Giovanni Destri, Cristianità n. 7 (1974)
L’oleografia rivoluzionaria rappresenta la via del progresso rischiarata da sempre nuove fiaccole, da luci che, mentre sconfiggono tenebre e ignoranza, danno “coscienza, consapevolezza, dignità” all’uomo, o meglio a quello che di lui resta dopo anni di tragico cammino verso le mete più alte e più nobili, quali “futuro migliore, avvenire, sviluppo, pace” e altro ancora.
Nel momento presente il nuovo faro è la libertà dell’omicidio, la possibilità di uccidere l’innocente con l’orrenda aggravante di cercare poi merito, in nome della civiltà, dell’avvenuto delitto.
Ci troviamo di fronte alla “legalizzazione” dell’aborto, cioè alla uccisione impunita e impunibile dell’uomo che ancora vive nel seno materno (1).
Risuona di nuovo, come dopo la strage di Erode, la profezia di Geremia: “In Rama si è udita una voce / un pianto e lamento grande / è Rachele che piange i suoi figli / né vuole consolarsi, perché non sono più. (2).
Ma che è il massacro di Palestina a confronto del milione e mezzo di innocenti uccisi ogni anno in Ungheria, dove per giunta dall’ottobre 1973 è in libera vendita la pillola per abortire (3)?
Che cosa a confronto delle 250.000 gravidanze “indesiderate” della Gran Bretagna, che si traducono annualmente in 140.000 aborti legali (4), e dove nel 1971 sono stati 2434 gli interventi su ragazze al di sotto dei sedici anni (5)?
In una clinica-mattatoio londinese, durante un intervento su una francese di ventotto anni, il bimbo di sei mesi, prima di morire, ha accusato i suoi assassini con un “tremendo pianto“, gettando nell’angoscia e nel terrore i carnefici (6).
Nel 1973 in ventisette Stati gli USA hanno legalmente ammazzato 586.700 bambini (7).
Nello Stato di New York dal primo luglio 1970 era in vigore la legge che trasformava il delitto in norma legale, permettendo alla donna di abortire entro le prime ventiquattro settimane di gravidanza. I cattolici delle otto diocesi dello Stato si mossero e riuscirono a far abrogare la legge, ma Nelson Rockefeller, governatore dello Stato, pose il suo veto con questa incredibile motivazione: “Non è giusto che un gruppo imponga la propria visione morale all’intera società” (8).
Nelson Rockefeller non è sottoposto ad alcun procedimento legale, come giustizia vorrebbe, ma è diventato vicepresidente degli Stati Uniti.
In Svezia dal 30 maggio di quest’anno è in vigore una forma di aborto pienamente legalizzato e definito “libero”, in quanto viene lasciata a completa discrezione della donna la decisione di interrompere la maternità fino alla diciottesima settimana (9).
A Stoccolma cento madri colpite da scarlattina sono state costrette ad abortire perché si nutriva il sospetto che potessero dare alla luce figli deformi (10).
In Austria, dove dal 1° gennaio 1975 l’aborto non sarà più reato, le vittime oscillano già tra le 30.000 e le 70.000 all’anno (11).
In un rapporto pubblicato in Francia dall’Istituto Nazionale di Studi Demografici, si dimostra come gli aborti a ripetizione facciano aumentare il numero delle nascite premature e il tasso di mortalità infantile (12).
Le constatazioni fatte nei paesi dell’Europa Orientale sono impressionanti. In Ungheria, dopo la liberalizzazione dell’aborto, le nascite premature sono passate dall’8% all’11% in quattordici anni.
In Romania la mortalità nei primi mesi di vita è risalita dal 14,7 per mille al 25,4 per mille nell’anno precedente il ritorno al divieto di abortire. Tutto questo, conclude il rapporto, mette in rilievo l’effetto nocivo di tali interventi sul destino dei bambini che dovrebbero nascere successivamente (13).
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Accanto all’azione diretta, vi è poi quella di un’attivissima propaganda del crimine che alcuni “cortigiani di Erode” vanno svolgendo in nome della loro civiltà.
Non mancano, purtroppo, tra costoro, dei cattolici e addirittura, oportet ut scandala eveniant, dei religiosi.
Il “cattolico” professor Paul Milliez, padre di sei figli e decano della facoltà di medicina di Parigi, ha detto: “Io sono per il controllo delle nascite, ma allo stato attuale gli anticoncezionali sono a disposizione solo dei borghesi, ricchi e bene informati; se io persuado una povera donna che vuole abortire a tenersi il bambino e la vedo poi abbandonarlo, non sono affatto sicuro di avere agito bene” (14).
Il domenicano Jacques-Marie Pohier è giunto a dire: “… resta da dimostrare che un aborto è un omicidio. […] Se è vero che il bene di un individuo o di una società può permettere che in certi casi si uccida un innocente, non vedo perché il bene di un individuo e di una società, in certe occasioni non dovrebbe permettere che si pratichi un aborto” (15).
Ribes, il direttore di Études, la rivista dei gesuiti francesi, così scrive: “In certi casi esiste effettivamente una impossibilità per i genitori di umanizzare il nascituro e per la collettività di sostituirsi ad essi. Sono questi i casi nei quali ci è parso che l’aborto potrebbe essere tollerato (16).
L’ex-prete Ambrogio Valsecchi tende a mettere sullo stesso piano l’aborto e l’omicidio per legittima difesa, come se il bimbo fosse ingiusto aggressore e non vittima! Si definiscono poi “tolleranti” sull’argomento altri satelliti quali Guido Davanzo, Adriana Zarri, Leandro Rossi (17).
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Non sono da meno i fogli d’informazione che si distinguono in una campagna mistificatoria e aberrante che tende a presentare l’atto di uccidere un bambino facendolo a pezzi, avvelenandolo, soffocandolo, come una normale operazione chirurgica o un gesto che per la sua ovvietà e naturalezza deve essere considerato come una necessaria seduta in un attrezzato studio dentistico.
I termini sono sfumati, le definizioni accorte, i giudizi “moderni”; eccone una breve antologia.
Il nascituro non è assassinato e poi gettato a brani nel secchio ai piedi del tavolo operatorio, bensì “separato dal corpo della madre“, quasi fosse un tumore mortale (18).
Si legge che in Danimarca esisteva, prima dell’attuale e recentissima liberalizzazione, una legge che permetteva l’aborto a donne con già tre figli e che avessero compiuto il trentacinquesimo anno di età; il cronista si premura, però, di dirci, a maggior gloria dei danesi, che questa legge era applicata “cum grano salis” e quindi la facoltà di abortire era estesa praticamente alla maggioranza delle richiedenti (19).
Gli “erodiani” del Corriere della Sera danno questa definizione del metodo abortivo “dell’aspirazione”, introdotto in Europa da Harwey Karman: “quindici minuti senza anestesia, senza traumi, costo del materiale per il medico: poche migliaia di lire” (20).
In queste condizioni riesce incomprensibile intendere come mai questo Karman non venga giudicato alla stregua di ogni teorizzatore perfetto di quelle attività, squisitamente moderne, che sono il genocidio e l’omicidio su scala industriale.
Dalle medesime colonne viene dalla Francia un grido di allarme: “Rischia di fallire la riforma dell’aborto” (21); il nuovo presidente Giscard d’Estaing ha impartito istruzioni alle competenti autorità perché, in attesa che il parlamento si pronunci definitivamente sul problema, non venga più applicata la legge del 1920 che, pur prevedendo un solo caso di aborto legalizzato, infligge severe pene in tutte le altre circostanze (22).
A proposito dei 530 medici definiti “pionieri dell’aborto“, che hanno pubblicamente ammesso di essere stati omicidi, si parla di “disobbedienza civile“, perché “i diritti dell’uomo non erano convenientemente rispettati” (23).
Sullo stesso quotidiano milanese si rivela che la militante femminista Gigliola Pietrobon, implicata tra l’altro, come teste, in un procedimento penale per sfruttamento della prostituzione, sarà processata “per aver rinunciato” a un figlio (24).
A Roma, a una conferenza stampa delle più qualificate esponenti femministe sulla necessità dell’aborto, si è sentito anche: “l’accento genuino della persona umana che crede nella propria dignità” (25).
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Quindi, impedire di uccidere è attentato ai diritti dell’uomo; difendere la strage è accento di dignità.
Tutto questo ci riporta all’inizio del nostro discorso, alla civiltà della “Libertà”, degli “immortali principi” della Rivoluzione, che ormai gli uomini servono a capo chino, vittime del rifiuto della legge divina che è amore e trasformati, per conseguenza, dall’odio della legge di Satana.
Ed è proprio lui, nel suo attributo di “omicida sin dall’inizio” (26), la causa della morte dell’uomo e del suo dolore.
Il Sacrosanto Concilio Tridentino dichiara: “Chiunque non confessa che il primo uomo Adamo, dopo avere trasgredito il comandamento di Dio nel Paradiso Terrestre, perdette immediatamente la santità e la giustizia nelle quali era stato costituito, ed incorse, con l’offesa di una simile prevaricazione, nella collera e nello sdegno di Dio e in conseguenza nella morte, nella schiavitù sotto la dominazione di colui il quale fin da quell’istante ebbe l’impero della morte, cioè il diavolo, e che Adamo tutto intero, con l’offesa di questa prevaricazione subì una decadenza nel corpo e nell’anima, sia anatema” (27).
L’Omicida, non solo delle anime e dei corpi degli uomini, ma degli angeli ribelli, e perfino del Verbo Crocifisso, è il grande nemico dei piccoli innocenti, proprio perché prediletti da Gesù ed eletti a modello per chi voglia entrare nel Regno dei Cieli: “Lasciate che i fanciulli vengano a me e non vogliate impedirli perché il Regno di Dio è di coloro che ad essi somigliano” (18).
Come non riconoscere allora per figli di Satana coloro che li uccidono e coloro che odiano perfino la vita che ancora deve essere concepita, in nome di un orgoglio e di un egoismo mostruosi?
Diciamo “vita che ancora deve essere concepita”, perché esiste la setta infernale dei “non genitori”, costituitasi in associazione negli Stati Uniti, il cui credo suona così: “Non è destino. È una libera scelta. Non abbiamo figli perché vogliamo essere più liberi, divertirci di più, vivere e lasciare vivere meglio tutti. Chi non mette al mondo dei bambini fa un’opera altamente umanitaria. Crea uno spazio sociale” (29).
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Il disgusto e l’orrore sono grandi e altrettanto vivo è il desiderio di vedere fatta giustizia, perché l’uomo è oltraggiato nella sua umanità: perché viene negata e soffocata quella vita che invece si deve amare come dono di Dio e perpetuare attraverso i Suoi prediletti: i figli innocenti.
Giovanni Destri
NOTE
(1) In Italia abbiamo la Proposta di Legge dei deputati Fortuna e altri sulla Disciplina dell’Aborto, presentata alla Camera l’11 febbraio 1973, di cui riportiamo i primi due articoli:
Art. 1
(Ammissibilità dell’Aborto)
L’Aborto è ammesso se la gravidanza è interrotta da un medico iscritto all’ordine professionale quando due medici, pure regolarmente iscritti, hanno rilasciato all’interessata, a sua richiesta, un certificato, congiuntamente o disgiuntamente, nel quale attestano in buona fede che:
1) la continuazione della gravidanza potrebbe causare un rischio per la vita della donna incinta o pregiudizio alla salute fisica o psichica della donna stessa, maggiore che se la gravidanza fosse interrotta;
2) che vi sia un rischio che il nascituro possa soffrire anomalie fisiche o mentali.
Nella determinazione di quanto previsto ai numeri 1 e 2 del presente articolo si deve tener conto delle condizioni della donna incinta, attuali o ragionevolmente prevedibili, o delle ragioni anche morali e sociali che essa adduce.
Art. 2
(Intervento senza certificato preventivo)
Non è necessario il certificato rilasciato da due medici e previsto dall’articolo 1 della presente legge nella interruzione di una gravidanza ad opera di un medico regolarmente iscritto all’ordine professionale il quale sia convinto, in buona fede, che l’interruzione stessa sia immediatamente necessaria per salvare la vita della donna incinta o per impedire un’offesa grave alla salute fisica o psichica della donna stessa.
(2) Mt. 2,18.
(3) La notizia è stata data nel corso della trasmissione televisiva Medicina Oggi, cit. in Corriere della Sera, 24-3-73; per quanto riguarda la pillola, cfr. Corriere della Sera, 31-8-73.
(4) Ibid., 27-3-73.
(5) Cfr. Panorama, 27-4-74.
(6) Cfr. Corriere della Sera, 2-12-72.
(7) Ibid., 11-5-74.
(8) Panorama, 20-7-72.
(9) Cfr. Corriere della Sera, 31-5-74.
(10) Ibid., 22-4-74.
(11) Ibid., 15-8-74.
(12) Ibid., 23-10-73. I redattori del quotidiano milanese denunciano un evidente stato confusionale, dal momento che il titolo dell’articolo suona così: La legalizzazione non provoca una diminuzione delle nascite.
(13) Ibidem.
(14) Ibid., 1-12-72.
(15) Intervista rilasciata al periodico Il Regno, cit. in Corriere della Sera, 28-1-73.
(16) Corriere della Sera, 16-4-73.
(17) Ibid., 17-5-73.
(18) Ibid., 2-12-72.
(19) Ibid., 13-12-72.
(20) Ibid., 15-2-73.
(21) Ibid., 4-12-73.
(22) Ibid., 26-7-74.
(23) Ibid., 15-2-73.
(24) Ibid., 6-6-73.
(25) Ibid., 31-5-73.
(26) Gv. 8,44.
(27) CONCILIO DI TRENTO, decreto del 17 giugno 1546, sessione V, canone I.
(28) Mc. 10,14.
(29) Panorama, 29-3-73.