«L’antitesi perfetta della Rivoluzione» è il modo in cui il padre gesuita Raffaele Ballerini (1830-1907), dalle pagine de La Civiltà Cattolica, definì Carlo Maria di Borbone e d’Austria-Este (1848-1909), pretendente al trono di Spagna con il nome di Carlo VII ai tempi della cosiddetta terza guerra carlista (1872-1876). Infatti, se da una parte «[…] la Rivoluzione nega i diritti di Dio, della Patria e del Re e, colla forza e coll’inganno, tenta di sbandirli dalla terra[,] Carlo, opponendo la forza alla forza e la verità cattolica alla menzogna settaria, intende di restituire a Dio i suoi diritti, alla Patria il suo riposo, al Re la sua maestà. Egli vuole abbattere in Ispagna la torre babelica della massoneria e surrogarvi quell’ordinamento cristiano, che fu per lunghi secoli pietra angolare delle sue grandezze e radice di una prospettiva senza pari» (p. 77).
Non è questa la sede per ricostruire la genesi della disputa dinastica che diede origini alle guerre civili spagnole del secolo XIX. Quel che è certo che da quella disputa nacque il carlismo, un movimento politico-culturale caratterizzato da una visione del mondo “antagonista” in senso contro-rivoluzionario e destinato a influenzare anche il secolo XX. Come spiega il curatore del volume, la Spagna, fra il 1833 e il 1876, vide la contrapposizione di due concezioni del mondo inconciliabili: «Da un lato quella liberale, incarnata nei seguaci di Isabella (o isabellini), fautori di una monarchia accentratrice, erede di quella assoluta, costituzionale, sostanzialmente indifferentista in religione» quando non apertamente ostile – aggiungo io –, «dall’altro la visione del mondo tradizionale, incarnata nei […] Carlisti, fautori di una monarchia organica, profondamente cattolica, rispettosa dei diritti locali (fueros)» (p. 5).
L’interesse del volume – il secondo della Collana di Studi Carlisti inaugurata dalla riedizione del fondamentale Il Carlismo di Francisco Elias de Tejada (1917-1978), Francisco Puy Muñoz e Rafael Gambra Ciudad (1920-2004) – sta anche nel fatto che il lettore potrà apprezzare il «tono» molto poco clericale e buonista che ha caratterizzato La Civiltà Cattolica nei primi cento anni dalla sua fondazione. La rivista quindicinale di cultura dei gesuiti italiani, fondata a Napoli il 6 aprile 1850, su iniziativa di padre Carlo Maria Curci (1809-1891), coadiuvato dal filosofo del diritto Luigi Taparelli D’Azeglio (1793-1862), e dal cultore della filosofia tomista Matteo Liberatore (1810-1892) faceva tendenzialmente sua una lettura della storia propria della scuola cattolica contro-rivoluzionaria. Basti pensare che, sulla stessa rivista, padre Ballerini aveva già interpretato il fenomeno del brigantaggio meridionale post-unitario nella Penisola italica come la legittima resistenza di un popolo a una conquista non solo territoriale, ma soprattutto ideologica e, nello stesso articolo sopra citato, denunciava l’«impostura del parlamentarismo» definita come «la tirannide legale dei pochi sopra tutti» (p. 85). Il padre si augurava infatti che, in un futuro assetto istituzionale, il re fosse piuttosto assistito, «[…] dai veri rappresentanti del popolo, che formino Camere consultive in politica [e] legislative in amministrazione» (p. 86).
Consigliabile ai cultori di storia e di politica, e anche a chiunque voglia conoscere gli eventi che hanno remotamente preparato la cruzada (1936-1939)
Categoria:Saggio
Autore:a cura di Gianandrea de Antonellis
Pagine: 112 pp
Prezzo: € 10,00
Anno: 2019
Editore:Solfanelli (Chieti)
ISBN: 978-8833051277