di Antonio Mondelli
In Francia sei mesi di manifestazioni dei gilet jaunes lasciavano intravedere un terremoto politico. In realtà il risultato elettorale dice tutt’altro: con il 22,42% dei consensi, il presidente Emmanuel Macron e il suo “partito personale”, La République en Marche, perdono solo l’1,7% rispetto al primo turno delle elezioni presidenziali del 2017, mentre, sempre rispetto ad allora, il 23,34% ottenuto dal Rassemblement National di Marine Le Pen indica un guadagno di poco meno del 2%. Ne deriva insomma un sistema politico “bloccato”, incapace di rappresentare e di dare voce alla “pancia” del Paese, e un corpo sociale confuso, che non riesce a indirizzare adeguatamente la protesta.
Paradigmatico il risultato ottenuto dai “verdi”. Infatti, anche se la protesta dei gillet jaunes nasce originariamente contro le politiche ecologiste del governo, il partito che è cresciuto maggiormente sono proprio i “verdi” di Europe écologie-Les Verts, partito che, con il 13,48% dei consensi elettorali, è diventato la terza forza politica di Francia.
Legittimamente, pertanto, i commentatori dell’Esagono sostengono che in Francia l’onda “sovranista” non ha sfondato e che il voto delle europee lascia saldamente al potere Macron, rafforzandone la politica europeista.
Per riuscire però a comprendere a fondo quanto accaduto, e soprattutto per arrivare a decifrare le scelte elettorali del popolo francese, agli strumenti interpretativi normalmente utilizzati nelle analisi elettorali bisogna aggiungere un elemento “prepolitico”, tipico della nazione francese: il suo spirito profondamente identitario. E così, percependo come “francese” l’establishment che oggi guida l’Unione Europea, nell’elettorato è scattata una sorta di meccanismo di autoprotezione, che, aldilà di ogni critica legittima, ha generato un sentimento di difesa e di sostegno.
Questo spiegherebbe tra l’altro anche il comportamento elettorale dei cattolici che, secondo quanto riportato da un’analisi dell’istituto Ifop realizzata per conto del quotidiano francese La Croix, hanno votato in massa per Macron nonostante le sue posizioni fortemente anticristiane in ambito morale. Per La République en Marche ha infatti votato il 43% dei cattolici praticanti. E tale comportamento elettorale ha pure contribuito in maniera determinante alla sconfitta dei Républicains, che negli ultimi tempi avevano fatto proprie le battaglie cattoliche sui temi etici e che, per le elezioni europee, avevano messo a capo della propria lista François-Xavier Bellamy, un giovane intellettuale cattolico molto vicino alle posizioni della «Manif pour Tous» e della sua espressione politica, Sens Commun.
Il risultato elettorale francese lascia dunque l’amaro in bocca a chi aveva guardato con speranza a quanto stava accadendo nel paese di San Luigi: l’azione di formazione delle coscienze che da qualche anno la Chiesa Cattolica di Francia sta portando avanti e le iniziative “di piazza” della Manif pour Tous sembrano ancora ben lontane dal produrre i frutti politici sperati.
Lunedì, 3 giugno 2019