Giovanni Paolo II, Cristianità n. 156-157 (1988)
Discorso ai Vescovi italiani riuniti per la XXIX Assemblea Generale, del 3-5-1988, in L’Osservatore Romano, 4-5-1988. Titolo redazionale.
Proclamare e testimoniare la verità e le esigenze etiche che ne derivano
1. «Salutatevi l’un l’altro col bacio di carità. Pace a voi tutti che siete in Cristo» (1 Pt 5, 14).
Mi piace rivolgermi a voi, venerati e carissimi Fratelli, con queste parole dell’Apostolo Pietro, per dirvi fin dall’inizio di questo incontro l’affetto che ho per voi e la comunione solidale con cui accompagno la vostra opera di Pastori, nella consapevolezza del particolare legame che unisce il Vescovo di Roma agli altri Vescovi italiani e alle Chiese che sono in Italia, come dice lo Statuto stesso della vostra Conferenza (cfr. art. 4, par. 2). Saluto il Cardinale Poletti, Presidente, e Mons. Ruini, Segretario. Saluto con effusione di cuore ciascuno di voi. Ringrazio il Signore per l’opportunità che mi è data di incontrarvi collegialmente uniti, mentre attendete ai lavori della vostra XXIX Assemblea, che ha luogo nel corso di questo Anno Mariano, e che dunque affidiamo in maniera particolare alla materna intercessione di Maria.
Conosco il fervore con il quale l’Anno Mariano si sta celebrando nelle vostre diocesi, ravvivando e irrobustendo teologicamente la profonda pietà che, da sempre, lega alla Vergine nostra Madre il popolo cristiano d’Italia. Conosco lo zelo, con cui voi Pastori e i vostri sacerdoti avete operato a questo riguardo, aiutati anche dai validi sussidi messi a punto dalla Conferenza Episcopale. Vi ringrazio di tutto ciò e con voi ringrazio Colui dal quale proviene «ogni dono perfetto» (Gc 1,17).
2. L’Anno Mariano è stato giustamente da voi assunto nella prospettiva dell’evangelizzazione, che è al centro dell’impegno pastorale delle Chiese che sono in Italia: facendo leva sulla devozione a Maria, che e beata perché ha creduto (cfr. Lc 1,45; Redemptoris Mater, 12-19), si può meglio portare il nostro popolo a riscoprire la gioia della fede nella pienezza del mistero di Cristo.
Una tappa di alto significato su questa via dell’evangelizzazione è stata senza dubbio segnata dal recente Convegno Nazionale Catechisti per una Chiesa missionaria. Porto negli occhi e nel cuore la gioia che esso mi ha dato per la realtà viva di un movimento catechistico, che è dono di Dio e legittimo orgoglio dei Vescovi e delle Chiese d‘Italia. Gli orientamenti scaturiti dal Convegno costituiscono un forte e ben fondato motivo di speranza per un’evangelizzazione e una catechesi che, non trascurando in alcun modo i fanciulli e i ragazzi, sappiano però rivolgersi efficacemente ai giovani e agli adulti, andando verso di loro con autentico atteggiamento missionario, e offrendo il messaggio cristiano in termini adeguati ad interlocutori che hanno esperienza della vita di oggi, ne avvertono gli interrogativi, le difficoltà, le tentazioni, ma anche i valori, le possibilità, le prospettive aperte sul futuro.
3. Quasi continuando familiarmente con voi, carissimi Confratelli, il discorso iniziato al Convegno Ecclesiale di Loreto, vorrei riflettere sulle condizioni di questa evangelizzazione e catechesi degli adulti, della quale già allora indicavo l’urgenza primaria (cfr. Insegnamenti, VIII/1 1985, 996).
La radice dello slancio di evangelizzazione e di tutto il dinamismo missionario non può essere che una matura «coscienza di verità», ossia la convinzione, fortemente presente nell’animo degli evangelizzatori e dei catechisti, che la verità di Cristo, affidata alla Chiesa come ad interprete fedele ed annunciatrice instancabile, è l’unica verità in cui sia data salvezza, per gli uomini di oggi e di domani come per le prime generazioni di credenti.
Questa «coscienza di verità» deve essere trasmessa dagli evangelizzatori agli evangelizzandi: essa costituisce oggi il servizio forse più prezioso che possiamo rendere ai fratelli. Se infatti il sentimento religioso e il bisogno di Dio sono ancora ben presenti nel nostro popolo, mostrano anzi una nuova e crescente vitalità, essi indicano anche che è grande lo spazio aperto all’evangelizzazione. Tuttavia non possiamo dimenticare che invece è spesso molto fragile, perché non sufficientemente nutrita e perché sottoposta a molteplici tentazioni ed ostacoli, l’adesione di fede dei nostri cristiani, anche di quelli che hanno una pratica religiosa abbastanza costante.
Gli aspetti negativi e corrosivi di una certa cultura oggi dominante, come l’esaltazione e quasi l’assolutizzazione di una libertà fine a se stessa e perciò instabile e incapace di trascendersi, la schiavitù del possesso e del godimento immediato di beni materiali in quantità e varietà sempre crescente (cfr. Sollicitudo rei socialis, 28), rendono singolarmente difficile una scelta di vita come quella della fede cristiana, nella quale Dio costituisce non un vago riferimento, ma il centro e il fondamento dell’esistenza, e la libertà è chiamata a realizzarsi attraverso una donazione di sé che tende al definitivo e all’eterno.
4. Perché la fede possa essere educata e maturare in Cristo una scelta globale di vita, sono necessarie, insieme alla preghiera e alla testimonianza della carità, un’evangelizzazione e una catechesi che investano, sempre a partire dall’annuncio di Cristo morto e risorto per noi, tutte le dimensioni dell’esistenza.
Nella situazione attuale è anche particolarmente necessario che ci si impegni a mettere in evidenza, a motivare e a far comprendere i contenuti morali della fede e le implicazioni che essi hanno per la vita personale, familiare e sociale. I nostri fedeli devono essere aiutati a rendersi conto che la verità di Cristo, presentata ed accolta nella sua interezza, contiene una proposta di vita e un modello di umanità esaltanti e liberanti.
Il contesto sociale e culturale in cui ci troviamo, sempre più complesso e soggetto a trasformazioni rapide e profonde, esige una continua attenzione ai segni mutevoli dei tempi e una grande capacità di comprensione. Senza di esse non potremmo riuscire a superare la frattura tra Vangelo e cultura, per giungere ad incarnare la fede nel nostro tempo.
Ma perché ciò non finisca per condurre fuori strada, è necessario farsi guidare da un autentico discernimento evangelico, che tenga conto dell’intera verità di Cristo, senza nascondersi le differenze profonde e le opposizioni talvolta radicali che esistono, a livello di idee e di orientamenti pratici, nei filoni ideali e culturali e nei modelli di vita oggi diffusi e spesso dominanti.
In una società come quella italiana, caratterizzata da un radicato pluralismo, è richiesta ai credenti una forte capacità di ascolto e di dialogo verso gli altri: una capacità nutrita di amore e di rispetto. Ciò tuttavia non significa che essi non debbano esprimere e testimoniare, con chiarezza e integrità, la Parola che è stata loro affidata e le esigenze etiche che ne derivano. Sarebbe una illusione, con possibili conseguenze deleterie per la fede del nostro popolo, ritenere che si possa realizzare l’evangelizzazione attenuando i profili della fede, dell’etica cristiana e della dottrina sociale della Chiesa, o mettendo al primo posto, invece che la proposta franca ed organica della verità di Cristo, il confronto culturale e il tentativo di realizzare intese tra posizioni diverse, in realtà spesso inconciliabili.
5. L’evangelizzazione e la catechesi sono un evento di Chiesa, poiché è alla Chiesa, e in essa specificamente ai Pastori, che il Signore risorto ha affidato il mandato missionario: «Andate e fate discepole tutte le genti» (cfr. Mt 29,19). La comunione ecclesiale, il vincolo di unità e fraternità, che deve legare insieme i credenti in Cristo, costituisce pertanto la condizione necessaria per la evangelizzazione e il grande segno della credibilità del messaggio: «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21).
In particolare le varie espressioni del laicato cattolico devono considerare come propria meta e ambizione non l’affermazione unilaterale di un proprio punto di vista o la prevalenza nei confronti di altri, bensì il servizio sincero alla comunione, in piena apertura e docile disponibilità alla guida dottrinale e pastorale dei propri Pastori. Questa esigenza, valida per tutti, diventa tanto più stringente quanto più diretti e organici sono il collegamento e il rapporto di collaborazione con la Gerarchia.
Carissimi Fratelli, so che voi operate costantemente per assicurare l’unità e il dinamismo missionario delle Chiese che vi sono affidate. Continuate a farlo con fiducia, confortati dalla gioia della piena comunione col Successore di Pietro.
6. Nel quadro dell’impegno per l’evangelizzazione e per l’edificazione della comunità, molti temi e argomenti della vostra Assemblea acquistano pieno risalto.
Auspico in particolare il miglior successo dell’iniziativa che avete allo studio a favore della «cultura della vita» e di tutta la vostra azione pastorale a sostegno della famiglia. Il riconoscimento della sacralità della vita umana, in ogni suo momento, e del ruolo decisivo che ha la famiglia sono elementi essenziali dell’opera di evangelizzazione e contributi primari al vero sviluppo della società.
L’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche costituisce giustamente, ormai da anni, un punto privilegiato della vostra sollecitudine pastorale. Mentre auspico insieme con voi che trovino rapida e giusta soluzione i problemi ancora oggetto di trattativa col Governo italiano, esorto ad un impegno solerte la comunità ecclesiale, gli insegnanti, i genitori e gli alunni perché sia confermato anche quest’anno che l’insegnamento della religione è un servizio prezioso alla crescita spirituale e culturale e all’educazione morale dei ragazzi e dei giovani, un servizio apprezzato e voluto dalla grandissima maggioranza delle famiglie e degli studenti.
La ripresa delle Settimane Sociali, che si annuncia ormai prossima, rappresenta per parte sua una grande opportunità di mettere in rapporto l’insegnamento sociale della Chiesa — che fa parte della sua missione evangelizzatrice (cfr. Sollicitudo rei socialis, 41) — con i problemi molteplici che fermentano nella vita della Nazione italiana, ricca di dinamismo ma anche posta a confronto con i risvolti negativi di uno sviluppo non sempre equilibrato e attento alle dimensioni integrali della persona.
Altro tema altamente meritevole della vostra attenzione è quello del «quotidiano cattolico». E ben nota la sua importanza, sia per la comunicazione all’interno della Chiesa sia per una presenza cristiana puntuale e attendibile nel dibattito delle idee e negli eventi che continuamente si susseguono. Ogni sforzo per la sua qualificazione e diffusione è dunque un servizio all’evangelizzazione e un contributo alla crescita della coscienza di Chiesa.
Il Documento su comunione, comunità e disciplina ecclesiale, di cui avete iniziato la preparazione e che concluderà il piano pastorale degli anni ’80 dedicato a Comunione e comunità, potrà a sua volta favorire sempre di più l’ordinata compaginazione della vita ecclesiale e quindi l’impegno missionario dei cattolici in Italia. Il rinvigorimento della disciplina ecclesiale non mortifica infatti lo sviluppo dei carismi, ma piuttosto lo garantisce e lo consolida, perché fa sì che ogni dono dello Spirito serva all’edificazione della Chiesa e tomi a comune vantaggio, conformandosi alla finalità per la quale è stato elargito (cfr. 1 Cor 12,7; Lumen Gentium, 12).
7. Venerati Confratelli, l’edificazione della Chiesa e la stessa evangelizzazione hanno, come ben sappiamo, nell’Eucaristia il loro momento fontale e culminante (cfr. Presbyterorum Ordinis, 5.6). Il Congresso Eucaristico Nazionale di Reggio Calabria, le cui celebrazioni conclusive sono ormai imminenti, potrà dunque dare al nostro cammino apostolico il nutrimento più prezioso e decisivo, il pane vero che discende dal Cielo e dà la vita al mondo (cfr. Gv 6,33).
Ci diamo dunque reciproco appuntamento a Reggio Calabria per la conclusione del Congresso: chi non potrà intervenire materialmente sarà certo presente nella preghiera e nella comunione fraterna.
Mettiamo nelle mani di Maria, Madre del Redentore e Madre dei redenti, le nostre gioie e speranze, fatiche e preoccupazioni, sapendo che attraverso la sua mediazione materna siamo particolarmente vicini, al cuore del nostro Dio.
Nel suo nome e con abbondanza di affetto imparto a ciascuno di voi e alle Chiese, a voi affidate, la Benedizione Apostolica.
Giovanni Paolo II