Prelevare ovociti da giovani per ingannare il tempo
di Chiara Mantovani
Forse qualcuno ricorderà che vent’anni fa, quando la propaganda in merito alla fecondazione artificiale era ormai matura per suscitare ampio consenso, l’argomentazione più utilizzata era: “diamo speranze a chi non riesce ad avere figli”. Alle obiezioni sulla qualità etica delle varie pratiche che – da questa apparentemente lodevole intenzione – sarebbero inevitabilmente conseguite, la reazione fu sempre la stessa: oscurantisti testardi che vi inventate chissà quali disgrazie. Ora, immaginate che all’epoca, intorno al 2003, i fautori delle tecniche e quelli delle idee che sono servite per far approvare in Italia la legge 40/04 – ma ancor di più il suo sistematico smantellamento giudiziario – avessero sinceramente dichiarato: con l’approvazione di una legge che consenta l’arte di fecondare fuori dal corpo femminile, otterremo embrioni umani disponibili per mille usi!
Avrebbero fatto un’ammissione onesta, non imprevedibile, anzi ampiamente contemplata, certamente molto ‘progressista’ ma forse all’epoca difficilmente ben accettata.
Oggi, quasi nessuno trova inaudito il risultato di un’inchiesta apparsa suLa Stampa di lunedì 28 agosto. L’articolo si intitola Tra famiglia e carriera ho scelto il social freezing così non devo rinunciare a nulla. Si chiama così il modo avanzato di procrastinare la gravidanza a quando si vorrà: ci si sottopone ad una ‘piccola’ stimolazione ormonale, si aspirano poi con ‘sedazione profonda’ gli ovociti prodotti, che saranno congelati e conservati a tempo indeterminato. L’intervista riportata dal quotidiano narra di una giovane donna, manager, che al momento non ha intenzione di generare ma chissà… perché porsi limiti e magari trovarsi impreparate nei tempi in cui quel desiderio di fertilità, per fisiologiche e non ideologiche ragioni, non fosse più a disposizione?
Prudentemente, con una dichiarazione onesta e scientificamente inoppugnabile, anche i medici mettono in guardia dal fatto di reputare una simile pratica come sempre e certamente efficace: l’orologio biologico non mente, si può forzare un pochino ma non abbastanza da accontentare ogni desiderio.
«La crioconservazione – specifica l’esperta – non è una assicurazione di gravidanza perché non è detto che quel lotto di ovociti conservato sia efficace. La possibilità di avere una gravidanza dipende da diversi fattori: in primis il numero di uova che congeliamo». Per questo in USA esagerano e fanno tre o quattro prelievi, ciascuno dei quali richiede tre o quattro stimolazioni ormonali. Non è chiaro il destino degli ovociti in eventuale esubero.
Il problema vero è che in tutta la descrizione della procedura si parla esclusivamente di ovociti, ovvero cellule uovo. Si evita accuratamente di ricordare che poi, con quelle cellule, si dovrà ricorrere a tutte le procedure di una fecondazione artificiale, che i risultati positivi si chiameranno ‘figli’ e che quelli non nati si chiameranno ‘fallimenti’ o ‘ insuccessi’, che le percentuali che li riguardano sono drammaticamente poco migliorate in vent’anni. Come per ogni tipo cellulare non c’è alcun problema etico nel loro prelievo e conservazione: pensiamo immediatamente alle trasfusioni di sangue e abbiamo ben chiaro che gli scopi leciti abbondano perché stiamo trattando cellule, non organismi. Ma le cellule riproduttive, ovuli e spermatozoi, sono speciali, differenti da ogni altra cellula: per loro funzione, non hanno nessuna utilità se non quando si mettono insieme. A quel punto, fondendosi, perdono la loro propria caratteristica e formano ciò che è assolutamente unico ed irripetibile: un nuovo originale soggetto personale di natura umana. Non si conservano ovociti per scopi differenti da quello di generare e quando ci riferiamo alla loro ‘percentuale di successo’ non stiamo più parlando di loro, ma del figlio che abbiamo voluto quando li abbiamo messi in congelatore. Non esiste un ovulo che improvvisamente diventa un figlio, esiste un ovulo fecondato che si chiama embrione.
Qualcuno chiamerebbe una torta Sacher “farina marrone scuro lievitata”? Certo, ci vuole la farina, il cacao e il lievito: ma una volta messi insieme quel che c’è è una torta. Di questo stiamo parlando: del fatto che, anche se non lo nominiamo e parliamo di fertilità, di ovociti e di ormoni, stiamo decidendo se e come generare esseri umani nei tempi e nei modi dettati dal desiderio.
È anche vero, e va ben spiegato, che anche quest’idea di conservare la parte femminile di ciò che serve per la generazione umana nasce con una bellissima intenzione: il tentativo di preservare la fertilità delle giovani donne che fossero sottoposte a pesanti terapie antitumorali che mettano a grave repentaglio il loro corredo ovarico. Ma due sono le strade percorribili: conservare gli ovuli per una futura PMA oppure conservare una porzione di tessuto ovarico che possa essere reimpiantato nella stessa donna, una volta che la malattia sarà definitivamente sconfitta, consentendo così una fecondazione del tutto fisiologica e spontanea. Va da sé che questa seconda è la strada ottimale, sebbene non la più breve, perché è coerente e rispettosa della dignità della donna e del concepito.
C’è un altro aspetto, non principale ma non trascurabile: il costo monetario. Quello psicologico è ancor tutto da indagare e c’è più di un dubbio che, al netto dei “consensi informati” firmati dalle pazienti, l’aspettativa di una assicurazione per il futuro che venga delusa, magari dopo anni e anni di accurata o occasionale contraccezione, con pillole di vario dosaggio e meccanismo di azione, non causi turbe rilevanti: pensare di avere sprecato occasioni perché si faceva conto di avere ancora modo e tempo non sembra rassicurante. Ma anche riflettere sulla vile moneta – che sarà anche vile, ma incide eccome sulla vita concreta – può essere un utile esercizio: e se il social freezing diventasse un bene rifugio, quanto passerebbe per essere inserito nei LEA, in quelle prestazioni, cioè, che un Servizio Sanitario Nazionale si incarica di assicurare? Se diventasse un “diritto”, come ultimamente sembrano molti atti sanitari garantiti con le entrate erariali? Mentre ci accorgiamo delle difficoltà di assicurare livelli di assistenza davvero essenziali, rischieremmo di accondiscendere ancor di più alla medicina dei desideri-diventati-diritti?
Afferma l’articolo de La Stampa: «Esiste anche un’altra percezione: chi non sente il desiderio di creare una famiglia. “Non è detto che il progetto genitoriale appartenga a tutti, ci sono donne e uomini che possono non volere figli ed è una scelta più che rispettabile – conclude la professoressa Laura Rienzi -: i bambini devono essere un desiderio, non l’unico scopo della nostra esistenza”». L’affermazione è gravissima: non si tratta di rispettabilità, è che nessun bambino deve essere l’esaudimento di un desiderio. Nessuna persona umana può essere pretesa da un desiderio. E se non si vogliono figli, a quali scopi conservare ovociti?
Così sorge più di un dubbio: vista la scarsità di “donazione” di ovociti – che poi servono moltissimo nelle fecondazioni eterologhe con o senza surrogazione di maternità – non è che incentivare la pratica del congelamento potrebbe rendere disponibile, con il passare del tempo, un considerevole quantitativo di tale prezioso materiale? Quale devastante effetto può avere nell’educazione delle giovani donne l’idea che tutto, proprio tutto, sia soggetto al potere della volontà?
«L’obiettivo della preservazione della fertilità non è quello di utilizzare per forza quegli ovociti ma di aver fatto qualcosa a favore della propria serenità di vita: il social freezing oggi è l’unico strumento che consente alle donne di fare questo per loro stesse». Siamo sicuri che la serenità femminile sarebbe garantita da sapere di poter ricorrere alla PMA mentre si fa carriera o si seguono le proprie “passioni”, riprogrammando a piacimento ciò che la natura ha inscritto nella fisiologia?
Davvero al nostro tempo non importa imitare la natura, bensì stravolgerla: artisticamente parlando, non siamo in età neorealista, ma dadaista. Peccato che così tutto diventi confuso e, perdendo il senso della vita, si diventi incapaci di educare.
Venerdì, primo settembre 2023