Il disegno di legge in esame questo giugno non va contro nessuna “minoranza sessuale”, ma è, al contrario, un fondamentale presidio della dignità umana
di Chiara Mantovani
Non so se il progetto di legge, che in questo inizio di giugno è stato approvato in Commissione Giustizia, si trasformerà in una legge coerente con il suo intento: ribadire che è inaccettabile la sola idea – e dunque sanzionare – che cittadini italiani si rechino all’estero per aggirare il divieto di surrogazione di maternità attualmente vigente. E nell’espressione ‘reato universale’ si intravvede anche l’auspicio che ovunque, sotto il sole, ci si accorga della terribile atrocità di sfruttare donne e bambini.
In Italia l’esclusione della Gestazione Per Altri (GPA) è l’ultimo residuale vestigio della legge 40/04 che già conteneva quanti più argini possibili ad un atto profondamente ingiusto: la cosiddetta procreazione medicalmente assistita, che ha esattamente nell’utero in affitto una variante della sua versione eterologa. Si è provato in tutti i modi ad argomentare con ragionamenti abbastanza semplici, tutto sommato, che i bambini non si possono pretendere, che non sono oggetti su cui esercitare un diritto di vita o di morte, che non si ordinano al supermercato con le caratteristiche desiderate e che non si scartano quando sono difettosi. Sembrerebbe facile, detto così. Eppure alcune parole martellate, maliziosamente travisate, hanno raggiunto lo scopo di distrarre dal giudizio razionale: si è sentito parlare di libertà, di autodeterminazione, di diritti civili, di uguaglianza e di diritto al figlio, di progresso scientifico e di inesorabile abbandono dei vecchi retaggi, così come voluto e imposto da una ‘superiore volontà europea’.
E se tante persone, semplici e buone, pensano che non ci sia niente di male in procedure mediche che esaudiscano un legittimo desiderio di maternità, costi quel che costi, questo è da ascrivere anche a molte leggi che pian piano hanno cambiato la percezione di ciò che è ingiusto e lo hanno inesorabilmente legittimato. La battaglia delle parole ha assestato colpi mortali ad una onesta e veritiera comunicazione: si pensi solo alla sostituzione, apparentemente innocua, del termine ‘maternità’ con ‘genitorialità’, tutta rivolta a ‘normalizzare’ l’idea di ‘omogenitori’, non necessariamente né padri né madri.
E dunque ben venga una proposta di legge che inizi un percorso di segno contrario: si possano finalmente esprimere tutte le ragioni per cui è profondamente ingiusto e barbaro l’utero in affitto, comunque lo si chiami, gestazione per terzi o addirittura solidale o altruistica. Si ripulisca il linguaggio dai maliziosi o inavvertiti utilizzi ideologici, perché «le parole non sono state inventate perché gli uomini s’ingannino tra loro ma perché ciascuno passi all’altro la bontà dei propri pensieri», diceva sant’Agostino.
È una legge, è questa proposta di legge, lo strumento migliore? Non lo so, ma so che da qualche parte bisogna pure incominciare, e riconosco alla legge una straordinaria efficacia e responsabilità per ricostruire una ‘casa’ dove il bene comune più prezioso e protetto sia il diritto di ogni essere umano a venire al mondo con una mamma e un papà, possibilmente in buona armonia e con adeguati mezzi di sussistenza ed educazione. Tutte le rivendicazioni di un soggettivo e supposto ‘diritto’ ad essere genitorevanno nella «direzione esattamente contraria al rispetto della vita e rappresentano una minaccia frontale a tutta la cultura dei diritti dell’uomo. È una minaccia capace, al limite, di mettere a repentaglio lo stesso significato della convivenza democratica: da società di “con-viventi”, le nostre città rischiano di diventare società di esclusi, di emarginati, di rimossi e soppressi» (san Giovanni Paolo II, Evangelium vitae, 18).
Speriamo che la ragionevolezza prevalga e che si possa finalmente agire secondo giustizia. E come un piccolo manipolo di umili monaci seppe, coltivando la saggezza, civilizzare l’Europa, così di nuovo sia consentitoservirsi del diritto di Roma, della ragione di Atene e della spiritualità di Gerusalemme. Basterebbero, per un mondo più umano.
Domenica, 4 giugno 2023