L’11 marzo 1987, a Ginevra, la Commissione per i Diritti Umani dell’organizzazione delle Nazioni Unite, nel corso della sua 43a Sessione, respinge — con diciannove voti contro diciotto — la richiesta degli Stati Uniti di discutere una risoluzione di denuncia e di condanna della violazione sistematica dei diritti umani a Cuba. La scandalosa decisione viene stigmatizzata in un documento di detenuti politici cubani significativamente datato 12 marzo dello stesso 1987. Un anno dopo — nel marzo del 1988 — la delegazione statunitense, guidata da Armando Valladares Pérez, ottiene la nomina di una commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite incaricata di verificare direttamente a Cuba la violazione dei diritti umani perpetrata dal regime socialcomunista. In attesa di giustizia — e nella speranza che tale attesa non venga nuovamente e cinicamente delusa — presentiamo il testo del documento uscito dalle carceri di Fidel Castro Ruz in una traduzione e con un titolo redazionali.
Ancora tragicamente attuale
Dichiarazione di protesta di prigionieri politici cubani
Prigione politica di Boniato, 12 marzo 1987
Rendere onore, ricevere onore.
JOSÉ MARTÍ
Con la più profonda deferenza noi sottoscritti, prigionieri politici della prigione di Boniato – Santiago di Cuba, Cuba – vogliamo con la presente attestare quanto segue:
1. Siamo profondamente delusi nelle nostre speranze di giustizia attraverso l’Organizzazione delle Nazioni Unite dallo svolgimento della 43a Sessione della Commissione per i Diritti Umani.
2. In tale sessione sarebbe stato comprensibile un atteggiamento indifferente da parte di paesi di regioni del mondo che non hanno conosciuto gli orrori, la barbarie e la repressione che hanno patito in genere il popolo cubano e in specie i suoi detenuti politici. Ma che gli indifferenti e, peggio ancora, gli alleati dei nostri oppressori e torturatori siano paesi latinoamericani è qualcosa che da inaudito diventa vergognoso.
3. Tutti i paesi latinoamericani conoscono da molti anni la situazione sociopolitica e socioeconomica a Cuba, caratterizzata da un sistema di oppressione e di terrore indescrivibili, che giunge ad assumere tratti danteschi nelle prigioni, e le cui prove sono state presentate in diverse occasioni in sede di Commissione per i Diritti Umani dell’Organizzazione degli Stati Americani, divenendo oggetto di numerose mozioni di condanna.
4. Che paesi come il Venezuela e la Colombia, di grande tradizione democratica e seriamente impegnati nel rispetto dei diritti umani, si siano resi complici dei nostri aguzzini e si siano trasformati in manutengoli del sangue versato e del dolore sofferto da migliaia di cubani è un affronto, uno schiaffo in pieno volto alla giustizia e alla coscienza umana.
5. Siamo certi che questi governi, con il loro atteggiamento, non hanno espresso l’autentico sentire dei rispettivi popoli, che hanno accolto nel loro seno migliaia di cubani, segnati nel corpo e nell’anima dalle cicatrici della barbarie e dell’orrore sofferti.
6. Questi paesi, con il loro voto, hanno detto che è giusto che il popolo cubano non possa eleggere i suoi governanti, ma che li scelga il comitato centrale del partito comunista; che i cubani non comunisti siano discriminati e bollati, e che non possano accedere alle scuole tecniche e professionali; che i cubani non comunisti non possano aspirare a occupare né occupino i posti di lavoro ai quali potrebbero accedere secondo le loro capacità; che i cubani non comunisti non abbiano diritto di costituire partiti politici, né di occupare posti elettivi nel governo; che i cubani non abbiano diritto a sindacati liberi né a costituire organizzazioni che veglino sul rispetto dei diritti umani; che i cubani non comunisti non possano scrivere né esprimere liberamente ai propri concittadini il loro pensiero e le loro opinioni; che ai cubani sia proibito predicare Cristo fuori dalle chiese; che gli operai cubani abbiano perso i loro diritti e la possibilità di avanzare le loro rivendicazioni; che i prigionieri politici siano stati giudicati senza nessun genere di assistenza giuridica e condannati senza giudizio; che i prigionieri politici abbiano dovuto restare in carcere dopo aver scontato le loro condanne; che i prigionieri politici siano stati torturati arbitrariamente e selvaggiamente, quando non massacrati a bastonate, a colpi di baionetta e di arma da fuoco; che i prigionieri politici siano stati costretti ai lavori forzati; che, come in epoca coloniale, ai prigionieri venga inflitto ogni genere di vessazione, dalla nudità, dalla fame e dalla convivenza con i prigionieri comuni fino alla spogliazione delle poche proprietà concesse; che i prigionieri politici siano stati torturati sottoponendoli a esperimenti biologici di denutrizione con diversi esiti fatali; che i prigionieri politici siano stati torturati rinchiudendoli in celle «murate», «a cassetto», e sottoponendoli a rumori elettronici insopportabili; che i prigionieri politici ricevano un’assistenza medica o precaria oppure nulla, e che trascorrano anni e anni senza poter vedere i propri familiari e senza indumenti. L‘elencazione di tutti i crimini di «lesa umanità» renderebbe interminabile questa dichiarazione. Le prove sono sovrabbondanti e sedici nostri ex compagni di prigionia lo hanno attestato in occasione della 43a Sessione di Ginevra. Il voto di questi cinque paesi sembra, in particolare, sostenere che tutte queste violazioni dei diritti umani in America Latina siano giuste e tollerabili.
7. Non siamo disposti a tollerare in silenzio simili canagliate, a sacrificare i nostri principi oppure a tacere le ingiustizie in cambio della nostra libertà. Lo proclamiamo con un grido di vergogna e di dignità.
8. Il suo voto a Ginevra, signor Jaime Lusinchi, è vergognoso. Il suo voto a Ginevra, signor Virgilio Barco, è indignante. Il suo voto a Ginevra, signor Raul Alfonsin, «Doctor Honoris Causa in diritti umani», è infame. Il suo voto a Ginevra, signor Alan Garcia, è abbietto. Il suo voto a Ginevra, signor Miguel de La Madrid, riflette il suo disprezzo totale per la libertà e per la giustizia. Signori Presidenti di Argentina, Colombia, Messico, Perù e Venezuela, il desiderio di unità latinoamericana non può mai costituire scudo protettore che aiuti a perpetuare il sistema di odio, di miseria e di sangue nella nostra patria cubana.
L’alleanza con il male non potrà mai portare al bene. Il nostro apostolo, José Martí, ha detto con chiarezza: «Ogni causa deve nascere pura già a partire dalla radice».
9. Respingiamo in modo categorico l’identificazione e la classificazione menzognere, perfide e calunniose che delle nostre persone diffondono i funzionari comunisti cubani. I venti e più anni — in media ventiquattro — che abbiamo trascorso in carcere a fronte sempre alta parlano da soli della morale e dei valori patrii che ci sostengono. La perdita dei nostri focolari, lo smembramento delle nostre famiglie, la distruzione delle nostre aspirazioni scolastiche e professionali, la spogliazione di tutte le nostre risorse economiche, l’offerta della nostra gioventù, la nostra salute spezzata, mettono in evidenza il grado di sacrificio con cui abbiamo pagato e continuiamo a pagare la nostra indefettibile posizione a fianco della verità, della giustizia e della libertà del nostro popolo.
10. Con assoluta convinzione qualifichiamo il giorno 11 marzo 1987 come il Giorno della Vergogna Latinoamericana, perché mandatari di popoli fratelli si sono prestati a legalizzare vigliaccamente le atrocità commesse dal comunismo internazionale e dai suoi servi nella nostra patria.
Ci sia concesso di approfittare dell’occasione per esprimere la testimonianza della nostra sincera riconoscenza e della nostra più profonda gratitudine ai governanti di Australia, Austria, Belgio, Costa Rica, Filippine, Francia, Gambia, Giamaica, Giappone, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Lesotho, Liberia, Norvegia, Repubblica Federale di Germania, Stati Uniti d’America e Togo, che con il loro voto hanno agito in conformità con le prove inconfutabili e con le testimonianze presentate in occasione della 43a Sessione della Commissione per i Diritti Umani dell’Organizzazione delle Nazioni Unite dai nostri sedici fratelli, che hanno condiviso per anni interminabili gli orrori dei detenuti politici nella Cuba di oggi.
Di fronte a questa posizione degna i governanti degli altri diciannove paesi hanno contratto un grave debito morale e storico con il nostro popolo, con tutti gli uomini che amano la libertà e con le generazioni future impedendo, con il loro voto vergognoso nel forum, che venisse sottoposto alla sua approvazione il progetto di risoluzione nordamericano, che dichiarava il regime di Fidel Castro colpevole di calpestare sistematicamente i diritti umani. L’infamia non deve mai rimanere impunita. Il voto complice di questi diciannove paesi è certamente lesivo delle tradizioni democratiche e dei più sacri principi dell’umanità.
Dio, Patria e Libertà
Nello spirito di José Martí
Luis Zúñica Rey, Reinaldo López-Lima Rguez, Guillermo Rivas Porta, Isnaldo Fernandez Guerra, Reinaldo Pérez Rodriguez, (Roberto) Martin Pérez, Pablo Prieto Castillo, José L. Pujals Mederos, Eleno Oviedo Alvarez, Félix R. Piña Proto, Ángel Pardo Mazorra, Miguel Mendoza, Carlos F. Mariscal, Ángel L. Arguelles, Roberto Perdomo Diaz, Juan Soto Guevara, Carlos Cabrera R., Dr. Alberto Fibla González, Guillermo Escalada Montalvo, Juan Rodriguez Esquia, Enrique García Palomino, Félix L. Vásquez Robles, Alberto C. Jané Padrón, Reinaldo Figueroa Gálvez, Alfredo Mustelier Nuevo, Celestino Hernández Hernández, Manuel Márquez Trillo, Plácido Diaz Millo, Ignacio R. Cuesta Valle.