Per il sollecito compimento del doveroso “referendum”
Appello ai vescovi d’Italia
Dilaga anche in Italia, e si amplia, la strage da omicidio-aborto. Nella consapevolezza della terribile responsabilità – che èanzitutto dei pastori e padri, ma che èanche, e successivamente, del gregge –in ordine alla custodia efficace dei figli e fratelli che vengono ogni giorno uccisi grazie alla infame «legge» n. 194, Alleanza Per la Vita ha inviato un appello a tutti e singoli i presuli che reggono le diocesi d’Italia, chiedendo nuovamente la modesta cooperazione, che èurgente e indispensabile,affinché anche nella diocesi di cui ognuno è, davanti a Dio, singolarmente e personalmente responsabile, sia fatto ciò che è lecito e possibile – e dunque doveroso – per porre termine alla strage.
Eccellenza reverendissima,
la tragedia e la barbarie dell’omicidio-aborto «legalizzato», che dilaga, e che – tra altre tragedie – pesa sempre più gravemente sulla nostra nazione, e, insieme, l’urgenza di combattere adeguatamente e di sconfiggere tale enorme colpa sociale, che non è né ineluttabile né incoercibile, ci muovono a rivolgerci ai nostri pastori e a V.E., nella consapevolezza, sia della necessità di accentuare l’impegno anche «per la difesa […] della vita, come richiede la coerenza con la verità cristiana», sia della gravità del dovere che incombe su ognuno dei cristiani: «il dovere di esaminare davanti a Dio le proprie azioni e le proprie omissioni» (Dal comunicato del Consiglio Permanente della CEI, Roma 13-3-1980).
Se tale dovere, infatti, incombe specificamente sugli uni in relazione alle loro specifiche responsabilità pubbliche, esso incombe certamente su tutti in relazione alla comune responsabilità per gli innumerevoli fratelli che vengono uccisi, il cui sangue griderebbe a Dio contro di noi, se trascurassimo anche solo una parte di ciò che è possibile fare a sua difesa.
1.Sappiamo, come cristiani, che il fermo e immutabile giudizio circa l’aborto volontario e diretto quale omicidio, è elemento costante del Magistero della Chiesa – che conferma la retta ragione – ed è stato conseguentemente termine di ampia espressione di sollecitudine pastorale da parte di interi episcopati e di innumerevoli singoli presuli nel corso della storia, soprattutto, con frequenza sempre maggiore, nei tempi a noi più prossimi.
Sempre più frequentemente, infatti, coloro che esercitano l’autorità sociale negli Stati contemporanei presumono di poter disporre a loro arbitrio del comune diritto alla vita, e di «legalizzare»l’omicidio-aborto.
2.Anche in Italia, in ognuna delle sue diocesi, la strage «legale»di innumerevoli Vostri figli e nostri fratelli si compie e si amplia, senza ostacoli di rilievo, che non siano quelli costituiti dalla coraggiosa e consapevole opposizione individuale all’omicidio, da parte del personale medico e paramedico.
Scarsa (se non nulla) e comunque sempre minore attenzione sembra invece ricevere il problema della permanenza dell’ingiusta «legalità» dell’omicidio-aborto, così come il problema del dovere sociale di una adeguata sanzione penale contro il crimine, a elementare protezione del diritto dell’innocente.
Tante e autorevoli voci si sono dunque levate, tra i pastori, a indicare pubblicamente l’offesa suprema che viene recata alla vita del gregge e dei figli, di cui i pastori sono certamente i primi responsabili e i primi custodi.
Ma se è sentita dai pastori e padri tale grave responsabilità per la tutela del gregge e dei figli che Dio ha loro affidato, non possiamo certo negare la non piccola corresponsabilità anche di chi, come noi, pur essendo soltanto parte del gregge stesso, dovrà comunque, un giorno, dare almeno parte della risposta alla terribile domanda divina, che a ognuno sarà rivolta, sulla sorte e sul sangue degli uccisi.
3.Mossi dunque dalla consapevolezza di dovere un giorno anche noi, almeno in parte, rendere conto della custodia dei fratelli, e considerando la situazione italiana, che – per prossimità, e dunque per corresponsabilità diretta – più di ogni altra ci concerne, osserviamo che da ormai quasi due anni vige la «legge»le cui norme omicide sono state indicate tanto insistentemente dai pastori come intrinsecamente e gravissimamente ingiuste, come causa del moltiplicarsi degli omicidi-aborti, come causa di crescente assuefazione all’omicidio.
D’altra parte, insieme con la barbarie della «legalità» del delitto, l’ordinamento giuridico italiano fortunatamente offre anche la possibilità di un primo rimedio: diversamente da ciò che è impossibile fare nella maggioranza (o, forse, nella totalità) degli altri paesi, è infatti possibile in Italia, grazie all’istituto del referendum, abrogare ognuna delle norme dell’iniqua «legge» abortista tanto appassionatamente deplorate come omicide. Ossia è possibile – oltre che porre la condizione e la premessa indispensabile per contrastare efficacemente l’assuefazione al delitto e per procedere al necessario risanamento del costume e delle mentalità – salvare concretamente dalla morte tutti quei Vostri figli e nostri fratelli che, in ogni luogo e in ogni diocesi, grazie a tali norme omicide vengono ogni giorno uccisi.
4.Ci sembra – tralasciando l’esame delle cause del non-uso fino a oggi fatto del lecito mezzo del referendum – che l’uso di tale mezzo si manifesti oggi come indispensabile e indifferibile, anche per le drammatiche e inaccettabili alternative in cui il mondo cattolico italiano è posto dall’iniziativa abortista intrapresa dai radicali per un referendum che introduca ancora più ampie e indiscriminate facoltà di omicidio-aborto.
Senza l’uso tempestivo, coerente e appropriato del referendum, il mondo cattolico italiano si troverà infatti domani – forse fra un anno – di fronte a un inaccettabile dilemma: o sostenere (cosa impensabile) la proposta radicale, o farsi protettore e complice (ma come ritenerlo pensabile?) dell’attuale «legge» infame, consacrandone la non abrogabilità per almeno 5/7 anni (e dunque, per almeno un ulteriore milione di omicidi-aborto)!
Né è ipotizzabile che, di fronte a problema di tale rilievo, si possa pensare di organizzare per i cattolici – difensori nati della vita – l’assenza dalla battaglia, organizzando una loro astensione, che comunque non sarebbe minimamente risolutiva del dramma: sia perché con essa si abbandonerebbe il campo soltanto a due diverse modalità di violenza e di omicidio, sia perché – anche nella difficilmente immaginabile ipotesi di una «vittoriosa» astensione – essa sancirebbe soltanto la «vittoriosa»permanenza della «legge» attuale, ossia dell’attuale primo propulsore del dilagare dell’omicidio-aborto pubblicamente organizzato, finanziato e tutelato.
5.Ma anche se il dramma non fosse esasperato dall’iniziativa radicale, esso permarrebbe pur sempre nei suoi termini essenziali, così che è la realtà stessa dei fatti a imporci la domanda: è forse moralmente lecito non contrastare un male tanto grave, e non difendere concretamente la vita dei figli e fratelli di cui certo non possiamo non dirci custodi, quando invece è a portata di mano lo strumento che consentirebbe di abrogare sollecitamente ognuna delle norme omicide?
Per parte nostra, facendoci carico della nostra parte di responsabilità – proporzionalmente alle nostre capacità e forze, e per quanto a noi compete – non abbiamo creduto di poterci lecitamente esimere da concrete, coerenti e sollecite decisioni.
A coronamento di una precedente e intensa preparazione, abbiamo dunque depositato presso la Corte di Cassazione, il 2 febbraio 1980, l’iniziativa di referendum, che abbiamo pubblicamente e tempestivamente motivato con le ragioni morali e giuridiche esposte nelle memorie e nelle dichiarazioni da noi ampiamente diffuse, sulle quali ci permettiamo nuovamente di attirare l’attenzione dei nostri pastori e di V.E.
Tale iniziativa di referendumsiamo nuovamente a offrire – in primis – ai presuli d’Italia e a V.E., quindi agli esponenti del mondo cattolico operanti in ognuna delle diocesi italiane, e, insieme, a tutti gli uomini di buona volontà.
6.I principi programmatici che definiscono l’attività di Alleanza Per la Vita – principi sulla cui base abbiamo raccolto e raccogliamo crescenti consensi e ampio sostegno anche in campo internazionale, da parte di note personalità che hanno inteso generosamente segnalarsi nella buona battaglia – indicano i criteri a cui abbiamo ritenuto moralmente doveroso attenerci nella richiesta di referendum abrogativo parziale della «legge» n. 194, volto a ottenere che:
«a) sia abrogata ogni qualsiasi norma che presuma di autorizzare l’omicidio-aborto o la complicità in omicidio-aborto;
«b) siano lasciate in vigore tutte e sole le norme che in qualche modo provvedano all’assistenza e alla tutela della famiglia e della maternità, e quelle, tra le norme penali, che, pur inadeguate nella sanzione, consentano di riaffermare la criminosità dell’omicidio-aborto, così che esso ritorni a essere sempre e in ogni caso un “reato”».
7.È comprensibile, e non può stupire, che, da parte abortista, l’eventualità di una abrogazione delle norme che «legalizzano»l’omicidio sia temuta e osteggiata.
Da parte cattolica, al contrario, non vediamo chi possa apertamente sostenere che si dovrebbe invece rinunciare di fatto alla concreta e coerente battaglia – e ratificare preventivamente la propria certa sconfitta di oggi – per non esporsi con la buona battaglia al «pericolo»di una eventuale sconfitta domani; quasi suggerendo, dunque, che la battaglia sia buona solo se è senza pericolo; o quasi insinuando che ci si dovrebbe fare subito lapsi o traditores, per non essere esposti al «pericolo» di essere domani martyres; e dimenticando, tra l’altro, la funzione anche solo altamente pedagogica, e dunque pastorale, di una doverosa battaglia cristiana, razionalmente condotta e fondata sui permanenti e universali principi dell’etica e del diritto naturale.
8.Analogamente, non vediamo come potrebbe trovare credito, in campo cattolico, l’ipotesi che talvolta (anche da parte abortista: come «minor male»abortista) viene prospettata quale soluzione alternativa: quella di un referendum di abrogazione totale della «legge» n. 194.
Tale «soluzione»avrebbe infatti come suo esito maggiore una tragica e totale liberalizzazione di fatto dell’omicidio-aborto, e, successivamente, l’impossibilità, per il mondo cattolico, di valersi del solo strumento – il referendum abrogativo – che ancora gli è rimasto per intervenire direttamente contro la liberalizzazione che, intanto, sarebbe stata provocata (non potendosi certamente abrogare una assenza di legge!).
L’intera questione verrebbe quindi restituita agli stessi partiti che – o promuovendola direttamente, o offrendo la complicità della propria diserzione e del proprio tradimento – ci hanno dato la «legge»abortista; partiti, dunque, dai quali il mondo cattolico sarebbe ridotto a questuare ad infinitum ciò che, intanto, rinuncerebbe a fare e a ottenere ora e direttamente, mediante un appropriato referendum: una legge che escluda ogni e qualsiasi facoltà di omicidio-aborto, che in qualche modo protegga e assista la famiglia e la maternità, e che sancisca il carattere di reato dell’omicidio-aborto.
Come proporre al mondo cattolico la «soluzione»di mobilitarsi per «conquistare»la liberalizzazione dell’omicidio, per porre di fatto il diritto alla vita al di fuori di ogni tutela giuridica, e per costringere sé stesso alla propria successiva impotenza di fronte all’assassinio liberalizzato di centinaia di migliaia di fratelli?
- Ugualmente, non vediamo come potrebbe trovare credito, in campo cattolico, un’altra «soluzione»che talora viene prospettata: quella di un particolare referendum abrogativo parziale che, con il pretesto di abrogare soltanto – della «legge»n. 194 – ciò che «supera»la sentenza n. 27/1975 della Corte Costituzionale, lascerebbe dunque sussistere la «legalizzazione»dell’omicidio-aborto latamente terapeutico-eugenetico e ne consacrerebbe la permanenza.
Come potrebbe essere proposto al mondo cattolico di mobilitarsi per «conquistare»e consacrare la permanenza della «legalizzazione» dell’omicidio-aborto terapeutico-eugenetico?
E come potrebbe il mondo cattolico lecitamente esimersi dal ricorrere all’appropriato referendumche abroghi ogni e qualsiasi facoltà di omicidio-aborto, anche nell’ipotesi di una eventuale sentenza della Corte Costituzionale che «riduca»l’omicidio-aborto «legalizzato»alle «sole»indicazioni latamente terapeutico-eugenetiche? Come uomini e come cristiani, avremmo forse moralmente il diritto di «accontentarci» che il certificato per l’assassinio di centinaia di migliaia di Vostri figli e nostri fratelli rechi soltanto più ritorte e più ipocrite indicazioni latamente «terapeutiche»?
- A dissuadere il mondo cattolico – gerarchia e laicato – dalla doverosa buona battaglia, sappiamo che non mancano insinuazioni da parte di forze desiderose che l’appropriato referendum,se non escluso, sia almeno ulteriormente differito: a volte, anche, mettendo avanti il pretesto secondo cui potrebbero non essere lontane nuove ed ennesime elezioni politiche anticipate.
Anche in questo caso, non vediamo come tale pretesto potrebbe avere peso in campo cattolico.
La stessa reale imminenza di elezioni politiche anticipate, infatti, per legge non osterebbe minimamente alla raccolta delle firme necessarie; e anche un solo mese di concreta e coerente attività, prima ed entro la vigilia stessa della data di eventuali elezioni politiche anticipate, sarebbe ampiamente sufficiente – come è noto e provato – a raccogliere (e a depositare presso la Corte di Cassazione) ben più delle 500 mila firme necessarie, consentendo inoltre e intanto di non differire ulteriormente di un anno la buona battaglia.
Non ci sembra esistere, infine, nessuna ragionevole proporzione tra il grave dovere morale, da un lato, di ristabilire con la massima sollecitudine la tutela giuridica per il massimo bene temporale – il bene della vita – che ogni anno viene violentemente e ingiustamente sottratto ad almeno 200 mila Vostri figli e nostri fratelli, e, dall’altro, la relativa opportunità e l’esiguo bene di non urtare la suscettibilità delle forze politiche responsabili della legge omicida (e conseguentemente corresponsabili degli omicidi che grazie alla loro legge vengono ogni anno organizzati, finanziati e tutelati).
- Ancora, quale ulteriore pretesto di dilazione, da parte abortista viene talora suggerito al mondo cattolico di attendere almeno la sentenza della Corte Costituzionale.
Ora, mentre l’attendere è certamente e gravemente dannoso alla buona battaglia e può compromettere la stessa possibilità di svolgerla entro tempi tecnici agevoli, nessun danno riceverebbe invece una sollecita intrapresa di essa, anche nell’ipotesi di una non lontana sentenza della Corte Costituzionale (sentenza che peraltro potrebbe anche farsi attendere molto e troppo a lungo).
E ciò, sia nell’eventualità che la Corte Costituzionale respinga ognuna delle eccezioni di incostituzionalità sollevate contro la «legge»abortista, sia nell’eventualità che l’una o l’altra di tali eccezioni sia accolta.
In quest’ultimo caso non si avrebbe null’altro che questo: tra tutte le norme di cui il referendum promosso da Alleanza Per la Vita richiede l’abrogazione, l’una o l’altra si troverebbe forse a essere già stata abrogata dalla Corte Costituzionale.
- Da parte abortista viene insinuato anche un ulteriore pretesto, per dissuadere il mondo cattolico dal doveroso e appropriato referendum: il pretesto di non turbare gli attuali delicati equilibri e i precari accordi politici.
Come cristiani ci sembra di poter rispondere che meritano senz’altro di essere tutelati gli equilibri e gli accordi politici ordinati al bene comune.
Ma equilibri e accordi che abbiano come patto e condizione di sopravvivenza il permanere della mortale lesione del fondamento stesso del bene comune – il comune diritto alla vita – devono essere riconosciuti come ordinati non al bene, ma al male comune.
Ci sembra dunque che non possano pretendere di essere tutelati dai cittadini, e soprattutto dai cattolici, simili patti di male comune e di delitto, a preferenza della tutela dovuta al bene comune e al diritto.
- Nell’evidente speranza di dividere i fedeli dai pastori, o di impedire che si ricomponga nella concreta difesa della verità e del bene il campo cattolico che forze anticristiane e antiumane desidererebbero disunito, da parte abortista viene anche insinuato che i pastori non avrebbero il diritto, e a fortiori non avrebbero il dovere, di scendere concretamente in campo e di «compromettersi» nella coerente difesa della vita dei figli e del gregge; quasi che il buon pastore, secondo le vedute degli abortisti, debba limitarsi a «dichiarazioni di principio»sul diritto del gregge alla vita, ma insieme evitare assolutamente di «compromettersi»nella battaglia contro i lupi.
A tali insinuazioni avversarie, ci sembra che la storia della Chiesa abbia già da sempre risposto: con i suoi pastori che, in ogni tempo, non solo non hanno temuto di «compromettersi»nella buona battaglia, ma anzi hanno ritenuto un dovere e una gloria il farlo; e non certo alle spalle, ma alla testa del gregge; e mostrando spesso di saper pagare di persona – con la perdita dei beni, con la prigionia, con il sangue, con la vita stessa – un prezzo incomparabilmente più alto di quello che in Italia è ancora, provvidenzialmente, tanto lieve ed esiguo, ma con la minaccia del quale si presume ugualmente, da parte abortista, di intimorire oggi i pastori.
Secondo gli auspici abortisti, dunque, i pastori dovrebbero piegarsi ad accettare di essere superati nella buona battaglia – nel coraggio, nella virile e generosa testimonianza, nella fortezza cristiana – dai loro stessi fedeli: quelli, per esempio, che, opponendo all’assassinio la loro ferma obiezione di coscienza, si espongono a pressioni di ogni genere, al danno per la propria carriera professionale, al pericolo per il proprio posto di lavoro e per la tranquillità della propria famiglia, quando non all’aggressione diretta e violenta. Secondo le maliziose insinuazioni abortiste, infatti, la battaglia attuale dovrebbe vedere escluso, almeno formalmente, il mondo cattolico, e soprattutto i suoi pastori: perché si tratterebbe di battaglia civile e «laica», come dicono, e non cattolica; concernerebbe il cittadino, ma non il fedele. Il che equivale a insinuare: che deve rimanere formalmente estranea al mondo cattolico la somma opera di misericordia temporale, la difesa della vita del prossimo; che la concreta difesa della vita del gregge contro i lupi riguarda non i pastori, ma solo l’autonoma maturità del gregge; che il combattimento è problema che concerne solo i soldati, non i loro condottieri, che anzi devono tenere ben distinto il proprio impegno e non «compromettersi» nella battaglia, limitandosi a «dichiarazioni di principio»sulla deplorevole malizia della sconfitta.
- Solo apparentemente sono diverse talune altre insinuazioni di parte abortista, secondo cui i cristiani in quanto tali, e soprattutto i loro pastori, dovrebbero esimersi e dissociarsi dal doveroso e appropriato referendum perché – tale è il sistema – esso sarebbe gesto «negativista» e «di guerra», mentre dai cattolici dovrebbero essere compiuti solo gesti «positivi» e «di pace»; il cristiano quindi, dovrebbe essere non tanto «contro» l’omicidio-aborto, quanto «per»la vita.
Secondo tale sofisma – che intende accreditare come dialetticamente contrapposti i due aspetti che sono invece coessenziali al doveroso operare di ogni uomo retto, di ogni cristiano, di ogni pastore – bisognerebbe dunque ignorare o negare irragionevolmente l’evidenza.
Infatti, proprio perché, al contrario, il cristiano intende porsi nella giusta «pace»con la vittima innocente che difende, egli sa di dover essere nella giusta «guerra» contro il suo assassino; poiché se egli non impedisse – quando invece vi fosse la possibilità di farlo – l’assassinio, il cristiano si porrebbe certamente in «pace» con l’omicida di cui si farebbe così il complice, ma, insieme, egli si porrebbe in realissima, ingiusta e ignominiosa «guerra» contro la vittima innocente, di cui avrebbe disertato la difesa.
Analogamente, proprio perché è «per» la vita, il medico combatte «contro»la malattia e la morte; proprio perché è «per» la sua gente, il soldato combatte «contro» i nemici che ingiustamente la aggrediscono; proprio perché è evangelicamente «per» il gregge, il buon pastore combatte «contro» i lupi che lo sbranano. Potrebbe forse pensarsi il contrario?
Ma non crediamo che meritino ulteriore attenzione tali insinuazioni e voci avversarie.
- Le considerazioni che siamo venuti esponendo circa la liceità, la doverosità e l’urgenza del ricorso all’appropriato referendum, costituiscono ciò che ha dato origine e che motiva l’attività di Alleanza Per la Vita, organismo che è sorto anche grazie all’opera di alcuni militanti di Alleanza Cattolica, e che della lotta contro l’omicidio-aborto e per l’abrogazione delle norme omicide fa una delle sue ragioni specifiche, accanto – come è indicato dai suoi principi programmatici – all’attuazione di ogni opportuna iniziativa che concorra alla diffusione di una prassi, di una cultura, di un costume e di una legislazione che rispettino e tutelino – insieme con l’inviolabile diritto di ogni persona, fino dal concepimento, alla vita – le libertà e i diritti della famiglia e della maternità, conformemente agli immutabili principi naturali e cristiani dell’etica e del diritto.
Ormai presente su gran parte del territorio nazionale, Alleanza Per la Vita, mentre offre la propria cooperazione, chiede – pienamente rispettosa sia dell’autonomia delle associazioni e dei gruppi di cui si compone il mondo cattolico, sia di ogni libera e legittima diversità di opzioni in altri campi – la cooperazione necessaria per la più sollecita abrogazione delle norme abortiste. Crediamo infatti che oggi in Italia non sia consentito riporre realistiche speranze – per la buona battaglia che pure la stessa etica naturale basta a fondare – se non nelle forze in cui si articola il mondo cattolico.
Se dunque abbiamo ritenuto doveroso il nostro impegno eutile la nostra dedizione, riteniamo indispensabile – e quindi conditio sine qua non – tale concreta cooperazione del mondo cattolico.
Ma l’indispensabile cooperazione del mondo cattolico passa attraverso la concreta benevolenza operosa dei suoi pastori.
Ed è per questo che ci rivolgiamo a tutti e a ognuno dei presuli che reggono le diocesi d’Italia e a V.E., volendo per parte nostra non lasciar cadere l’esortazione che dai pastori anche recentemente ci è stata rivolta, e il loro invito a ricordare che «obbligo del cristiano èl’impegno solidale, […] in umiltà e coraggio, accettando […] di pagare di persona» (Dal messaggio della CEI per la giornata di preghiera, Roma 18-3-1980), ma insieme chiedendo ai nostri pastori di voler aiutare il nostro coraggio e rispondere con la loro benevolenza alla nostra buona volontà, così che le norme omicide possano essere quanto prima abrogate e la vita del gregge possa essere efficacemente difesa.
- Che cosa dunque chiediamo?
Ecco:
1) di poter incontrare V.E., quanto prima a V.E. sarà possibile;
2) così da poter predisporre di concerto – pur senza investiture – l’incontro delle buone volontà certamente presenti nel corpo degli organismi e dei gruppi cattolici operanti nella diocesi di V.E. e nelle quali V.E. ripone fiducia;
3) per organizzare, quindi, l’uso dei modesti strumenti necessari (sale parrocchiali, locali di associazioni e di Istituti cattolici) uso che solitamente non viene negato per scopi pur apprezzabili, ma certamente ben minori (ricreativi, sociali, sportivi, culturali), così che anche nella diocesi di V.E. sia possibile iniziare al più presto la raccolta delle firme necessarie.
- Tale è la richiesta che rivolgiamo a V.E., nella speranza che le considerazioni che abbiamo esposto e che motivano l’opera di Alleanza Per la Vita siano da V.E. trovate ragionevoli e fondate.
Il tempo – ritmato da una cadenza sempre più violenta e brutale di omicidi-aborto – drammaticamente trascorre, e crediamo che ogni settimana e ogni giorno siano preziosi per intraprendere al più presto quanto è doveroso, a difesa del sangue innocente che oggi è sparso e che grida a Dio, e per la cui difesa Dio ha provvidenzialmente disposto che oggi, in Italia, alla nostra debolezza ancora non fosse chiesto che la sollecitudine di un umile, limpido e virile gesto di pietas paterna e fraterna.
Ma che cosa dovrà giudicarsi domani del mondo cattolico italiano, se, mentre era oggi in suo potere evitarlo, esso invece si trovasse presto forzato nell’inaccettabile dilemma di dover scegliere tra l’ulteriore ampliamento delle facoltà di omicidio-aborto e la consacrazione dell’inabrogabilità – per anni e anni – dell’attuale «legge»infame?
E anche in assenza e indipendentemente da tale dilemma, che cosa dovrà giudicarsi domani del mondo cattolico italiano, se, mentre pur disponeva del lecito strumento – il referendum– per imporre termine alla strage, dovesse invece constatarsi che esso, invece, preferì un giorno rimuovere, di tale strumento, perfino il nome e il ricordo dalla propria consapevolezza, così da differire di un anno dopo l’altro l’abrogazione delle norme che pure venivano periodicamente deplorate come omicide?
Che cosa dovrà giudicarsi domani dell’odierna cristianità italiana (che è pur forte di centinaia di vescovi, di decine e decine di migliaia di sacerdoti e religiosi, di centinaia e centinaia di migliaia – e forse milioni – di laici attivamente operanti negli innumerevoli organismi, associazioni e gruppi cattolici presenti nella vita delle parrocchie e delle diocesi e in ogni ambito sociale), cristianità che non è in stato di persecuzione, e a cui dunque non è ancora chiesto di misurarsi con le asprezze del combattimento e i difficili eroismi di cui altre cristianità risplendono, se dovesse dirsi che, mentre erano in causa il sangue e la vita dei figli, essa un giorno preferì l’inerte lussureggiare delle parole invece che l’umile, sollecito e utile fruttificare dell’opera?
Noi crediamo che vi siano ancora, nel corpo della cristianità italiana, le energie necessarie per ben condurre la buona battaglia.
È tale persuasione che ci ha mossi a rivolgerci ai nostri pastori e a V.E..
- Accomiatandoci ora da V. E., ci sembra di non poter tacere un’ultima considerazione.
Siamo convinti che se al mondo cattolico italiano, sul tema tanto grave che ci occupa, o anche su tema pur grave ma di minore entità, una retta e onesta offerta e richiesta di cooperazione giungesse da parte di forze non cristiane (o da parte di generiche «buone volontà», come oggi si dice, anche intendendo così alludere eufemisticamente, talvolta, agli evangelici «pubblicani e peccatori»),il bene vero e reale che tali generiche «buone volontà»chiedessero così di essere concretamente aiutate a difendere, varrebbe certamente loro, da parte dei pastori, la benevolenza di una risposta, presumibilmente favorevole.
Per parte nostra non possiamo certo nascondere – come non lo nascondono i nostri principi programmatici – che i promotori di Alleanza Per la Vita «esplicitamente si richiamano alla dottrina cattolica».
Ma se ciò fosse necessario a valerci, da parte dei nostri pastori e di V.E., la benevolenza di una favorevole risposta, preghiamo i nostri pastori e V.E. di non volerci considerare se non come generiche «buone volontà»: pronte e disposte, per parte loro, a schierarsi concretamente per ristabilire la doverosa difesa anche giuridica del diritto dei fratelli alla vita e per combattere la buona battaglia; ma insieme conscie della necessità che anche i pastori e padri, per parte loro, rechino alla buona battaglia l’indispensabile contributo della loro tempestiva e operosa benevolenza.
* * *
Non per noi abbiamo chiesto e chiediamo.
Se chiedessimo a nostro vantaggio, l’insistenza del nostro chiedere sembrerebbe a noi stessi molesta.
Ma sappiamo di chiedere per i Vostri figli e nostri fratelli. È tale consapevolezza a farci serenamente arditi nell’insistere e nel perorare.
E mentre deponiamo nelle mani dei nostri pastori il nostro appello, che facciamo filialmente pervenire anche a S.S. Giovanni Paolo II, alla nostra Madre celeste affidiamo il buon esito del nostro chiedere e la buona causa della custodia del sangue innocente di tanti suoi figli: che Ella ottenga al gregge e ai pastori grazie di matura e cristiana fortezza, così che la buona battaglia, infine, possa essere prontamente e virilmente affrontata.
Nella speranza e nell’attesa di una favorevole e tempestiva risposta da parte dei nostri pastori e di V.E., voglia V.E. accettare l’espressione del nostro ossequio.
per il Consiglio Direttivo
di ALLEANZA PER LA VITA
il presidente
Agostino Sanfratello
Roma, 6 aprile 1980
Pasqua di Resurrezione