Qualche riflessione intorno alla Lettera Apostolica “Disegnare nuova mappe di speranza”
di Luca Finatti
Dio gli disse: “Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco, faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente (1 Re 3, 11-12)
La Lettera apostolica Disegnare nuove mappe di speranza ha una densità di pensiero e una profondità di spirito che ci mette dinanzi a quello che è già, e sarà probabilmente sempre di più, uno dei temi centrali del Magistero di papa Leone XIV.
Dopo averla letta integralmente (si trova sul sito una presentazione generale qui), invito a soffermarsi su un passaggio particolare al paragrafo 3.1, per lasciarlo risuonare nel nostro animo:
«E bisogna anche fare attenzione a non cadere nell’illuminismo di una fides che fa pendant esclusivamente con la ratio. Occorre uscire dalle secche col recuperare una visione empatica e aperta a capire sempre meglio come l’uomo si comprende oggi per sviluppare e approfondire il proprio insegnamento. Per questo non si devono separare il desiderio e il cuore dalla conoscenza: significherebbe spezzare la persona».
L’immagine della persona spezzata tra una fede intellettualistica o sentimentale (due facce della stessa medaglia antistorica), avulsa dalla realtà, e una ragione calcolatrice, spietata nel sottolinearne le debolezze, dà perfettamente conto della condizione contemporanea.
Per questo è necessario che il cuore faccia da mediatore, per riannodare quel dialogo interiore perduto, strozzato da un individualismo soffocante.
Il papa però non si limita a ribadire una preoccupazione che conosciamo bene, ma subito dopo la citazione precedente, sempre nel paragrafo terzo intitolato La tradizione viva, fa riferimento a san John Henry Newman (1801-1890), che nei suoi raffinati studi filosofici e teologici ha approfondito, come pochi altri in questi ultimi due secoli, la vita della coscienza e la sua educazione.
Il termine “coscienza”, facendo una veloce ricognizione sul sito del Vaticano attraverso la ricerca per parole chiave nei documenti magisteriali, è apparso ben 34 volte negli ultimi sei mesi di pontificato; la sua frequenza mensile è superiore a quella di tutti gli ultimi papi, solo san Paolo VI ha avuto una frequenza leggermente superiore in 15 anni di pontificato.
Questa urgenza di riportare l’attenzione su un’esperienza universale che forse diamo troppo per scontata, ci permette di riconoscere che la coscienza non è un rottame del passato oppure qualcosa che può essere ormai facilmente simulato da intelligenze artificiali alla moda, bensì è il nome sintetico, ricco di tradizione viva, di un luogo reale in cui fede, ragione e cuore dialogano alla ricerca della verità.
In questo senso, nella Lettera, il riferimento alla coscienza più pregnante (la parola qui compare quattro volte) è la citazione della Gravissimun educationis, la Dichiarazione sull’educazione cristiana del Concilio Vaticano II che compie 60 anni e che ha fornito l’occasione per questo documento, quando al paragrafo 6.1 si ricorda che lo Stato, oltre alla famiglia, deve considerare «un “diritto sacro” l’offerta di una formazione che consenta agli studenti di “valutare i valori morali con retta coscienza”».
Si può dunque arrivare tutti alla verità, a condizione però che la coscienza sia “retta”, cioè educata secondo i principi oggettivi della Legge naturale e del Magistero della Chiesa.
San John Henry Newman è stato il maestro della retta coscienza in un‘epoca in cui il relativismo cominciava ad essere sempre più aggressivo e devastante (nella cultura teologica della sua epoca si chiamava “liberalismo”, ben descritto nel Biglietto speech, il discorso pronunciato in occasione dell’elevazione alla dignità cardinalizia), tanto che proprio il suo appassionato desiderio di ascoltare e obbedire alla coscienza, lo ha portato ad abbandonare la chiesa anglicana in cui era cresciuto e dove aveva raggiunto alti livelli di responsabilità, per abbracciare alfine la pienezza della verità della Chiesa cattolica.
Riscoprire dunque l’importanza e la bellezza di un’educazione ordinata alla retta ragione sembra essere uno dei punti qualificanti di questo inizio pontificato, anche perché la coscienza, sconvolta nel secolo scorso da ideologie che hanno mirato non solo alla soppressione di ogni libertà esteriore, ma anche alla manipolazione della stessa interiorità umana, continua a subire il fascino di sistemi e tecnologie sempre più invadenti e sofisticate che sembrano volere impiantarsi al posto della coscienza umana, dopo averla definitivamente spezzata.
Per venire a un esempio di questi giorni, basti considerare la discussione sul consenso informato preventivo per trattare tematiche sessuali a scuola: in Parlamento ci sono stati interventi di chi vorrebbe negare alle famiglie il diritto di orientare l’educazione dei figli minorenni, in nome di un presunto obbligo all’educazione civica che ricorda tanto le derive da Stato etico dei peggiori totalitarismi appunto, oltre al disprezzo verso il diritto/dovere delle famiglie all’educazione dei figli.
Riprendendo la bella preghiera del re Salomone nel libro dei Re, chiediamo per noi e per chi ha responsabilità politiche, che il Signore conceda un “cuore intelligente” come scrive l’autore biblico. In fondo un altro modo, più poetico, per dire “retta coscienza”.
Domenica, 23 novembre 2025
