Papa Francesco parla al corpo diplomatico per gli auguri di inizio anno e nel discorso assumono grande peso i valori non negoziabili
di Stefano Nitoglia
«La via della pace esige il rispetto della vita, di ogni vita umana, a partire da quella del nascituro nel grembo della madre che non può essere soppressa, né diventare oggetto di mercimonio»; mentre la colonizzazione ideologica dei cosiddetti nuovi diritti «provoca ferite e divisioni tra gli Stati, anziché favorire l’edificazione della pace». Insomma, opus iustitiae pax.
È questa la chiave del tradizionale discorso, pronunciato l’8 gennaio, che il Papa rivolge, all’inizio dell’anno, al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede.
La riflessione del Pontefice è stata dedicata alla pace, «parola tanto fragile e nel contempo impegnativa e densa di significato», soprattutto «in un momento storico in cui è sempre più minacciata, indebolita e in parte perduta». Un momento storico attraversato da un crescente numero di conflitti, che lentamente trasformano quella che il Papa ha più volte definito «terza guerra mondiale a pezzi» in un «vero e proprio conflitto globale».
Il Papa ha parlato dell’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre scorso contro la popolazione di Israele e della guerra di rappresaglia di Israele nella Striscia di Gaza, del conflitto tra Russia e Ucraina, conseguente all’occupazione, da parte delle truppe della Federazione Russa, del territorio ucraino, del conflitto tra Armenia e Azerbaigian, che vede i cristiani del Nagorno Karabach costretti dall’aggressione della popolazione azera, di religione musulmana e di origine turca, ad abbandonare la propria millenaria residenza storica, del terrorismo internazionale, che sconvolge l’Africa, del Nicaragua, dove la Chiesa cattolica è perseguitata dal regime sandinista di Daniel Ortega.
Ma, come detto, la via della pace esige il rispetto della vita umana.Al riguardo, il Pontefice è stato molto netto: «ritengo deprecabile la pratica della cosiddetta maternità surrogata, che lede gravemente la dignità della donna e del figlio. Essa è fondata sullo sfruttamento di una situazione di necessità materiale della madre. Un bambino è sempre un dono e mai l’oggetto di un contratto. Auspico, pertanto, un impegno della Comunità internazionale per proibire a livello universale tale pratica. In ogni momento della sua esistenza la vita umana deve essere preservata e tutelata, mentre constato con rammarico, specialmente in Occidente, il persistente diffondersi di una cultura della morte, che, in nome di una finta pietà, scarta bambini, anziani e malati».
In questa chiave di difesa della pace, anche i cosiddetti “nuovi diritti”, tra i quali la «pericolosissima» teoria del gender, imposti da vere e proprie «colonizzazioni ideologiche», sono stati oggetto delle dure critiche del Papa. La via della pace «esige il rispetto dei diritti umani. Purtroppo, i tentativi compiuti negli ultimi decenni di introdurre nuovi diritti, non pienamente consistenti rispetto a quelli originalmente definiti e non sempre accettabili, hanno dato adito a colonizzazione ideologiche, tra le quali ha un ruolo centrale la teoria del gender, che è pericolosissima perché cancella le differenze nella pretesa di rendere tutti uguali». Questacolonizzazione ideologica «provoca ferite e divisioni tra gli Stati, anziché favorire l’edificazione della pace».
Papa Francesco, inoltre, nel solco della tradizionale dottrina sociale cristiana, ha rivendicato la alta funzione della politica, «che va sempre intesa non come appropriazione del potere, ma come forma più alta di carità e dunque del servizio al prossimo in seno a una comunità locale o nazionale».
L’ultima parte del discorso è stata dedicata alla preoccupante crescita della persecuzione e della discriminazione nei confronti dei cristiani, soprattutto negli ultimi dieci anni. Non solo, quindi, quella cruenta, per cui il XX secolo è stato quello con il maggiore numero di martiri cristiani (la tendenza, purtroppo, prosegue e si intensifica all’alba del terzo millennio), ma anche quella silenziosa e incruenta. «Essa riguarda non di rado, seppur in modo incruento ma socialmente rilevante, quei fenomeni di lenta marginalizzazione ed esclusione dalla vita politica e sociale e dall’esercizio di certe professioni che avvengano anche in terre tradizionalmente cristiane. Nel complesso sono oltre 360 milioni i cristiani nel mondo che sperimentano un livello di persecuzione e di discriminazione a causa della propria fede e sono sempre di più quelli costretti a fuggire dalle proprie terre di origine».
L’importante discorso del Papa è stato pressoché silenziato dalla grande stampa progressista, di solito usa ad ampliare ad arte, con interpretazioni spesso tendenziose, altri discorsi del Pontefice. Neppure una parola su la Repubblica e il Manifesto. Poche righe, con scarso risalto in pagine interne, su La Stampa e Il Corriere della Sera. Il quotidiano La Stampa considera il discorso al corpo diplomatico un “contentino” dato all’ala conservatrice della Chiesa: «dopo un autunno di aperture progressiste, in particolare verso il mondo LGBTQ, il Pontefice interviene sui temi etici con la fermezza predicata dai ‘conservatori’. (…) Parole che suonano come un segnale, una mano tesa, all’ala tradizionalista della Chiesa, da cui si stanno diffondendo veementi proteste contro ‘Fiducia supplicans’, la dichiarazione vaticana che ha aperto alla benedizione delle coppie gay». Ancora una volta un’interpretazione politico-partitica, che non conosce, o fa finta di non conoscere, la realtà intima della Chiesa.
Mercoledì, 10 gennaio 2024