Pubblichiamo la testimonianza di Eugenia di Radio Maria Bielorussia andata in onda il 19 ottobre 2025.
Tratto da Radio Maria del 19 ottobre 2025
Il mio nome è Eugenia, da Radio Maria Bielorussia.
La Bielorussia è una terra di persone silenziose. I cattolici bielorussi sono particolarmente umili e discreti, per natura, ma anche a causa delle realtà in cui vivono. Negli ultimi cinque anni la situazione nel nostro paese è peggiorata drammaticamente.
Oggi in Bielorussia ci sono più di mille prigionieri politici, torturati nelle carceri. Oltre seicentomila persone costrette a fuggire dalla loro terra per salvare la propria vita, la libertà, la famiglia. Viviamo in un tempo in cui le famiglie sono divise.
I genitori non possono vedere i figli. Non è possibile tornare a casa nemmeno per il funerale di una persona amata. Viviamo in un paese dove parlare la propria lingua madre è diventato un atto di coraggio.
Si insegna a scuola, ma se la usi nella vita quotidiana la gente ti guarda con sospetto. Forse pensi qualcosa che non dovresti pensare. Quasi tutti i progetti caritativi sono stati chiusi.
Molte chiese protestanti sono state soppresse. Ai cattolici è stato tolto uno dei loro simboli più noti della fede, la chiesa rossa di Minsk. Un giorno la parrocchia ha ricevuto l’ordine di lasciare l’edificio immediatamente e da allora non vi è più potuta tornare.
Ora la chiesa è sigillata, silenziosa. Perfino pregare sui suoi gradini è vietato. I sacerdoti sono perseguitati.
Di tanto in tanto arrivano notizie terribili. Uno è stato arrestato, un altro interrogato, un terzo perquisito. Due sacerdoti stanno scontando pesanti condanne con l’accusa di tradimento di Stato.
È come se le ombre del comunismo fossero tornate sulla nostra terra. Immaginate un sacerdote a cui è proibito celebrare la messa in prigione. Non può incontrare il proprio vescovo, costretto ai lavori più duri, e al quale è vietato parlare con altri detenuti solo perché è sacerdote.
La cosa più terribile è il silenzio, e nessuno ne parla. Le persone sono rimaste in Bielorussia e hanno paura. Si nascondono, cercano di sopravvivere.
Sono persone silenziose, tristi, rinchiuse nel loro paese, nelle loro case, nel proprio silenzio. Quando parlo di tutto questo, io sento la paura. La paura che anche queste parole possano essere pericolose, che la verità possa rendere tutto ancora più difficile.
Eppure in questo silenzio c’è qualcosa di più profondo della paura. Silenzio in Bielorussia non è solo un segno di disperazione. No, è anche preghiera, è dignità, è fedeltà. È un modo per sopravvivere, per conservare la propria anima, la propria fede.
È un silenzio che dice senza parole: noi siamo qui. E tuttavia, in questa oscurità, ci sono piccole luci che non si spengono.
Radio Maria è una di queste luci. In queste condizioni sentiamo quanto le persone abbiano bisogno di noi. Siamo diventati un luogo, un’isola, dove persone di cultura, artisti, musicisti, sacerdoti, credenti, fedeli, possono venire da noi per condividere la loro verità, la loro fede.
Siamo uno spazio in cui l’anima della Bielorussia, la sua lingua, la sua cultura, la sua fede, continua a vivere. La gente viene da noi, ci porta le proprie storie, il proprio dolore, la propria speranza. E così facciamo ciò che sembra impossibile.
La cosa più sorprendente è che esistiamo oramai da quasi nove anni. Nonostante tutti gli ostacoli, le difficoltà economiche dei nostri benefattori.
Perché abbiamo bisogno di sostegno? Perché possiamo fare di più. Possiamo fare di più. I bielorussi fanno tutto il possibile per mantenere viva la nostra Radio Maria. E sono molti, ma non basta.
Potremmo registrare più programmi, potremmo viaggiare di più, raggiungere più persone, più paesi. Il nostro studio si trova in un antico edificio di una sinagoga, che necessita di costanti riparazioni.
E le nostre attrezzature, dopo tanti anni di servizio, oramai sono logorate. Noi vogliamo fare ancora meglio, finché possiamo. Vogliamo portare alle persone la speranza, la parola di Dio, la loro cultura, la loro voce.
Perché attraverso la nostra voce, attraverso questo silenzio, il mondo può sentire il respiro della Bielorussia.
