un momento rilevante della sua vita pubblica. Mi ha sempre stupito infatti che quest’ultimo fosse favorevole all’ingresso dell’Italia in guerra, contro il giudizio ripetutamente contrario del Magistero e nonostante la politica neutralistica della Santa Sede. La Prima Guerra Mondiale, in realtà, fu non soltanto una «inutile strage» (12), come la definì Papa Benedetto XV (1914-1922) nella Lettera ai Capi dei popoli belligeranti, ma anche una vera e propria «guerra rivoluzionaria», combattuta per ragioni ignobili che si ispiravano al peggiore egoismo nazionalistico da parte di quasi tutti i contendenti. Le conseguenze della guerra, infatti, saranno infauste, a partire dalla Rivoluzione d’Ottobre in Russia nel 1917 fino alla inutile umiliazione della Germania, che favorì la nascita e l’avvento al potere del partito nazionalsocialista, e il compimento della cosiddetta «nazionalizzazione delle masse» (13), che facilitò il decadimento dei costumi e un incremento vertiginoso della violenza politica, oltre che la nascita dei partiti ideologici di massa. Vi saranno poi conseguenze drammatiche per milioni di feriti che patirono per tutta la vita le conseguenze fisiche e psicologiche dei danni fisici e morali riportati nel corso del conflitto (14). L’atteggiamento di don Sturzo, con la sua autorevolezza anche postuma, purtroppo contribuì a mantenere, anche all’interno del mondo cattolico, un giudizio benevolo sulla guerra, veramente clamoroso di fronte a tanto pacifismo espresso a proposito di altri eventi bellici precedenti e successivi.
Contro le divisioni
La seconda riflessione riguarda invece le divisioni, non solo e non tanto fra le due figure che ho ricordato, ma in generale all’interno della storia della presenza pubblica dei cattolici.
Intransigenti e transigenti — o conciliatoristi —, conservatori e democratico-cristiani, clerico-moderati e astensionisti, rosminiani e gesuiti, filofascisti o antifascisti dopo la presa del potere da parte di Benito Mussolini (1883-1945), i cattolici si sono spesso divisi sia nel giudizio sia nelle prese di posizione politiche. È vero che, a differenza dell’islam, il cristianesimo non prevede che vi sia una sola soluzione politica compatibile con la fede di fronte alle tante e diverse scelte che si possono rendere necessarie davanti agli eventi della storia. Tuttavia, è altrettanto vero che le divisioni, il non voler rinunciare alle proprie opinioni a costo anche di creare grandi fratture, il non volere tenere conto del Magistero — come nel caso della Prima Guerra Mondiale — comporta gravi conseguenze che oggi, come allora, danneggiano gravemente la testimonianza e l’apostolato dei cattolici italiani.
Marco Invernizzi
Note:
1) Su don Luigi Sturzo esiste una bibliografia sterminata. Mi limito a segnalare l’opera omnia, pubblicata dalle Edizioni di Storia e Letteratura in collaborazione con l’Istituto Luigi Sturzo, entrambi di Roma, disponibile online. Per la biografia si può cominciare da Gabriele De Rosa (1917-2009), Luigi Sturzo, UTET, Torino 1977; molto utile il Lessico sturziano, a cura di Antonio Parisi e Massimo Cappellano, Rubbettino, Soveria Mannelli (Catanzaro) 2013, con prefazione di mons. Antonino Raspanti, vescovo di Acireale (Catania).
2) Al contrario di Sturzo, su Medolago Albani la bibliografia è scarsa. Recentemente è stata pubblicata un’opera biografica corposa scritta da don Paolo de Tőth (1881-1965), il sacerdote e giornalista che gli fu amico e discepolo e che per decenni ha raccolto i suoi documenti, utilizzando soprattutto la biblioteca di famiglia che si trova a Medolago, in provincia di Bergamo: cfr. Paolo de Tőth, Il soldato di Cristo. Stanislao Medolago Albani. Profilo biografico fino al 1904, a cura di Renato Borsotti, Publimedia, San Vendemiano (Treviso) 2019. Cfr. anche il mio I cattolici contro l’unità d’Italia? L’Opera dei Congressi (1874-1904), Piemme, Casale Monferrato (Alessandria) 2002, che contiene i principali profili biografici dei militanti dell’Opera dei Congressi, fra cui Medolago. Il testo, fra l’altro, è stato scritto con la costante consultazione del dattiloscritto di de Tőth.
3) Sul cosiddetto «brigantaggio» nel Mezzogiorno d’Italia cfr., fra l’altro, Francesco Pappalardo, Il brigantaggio postunitario. Il Mezzogiorno fra resistenza e reazione, D’Ettoris, Crotone 2014.
4) Cfr. il mio L’Italia fra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione. 1794-1848, saggio introduttivo a Paolo Martinucci, Per Dio e per la Patria. Profili contro-rivoluzionari italiani fra Settecento e Ottocento, D’Ettoris, Crotone 2018, pp. 9-96.
5) Cfr. Renato Cirelli, La Questione Romana. Il compimento dell’unificazione che ha diviso l’Italia, Mimep-Docete, Pessano (Milano) 1997.
6) Cfr. il mio L’Unione Elettorale Cattolica Italiana. 1906-1919. Un modello di impegno politico unitario dei cattolici, Edizioni di «Cristianità», Piacenza 1993.
7) Sulla nascita del PPI e sui successivi rapporti con l’«ala destra» del partito cfr. Giovanni SaleS.I., Popolari e destra cattolica al tempo di Benedetto XV. 1919-1922, prefazione di Pietro Scoppola (1926-2007), Jaca Book, Milano 2006.
8) Cfr., fra l’altro, Stefano Nitoglia, Luci e ombre del Concordato del 1929, in Cristianità, anno XLIX, n. 409, maggio-giugno 2021, pp. 17-37.
9) Cfr. Giovanni Spadolini, L’opposizione cattolica. Da Porta Pia al ’98, Mondadori, Milano 1994.
10) G. Cantoni, «Fermiamo il partito radicale di massa», in Cristianità, anno XXII, n. 225-226, gennaio-febbraio 1994, pp. 10-12 (p. 11).
11) Sulla Prima Guerra Mondiale cfr. un primo approccio in Oscar Sanguinetti, Grande Guerra e Rivoluzione, in IDIS. Istituto per la Dottrina e l’Informazione Sociale, Dizionario del pensiero forte, con breve bibliografia, nel sito web <https://alleanzacattolica.org/grande-guerra-e-rivoluzione> (consultato il 4-7-2022).
12) Benedetto XV, Esortazione apostolica «Dès le début» ai Capi dei popoli belligeranti, del 1°-8-1917.
13) Cfr. George L.[achmann] Mosse (1918-1999), La nazionalizzazione delle masse. Simbolismo politico e movimenti di massa in Germania (1815-1933), trad. it., il Mulino, Bologna 2009.
14) Cfr. Roberto Marchesini, Il paese più straziato. Disturbi psichici dei soldati italiani della prima guerra mondiale, D’Ettoris, Crotone 2011.