La nuova evangelizzazione deve abbracciare il martirio.
di Tommaso Parolini
In Orem, Utah, alle 12:20 (ora locale) del 10 settembre 2025, un singolo sparo risuona attraverso il campus della Utah Valley University, sovrastando il cicaleccio di una gran folla di studenti e il rimbombo di una carismatica voce, amplificata dagli altoparlanti. Il bersaglio dello sparo è Charlie Kirk, noto attivista ed esponente della destra trumpiana, nel bel mezzo della sua attività preferita: parlare con gli universitari dei più disparati e spinosi temi culturali, troppo importanti per abbandonarli ai tabù dei media tradizionali. Colpito alla carotide, l’uomo è immediatamente sbalzato via dalla sedia, cade incosciente, il microfono a terra. Trasportato d’urgenza in ospedale, è dichiarato morto di lì a poco. Il presidente Trump in persona ne dà la notizia sui social.
Charlie Kirk, classe 1993, era un uomo dalla profonda fede. Cristiano evangelico, il suo amore per Cristo non solo costituiva la base di tutte le sue convinzioni e delle sue argomentazioni politiche, come spesso dichiarava apertis verbis, ma trapelava con forza dalla sua stessa condotta. Salito alla ribalta per i chioschetti che usava allestire presso le università statunitensi, in cui discuteva con grande disinvoltura di argomenti di politica, cultura e religione con gli studenti a lui ostili, ha fin da subito dato prova, nel dialogo, di quel delicato equilibrio tra verità e carità che è necessario a chiunque si cimenti nella difficile missione della nuova evangelizzazione, sopportando inoltre, con lunga pazienza, i ripetuti attacchi (talvolta anche fisici) alla sua persona a motivo della sua attività.
Il suo drammatico assassinio, che ha scioccato l’intera nazione a tutti i suoi livelli, non fa purtroppo che collocarsi in una successione di tragedie che hanno colpito gli Stati Uniti nelle ultime settimane: è ancora fresca, infatti, la memoria della sparatoria in una scuola di Minneapolis, nonché quella dell’assassinio brutale e insensato di Iryna Zarutska in una metropolitana del North Carolina. Nella fiduciosa consapevolezza che «dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia» (Rm 5:20), preghiamo dunque Iddio perché accordi la sua benevola protezione ai nostri fratelli americani, e conforto alle famiglie delle vittime.
Kirk è oggi assurto a simbolo e monito, non solo in America ma anche per noi, della serietà dell’impegno apostolico a cui siamo chiamati. Egli, infatti, avendo incarnato l’esempio concreto del laico controrivoluzionario che con la forza della sola parola si sforza di piantare semi di verità nei cuori degli uomini, si erge oggi come testimone di quella stessa Verità da lui predicata, che è Gesù Cristo. Che lo si interpreti come martirio formale o meno, non è un caso se un uomo che, nel mondo odierno, ha preferito la proclamazione audace della verità al confortevole compromesso dell’ignavia, vivendo a pieno ritmo la chiamata di Cristo, ha finito con il seguirLo nella morte. «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi», ci ha avvertito il Signore (Gv 15.20). E questo, lungi dal paralizzarci, ci deve anzi essere di grande conforto, poiché sappiamo che ogni ingiuria subita nel nome della verità sarà ripagata dalle parole con cui ci auguriamo che Charlie sia già stato accolto: «Vieni, servo buono e fedele, entra nella gioia del tuo Signore» (Mt 15,21-23).
Nel lamentare, perciò, la morte di questo coraggioso e benemerito marito e padre di famiglia, venuto a mancare ad appena trentun anni, e nel pregare per il riposo della sua anima e per il pentimento del suo assassino, ancora a piede libero, fissiamo lo sguardo su ciò che, sull’esempio di Charlie Kirk, siamo tutti chiamati a essere: luce del mondo, sale della terra e martiri per la verità.
Venerdì, 12 settembre 2025
