Cristianità, 167-168 (1989)
Con il canto del Vexilla Regis – inno dei Vespri nel tempo della Passione composto a Poitiers attorno al 569 da Venanzio Fortunato in occasione dell’arrivo di una reliquia della Santa Croce donata a santa Redegonda da Giustiniano II, imperatore d’Oriente, e spesso intonato dai combattenti della Contro-Rivoluzione vandeana – nel pomeriggio di sabato 25 febbraio 1989 si è aperto a Roma, presso l’Augustinianum, il Convegno Internazionale Contro l’Ottantanove. Miti, interpretazioni e prospettive, promosso da Alleanza Cattolica e da Cristianità.
La prima sessione
Davanti a quasi seicento persone – un pubblico in parte proveniente dalle più diverse località del territorio nazionale e composto prevalentemente da giovani, con una buona presenza di esponenti del clero regolare e secolare -, a nome dell’associazione promotrice ha introdotto i lavori, e presieduto la prima sessione, il professor Marco Tangheroni, ordinario di Storia Medioevale all’Università di Pisa. Indicando gli scopi del Convegno il docente ha affermato che gli organizzatori non avevano intenzioni commemorative – fatta naturalmente salva la pietà per le vittime della Rivoluzione francese e l’ammirazione per quanti hanno opposto a essa una coraggiosa resistenza -, ma volevano piuttosto portare, e attirare, l’attenzione sulle idee all’origine del fenomeno sovversivo, sui fatti che lo caratterizzarono e sui miti ancora oggi ampiamente presenti nella storiografia: a questo proposito ha denunciato un tentativo di falsa “demitizzazione” – attualmente messo in opera, fra altri, dal sociologo Francesco Alberoni – consistente nel separare, se non addirittura nel contrapporre, la Rivoluzione dell’Ottantanove e l’illuminismo, per liberare quest’ultimo dalle responsabilità delle sue conseguenze pratiche, scomode verità di fatto – ormai quasi alla portata di tutti – sugli avvenimenti e sulle ideologie che li hanno generati.
Dopo aver ricordato come il tema affrontato dal Convegno sia sempre stato al centro della riflessione culturale di Alleanza Cattolica – nata appunto dalla volontà di comprendere le cause della crisi dell’uomo e del mondo contemporanei per contribuire a porvi adeguato rimedio -, il professor Marco Tangheroni è passato a presentare i relatori della prima sessione in cui si è articolato il Convegno, cioè gli storici francesi Jean Dumont e Reynald Secher.
“La Rivoluzione francese contro la Chiesa cattolica”
Autore, fra l’altro, di opere in cui fonda su solida documentazione e sostiene polemicamente la tesi del carattere essenzialmente anticristiano della Rivoluzione dell’Ottantanove, Jean Dumont ha descritto, in una relazione intitolata La Rivoluzione francese contro la Chiesa cattolica, il programma di distruzione dell’istituzione ecclesiastica messo in opera fin da subito e senza interruzione dai rivoluzionari. Dopo aver ricordato che la violenza rivoluzionaria non viene inaugurata – come recita il luogo comune – dalla presa della Bastiglia il 14 luglio 1789, ma dal saccheggio e dalla distruzione della casa parigina dei lazzaristi il giorno precedente, il 13 luglio, lo storico ha ripercorso le tappe in cui si è sviluppato il tentativo di scristianizzazione totale della Francia, dalla nascita della Chiesa Costituzionale, in contrapposizione a quella fedele al Papa, all’interdizione completa del culto cattolico decretata nell’autunno del 1793. Concludendo, Jean Dumont ha messo in evidenza come la programmata scristianizzazione totale non si sia potuta realizzare grazie alla strenua resistenza vandeana, che costrinse la Repubblica a concedere la libertà di culto con il trattato di Le Jounais, del 1795, trattato di cui beneficerà poi tutto il paese. Ma se la Rivoluzione non è riuscita a tradurre in pratica il suo programma di completa scristianizzazione, ha comunque inferto un grave colpo alla presenza della religione cattolica in Francia, come dimostrano i dati – accuratamente riferiti dallo storico francese e raccolti nelle sue opere – che attestano come la pratica religiosa non si sia a tutt’oggi ristabilita nella misura precedente gli accadimenti rivoluzionari laddove maggiormente si è prodotta la testimonianza negativa del clero costituzionale.
“Il genocidio vandeano”
Inserendosi nel quadro generale tracciato da Jean Dumont, ha quindi preso la parola il professor Reynald Secher, le cui opere hanno già dato un importante contributo per far uscire dall’oblio, in cui erano stati relegati dalla storiografia ufficiale, uomini e fatti della Resistenza cattolica contro-rivoluzionaria nella cosiddetta Vandea militare, nonché i massacri ordinati dalla Convenzione e dal Comitato di Salute Pubblica contro le popolazioni della stessa regione. Il giovane studioso di Nantes ha svolto il suo applauditissimo intervento, intitolato Il genocidio vandeano, per provare appunto che i massacri perpetrati contro le popolazioni della Francia centro-orientale non possono essere semplicemente presentati come eccessi occasionali, ma configurano inequivocabilmente un genocidio. Iniziata nel marzo del 1793, dopo la promulgazione della legge Jourdan, che prevedeva l’arruolamento forzato di trecentomila uomini nell’esercito repubblicano, l’insurrezione vandeana conosce una prima fase, che si prolunga fino al dicembre dello stesso anno, una fase in cui è soltanto una guerra civile culminata nella sconfitta dell’esercito degli insorti a Savenay nei giorni 21 e 23 dicembre. A questa prima fase – ha spiegato Reynald Secher – segue “l’applicazione fredda del genocidio, i cui princìpi sono stati enunciati molto presto, sembra dal maggio del 1793”: si tratta di un genocidio realizzato dalle “colonne infernali” del generale Louis Turreau de Lignières, che attraversano la regione insorta animate dall’intenzione di far sì che “nulla sfugga alla vendetta nazionale”; dalla flottiglia sulla Loira, che mira a “ripulire” i territori rivieraschi dai ribelli; e, infine, dal Comitato di Sussistenza, creato il 22 ottobre 1793 per “portare l’ultimo colpo” alla Resistenza vandeana, privando la popolazione di ogni risorsa materiale, cioè requisendo metodicamente bestiame, vettovaglie e le stesse proprietà immobiliari proscritte e abbandonate.
Al termine del suo intervento – costellato dalla rievocazione di episodi agghiaccianti – Reynald Secher ha fornito i dati per fare un bilancio quantitativo dell’insurrezione e della repressione: la Vandea militare, costituita da quattro degli attuali dipartimenti della Francia con un totale di 773 comuni disposti su circa diecimila chilometri quadrati, ha perduto quasi il 15% della popolazione – 117.257 persone su 815.000 – e circa il 20% delle proprietà immobiliari registrate – 10.309 case su 53.273 -, cifre di un autentico olocausto voluto per estirpare una “razza maledetta”, giudicata ideologicamente irrecuperabile da quanti hanno pensato la Rivoluzione e da quanti l’hanno realizzata.
La seconda sessione: “Religione e Rivoluzione francese”
Conclusa la prima sessione del Convegno, dopo un breve intervallo i lavori sono ripresi sotto la presidenza del professor Mauro Ronco, straordinario di Diritto Penale nell’Università di Cagliari, che ha cortesemente accettato di sostituire il dottor Francesco Mario Agnoli, membro del Consiglio Superiore della Magistratura e scrittore, improvvisamente impossibilitato a essere presente. Il professor Mauro Ronco ha proceduto alla presentazione del dottor Massimo Introvigne, autore di saggi di carattere giuridico e filosofico-morale oltre che specialista di fama internazionale nel settore dei nuovi movimenti religiosi – è direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni -, che ha svolto una relazione sul tema Religione e Rivoluzione francese. Dopo aver descritto, sulla base della più recente e accreditata storiografia, lo stato e la situazione della religione nel regno di Francia prima, durante e dopo gli accadimenti che ne hanno sovvertito l’antico regime, il relatore ha trattato dei fenomeni di “nuova religiosità” che si sono manifestati, soprattutto a Parigi, nel clima rivoluzionario, fra cui i culti razionalisti, lo spiritismo e la cartomanzia; successivamente ha analizzato i due esiti scismatici che si sono prodotti nel mondo cattolico relativamente ai rapporti della Chiesa con la Rivoluzione, cioè la Petite Église, sorta dal rifiuto del Concordato fra la Santa Sede e Napoleone Bonaparte, nel 1801, ad opera di tre vescovi e di circa ventimila fedeli, e la Chiesa Costituzionale, promossa da quattro vescovi e da circa il 48% del clero francese e caudataria del regime rivoluzionario.
Quindi il dottor Massimo Introvigne ha esposto l’interpretazione della Rivoluzione dell’Ottantanove da parte delle grandi correnti storiografiche dell’Ottocento, soprattutto di quella cattolico-democratica, che tratta la Grand Révolution alla stregua di un “mito di origine”, indispensabile alla sua stessa esistenza; poi ha sinteticamente ricordata la lettura che dello stesso fenomeno storico danno gli studiosi e i cattolici che lo hanno in diversi modi contrastato e combattuto. Fra questi ultimi il relatore ha particolarmente evidenziato quanti, fondandosi su una teologia della storia drammatizzante, hanno preso atto delle novità del contesto culturale creato dalla Rivoluzione – quelle novità che costituiscono propriamente la modernità -, ma non hanno assolutamente trasformato il fatto in un ideale, piuttosto proponendosi di operare realisticamente nella prospettiva di una nuova evangelizzazione, che possa restituire all’influenza della Chiesa cattolica non solo i singoli ma anche le nazioni che sono state a essa surrettiziamente o violentemente sottratte.
La terza sessione
I lavori del Convegno sono ripresi la mattina di domenica 26 febbraio con la terza – e conclusiva – sessione presieduta dal professor don Luigi Negri. Nel suo intervento il sacerdote lombardo, docente di Filosofia Morale nell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha ricordato come l’unico frutto storico della Rivoluzione francese sia stata la creazione di uno Stato che non riconosce nessuna istanza superiore a sé, così pregiudicando gravemente gli sforzi compiuti dopo la Rivoluzione per individuare modalità di gestione del potere più partecipate, cioè più veramente democratiche, e ha sottolineato la necessità che, nella prospettiva di una nuova evangelizzazione, prenda “forma non l’utopia di uno Stato perfetto, ma il processo, eminentemente umano perché sostanzialmente etico, della creazione della “civiltà della verità e dell’amore”: il massimo della giustizia e della pace per tutti gli uomini”.
“L’influsso della Rivoluzione francese nel diritto pubblico e privato attuale”
Presentato dal professor Marco Tangheroni, che ne ha brevemente illustrato la cospicua opera scientifica, ha quindi preso la parola il giurista e accademico di Spagna Juan Vallet de Goytisolo, fra l’altro fondatore dell’Editorial Speiro e della rivista Verbo, che da anni alimentano di dottrina la cultura cattolica contro-rivoluzionaria di tutto il mondo. Nel suo magistrale e articolato intervento – dedicato a L’influsso della Rivoluzione francese nel diritto pubblico e privato attuale – l’illustre studioso e pensatore spagnolo ha anzitutto descritto le conseguenze dell’ideologia rivoluzionaria nel diritto pubblico, mostrando come essa abbia favorito la massificazione della società e la conseguente onnipotenza dello Stato, così promuovendo un tipo di democrazia rappresentativa ma non ugualmente partecipativa.
Relativamente all’influsso della Rivoluzione francese nel diritto privato, Juan Vallet de Goytisolo ha tracciato la storia della concezione e della redazione del codice civile, dal periodo della Convenzione a quello del Consolato, quando viene definitivamente approvato un testo che introduce nell’ordinamento giuridico il principio della sovranità assoluta della legge positiva, opera dello Stato e del suo potere legislativo illimitato, e che così apre le porte a tutta la legislazione rivoluzionaria successiva sulla famiglia. Il relatore ha anche messo in evidenza come l’ideologia illuministica, all’origine del fenomeno rivoluzionario in Francia, con il suo riferimento a un tipo di uomo astratto, astorico quando non antistorico, ha indotto la formulazione di un preteso diritto perfetto, applicabile a tutti gli uomini in ogni luogo e in ogni tempo, in questo modo dilatando smisuratamente il potere dello Stato – un pericolo già paventato, cinquant’anni prima dell’esplosione della Rivoluzione, da Charles-Louis de Secondat, barone di Montesquieu – e lasciando il cittadino solo di fronte alla pubblico autorità, senza più protezioni naturali e sociali. “Il preteso trasferimento di sovranità – dal re alla nazione – nasconde una creazione”, ha detto Juan Vallet de Goytisolo citando il giurista francese Georges Ripert: “Il re di Francia non ha mai avuto il potere legislativo o, almeno, un potere paragonabile a quello del parlamento moderno. Non è necessario ricordare le ragioni storiche per cui era obbligato a condividere la sovranità. Basta constatare che non osava toccare il diritto civile”. Alla drammatica situazione di onnipotenza dello Stato, che si è venuta creando con e grazie alla Rivoluzione francese, si può far fronte – ha concluso il relatore – soltanto con una revisione previa di tutti i miti rivoluzionari e con il rifiuto di tutte le aberrazioni che li hanno seguiti, ma soprattutto con il ritorno alla trascendenza che appunto la Rivoluzione dell’Ottantanove ha inteso soppiantare elevando la ragione umana a legge, a verbo del Leviatano che viene oggi presentato come Demos.
“La Rivoluzione dell’Ottantanove nel processo rivoluzionario”
La relazione ultima – e conclusiva – del Convegno è stata svolta da Giovanni Cantoni, reggente nazionale di Alleanza Cattolica e direttore di Cristianità. Dopo aver ricordato che la dottrina sociale della Chiesa rientra nell’ambito della teologia morale e si può qualificare come teologia della società, il relatore si è soffermato sulla teologia della storia come parte della teologia della società, teologia della storia presente nel pensiero di sant’Agostino e nella dottrina spirituale di sant’Ignazio di Loyola e di san Luigi Maria Grignion di Montfort e recepita dal Magistero: nel quadro di questa dottrina, che descrive e interpreta la storia sub specie aeternitatis, viene compreso e illuminato nelle sue cause più profonde il secolare processo di scristianizzazione di cui la Rivoluzione francese costituisce un episodio fra i più carichi di conseguenze. Essa infatti – ha ricordato Giovanni Cantoni – ha dato origine all’individualismo e all’ugualitarismo politico nonché all’individualismo economico, che hanno fatto seguito all’individualismo e all’ugualitarismo religiosi promossi dalla Riforma protestante, e deve essere studiata – ha aggiunto, indicando così uno dei principali scopi del Convegno – per “conoscere e […] far conoscere la Rivoluzione in una sua tappa rilevante per quanto ha prodotto e per quanto è ancora vigente”. Ma lo studio non deve essere fine a sé stesso: ne deve prendere le mosse un’azione volta a rimuovere gli ostacoli che la Rivoluzione ha posto sulla via del reditus, del ritorno al Padre, tanto che “rimuovere questi ostacoli […] significa fare la Contro-Rivoluzione”. Rimuovere questi ostacoli in rapporto alla Rivoluzione francese significa, concretamente, battersi per una collaborazione fra Chiesa e Stato sulla base di un rapporto privilegiante, fatta salva la dottrina sulla libertà religiosa; promuovere una concezione della nazione non come “messa insieme di individui”, ma come insieme gerarchico di gruppi; valorizzare nella vita socio-politica non solo l’uguaglianza fondamentale fra gli uomini, ma anche le loro differenze tradizionali e vocazionali, avendo perciò attenzione ai corpi intermedi, a partire dalla famiglia; infine, rivalutare il mandato imperativo di contro all’uso indiscriminato e mistificante di quello ampio e indeterminato.
L'”Angelus” con il Santo Padre Giovanni Paolo II
Al termine dei lavori i partecipanti si sono portati nell’adiacente piazza San Pietro per ascoltare la domenicale riflessione di Sua Santità Giovanni Paolo II e per recitare l’Angelus con il Sommo Pontefice: una significativa coincidenza ha voluto che il tema della meditazione fosse, nell’occasione, l’Incoronazione di spine del Signore Gesù, soggetto privilegiato di contemplazione nella spiritualità di Alleanza Cattolica, che in essa legge la figura di ogni negazione storica della regalità sociale del Signore.
Infine, nella cappella di Santa Monica il reverendo don Alfredo Morselli, del clero di Massa Carrara-Pontremoli, ha celebrato la santa Messa secondo il messale del 1962. La cerimonia liturgica è stata accompagnata da canti eseguiti dal coro della Societas Sancti Gregorii di Ferrara, che già aveva guidato, in apertura del Convegno, l’esecuzione dell’inno Vexilla Regis.
Adesioni e presenze
Al Convegno ha fatto pervenire il suo augurio S.E. il Signor Cardinale Silvio Oddi, prefetto emerito della Sacra Congregazione per il Clero: il porporato, che avrebbe dovuto celebrare la santa Messa di chiusura dei lavori, era assente dall’Italia in quanto inviato straordinario in missione speciale ai funerali dell’imperatore del Giappone Hirohito. Attraverso Juan Miguel Montes Cousiño, che dirige l’Ufficio Tradizione Famiglia Proprietà in Roma, il professor Plinio Corrêa de Oliveira, presidente della Sociedade Brasileira de Defesa da Tradição, Família e Propriedade – la TFP brasiliana -, ha inviato a Giovanni Cantoni un messaggio di adesione amicale in cui afferma che “l’iniziativa merita ogni plauso, perché non si apriranno mai sufficientemente gli occhi di un pubblico coltivato sui guasti operati dalla Rivoluzione francese in Occidente, a danno della santa Chiesa e della civiltà cristiana”, sì che “il semplice ricordo delle sue realizzazioni mostra come i loro effetti si fanno ancora sentire attualmente”. Una comunicazione Sulle conseguenze della Rivoluzione francese nel diritto penale ha fatto pervenire il professor Ubaldo Giuliani Balestrino, ordinario di Diritto Penale Commerciale all’Università di Torino. Lettere di adesione hanno mandato l’on. Roberto Formigoni, vicepresidente del Parlamento Europeo, e l’on. professor Gianni Roberti.
Hanno personalmente assistito ai lavori del Convegno gli onn. Gianfranco Fini e Pino Rauti. Fra il clero erano presenti i padri Timothy Cloutier O.M.V., della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, Louis-Marie de Blignères, superiore della Fraternità San Vincenzo Ferreri, Paolo Calliari O.M.V. e Antonio Di Monda O.F.M. Conv.
Hanno seguito il Convegno diversi organi di informazione, scritta e parlata: fra essi, nella persona del dottor Fernando Cancedda, TG 2, del dottor Piero Lugaro, Avvenire, e di Antonella Ambrosioni, il Secolo d’Italia.