di Luciano Benassi e Maurizio Brunetti
1. San Giovanni Paolo II (1978-2005), convinto che una testimonianza è spesso più efficace del ragionamento più brillante, osservava che gli uomini del nostro tempo, magari non sempre consapevolmente, chiedono ai credenti di oggi non solo di «parlare di Cristo», ma, in un certo senso, di «farlo loro vedere»; ed è per ragioni analoghe che Papa Francesco invita frequentemente a essere testimoni della fede «coraggiosi» e, rivolgendosi in particolare ai giovani, «controcorrente».
Fra i testimoni della fede coraggiosi e controcorrente del passato, merita di essere annoverato uno dei più grandi matematici della storia, di cui quest’anno ricorre il centosessantenario della morte. Si tratta di Augustin-Louis Cauchy (1789-1857), padre riconosciuto dell’analisi matematica moderna e, in particolare, delle rigorose nozioni di limite e di funzione continua. Sì, proprio il Cauchy del quale chi si prepara alla maturità scientifica studia il teorema degli incrementi finiti e che si sente nominare nelle facoltà scientifiche quando si tratta di studiare criteri di convergenza per le successioni o l’esistenza di soluzioni di un’equazione differenziale.
È indicativo che l’Enciclopedia Cattolica dedichi al matematico Cauchy una voce, probabilmente per il carattere edificante di una vita di fede che influenzò le scelte culturali e si tradusse, di fatto, in animazione civile e politica.
2. Augustin-Louis nasce il 21 agosto 1789 a Parigi, a Rivoluzione francese appena scoppiata. Il padre Louis-François (1760-1848) è un colto e brillante funzionario di polizia. Nell’aprile del 1794, consapevole che una denuncia di qualunque tipo lo avrebbe condotto con ogni probabilità alla ghigliottina, Louis-François trasferì ad Arcueil l’intera famiglia, che qui trascorrerà alcuni mesi fra grandissimi stenti. Durante questo ritiro forzato Augustin-Louis riceve dal padre, fervente cattolico e appassionato di humanités, la sua prima istruzione: si avvicina ai testi biblici e agli autori antichi, alla poesia e alle arti senza trascurare le scienze della natura.
La caduta di Maximilien de Robespierre (1758-1794) permette a Louis-François di riprendere la carriera interrotta ed essere nominato Segretario del Senato dopo il colpo di Stato del 18 Brumaio (9 novembre 1799). In questa veste, può introdurre il giovanissimo Augustin-Louis in quell’ambiente di politici scienziati che costituiscono uno dei fiori all’occhiello del nuovo corso voluto da Napoleone Bonaparte (1769-1821), autoproclamatosi «protettore delle scienze». Nel Palazzo del Lussemburgo, dove la famiglia Cauchy abiterà fino al 1848, Augustin-Louis incontra alcuni dei maggiori matematici francesi chiamati a incarichi istituzionali, come Pierre-Simon Laplace (1749-1827) e il torinese Giuseppe Luigi Lagrange (1763-1816) che riconoscono in lui il precoce talento di matematico.
Dal 1805 al 1807 il giovane Cauchy è allievo dell’École Polytechnique che, nato dalle ceneri di un istituto fondato negli anni del Terrore (1793-1794) per rispondere al crescente bisogno d’ingegneri militari imposto dalla guerra rivoluzionaria, dal 1805 è organizzato come un’accademia militare. Agli allievi reclutati per concorso, la scuola fornisce una preparazione tecnologica di alto livello propedeutica all’ingresso in uno degli istituti superiori di applicazioni civili o militari. Cauchy, per esempio, frequenterà la Scuola d’Ingegneria «des ponts et chaussées», un ambiente già intriso di laicismo e — lo deduciamo da ciò che Augustin-Louis scrive alla madre — francamente anti-cristiano: i colleghi gli fanno il vuoto intorno; lo accusano di essere troppo pieno di sé e dicono che questa sua arroganza è dovuta al suo essere cattolico.
La «Restaurazione» del 1815 vede l’avvento sul trono di Francia del re legittimo Luigi XVIII di Borbone (1755-1824). In seguito all’allontanamento del personale compromesso con la rivoluzione, Cauchy è nominato professore supplente di analisi all’École Polytechnique. Nel 1816 diviene titolare della stessa cattedra e membro dell’Accademia delle Scienze in sostituzione di Gaspard Monge (1746-1818).
Nel 1821 pubblica il Cours d’analyse de l’Ecole royale polytechnique, 1ère partie: Analyse algébrique, contenente le definizioni di limite, di funzione, di continuità, di infinitesimo e di infinito. Il testo è ritenuto da molti storici come un punto di svolta nella direzione del rigore per tutta la matematica moderna. Tra il 1823 e il 1830 tiene simultaneamente lezioni al Collegio di Francia e alla Sorbona. Sono anni caratterizzati da un’assidua presenza nei più importanti consessi accademici e da una produzione di memorie e di trattati di altissimo profilo scientifico. Risale a questi anni la pubblicazione di testi sulla teoria dell’elasticità, sull’integrazione complessa e sul calcolo dei residui. Cauchy si consacra, così, come il più grande matematico del suo tempo. La sua fede cattolica non passa, tuttavia, inosservata nell’ambiente liberal-massonico universitario. Negli anni 1825-1826, per esempio, viene attaccato dallo scrittore Marie-Henri Beyle (1783-1842), noto con lo pseudonimo di Stendhal, con critiche maliziose e, a dire di Bruno Belhoste, il principale biografo di Cauchy, destituite di ogni fondamento.
Con l’avvento della fazione liberale e la deposizione di re Carlo X di Borbone (1757-1836), Cauchy viene allontanato dall’insegnamento accademico e dalle altre cariche pubbliche, poiché si rifiuta di prestare il giuramento di fedeltà a Luigi Filippo di Orleans (1773-1850), il re «dei francesi». La nostra mentalità pragmatica ci fa quasi sorridere dinanzi a questa scelta: il giuramento aveva un carattere del tutto formale ed era richiesto a tutti i dipendenti pubblici, ma Cauchy era un uomo con il senso dell’onore. Dal suo punto di vista, Luigi Filippo non era solo privo della «legittimità d’origine», la corona spettando al piccolo Enrico, duca di Bordeaux e poi conte di Chambord (1820-1883), ma era soprattutto un re eletto a maggioranza che giurava fedeltà a una Costituzione piuttosto che a Dio, lasciando prevedere che il diritto naturale e le tradizioni del popolo non sarebbero state rispettate. Perciò Augustin-Louis preferisce l’esilio, rinunciando ai suoi ben retribuiti incarichi accademici.
Nel 1831 viene chiamato a Torino dal re Carlo Alberto di Savoia (1798-1849), che gli offre la cattedra di «Fisica Sublime» che fu già di Amedeo Avogadro (1776-1856) e che per lui è appositamente ripristinata. Dal 1833 e per cinque anni Cauchy raggiunge il «suo» re Carlo X a Praga nel ruolo di precettore del duca Enrico Carlo di Artois (1820-1883).
Cauchy rientra a Parigi nel 1838: dall’esilio volontario porta con sé solo il titolo di barone conferitogli da Carlo X. In un panorama accademico, oltre che politico, profondamente mutato, egli può riprendere soltanto il posto all’Accademia delle Scienze, una delle rare istituzioni in cui non si richiede il giuramento di fedeltà a Luigi Filippo. In pochi anni presenta una mole impressionante di note e di memorie — oltre duecentocinquanta —, la maggior parte pubblicata sui prestigiosi Comptes Rendus dell’istituto, Ma la strada al Collegio di Francia gli è preclusa: il corpo docente, infatti, lo identifica come «il candidato dei gesuiti». Soltanto nel 1849, con l’avvento della Seconda Repubblica, Cauchy può beneficiare di un clima più favorevole ed essere nominato professore di astronomia matematica alla Sorbona senza l’obbligo di ritrattare le proprie convinzioni. Si parla ormai di Cauchy come del miglior matematico d’Europa, ed è proprio per questa «chiara fama» che Napoleone III (1808-1873), pur avendo ripristinato il giuramento per tutti i funzionari pubblici, esenterà da quest’obbligo Cauchy, il quale, dal canto suo, si era ancora una volta già dimesso da ogni insegnamento.
Cauchy muore il 23 maggio 1857, ricevuta l’unzione degli infermi, nella sua casa di Sceaux, nell’Île-de-France, all’età di sessantotto anni. Di quel giorno, la figlia maggiore Marie Louise Françoise (1819-1878) riporta: «Essendo rimasto pienamente cosciente, nel pieno possesso delle sue facoltà mentali, fino alle 3.30 del mattino, mio padre improvvisamente sussurrò i nomi benedetti di Gesù, Maria e Giuseppe. Per la prima volta, sembrò prendere coscienza della gravità della sua condizione. Verso le quattro circa, la sua anima tornò a Dio. Andò incontro alla morte con una tale calma che ci fece vergognare del nostro dolore».
3. Cauchy non visse in modo tormentato il suo essere scienziato e cristiano: scienza e religione erano in lui già conciliati, operando gerarchicamente ciascuno nel proprio ordine. La religione è «la prima delle scienze»; il suo fine è «la ricerca della verità, […] tesoro inestimabile, la cui conquista non produce alcun rimorso e non turba in nulla la pace dell’uomo». Nell’introduzione al suo già citato Course d’Analyse, egli delinea così la sua concezione della ricerca scientifica: «Coltiviamo con ardore le scienze matematiche, senza volerle estendere al di là del loro dominio; e non cerchiamo di immaginare che si possa attaccare la storia con le formule, o sanzionare la morale con teoremi di algebra o del calcolo integrale».
Il suo è un cattolicesimo costantemente preoccupato di mantenere un’influenza efficace sulla vita politica e civile della nazione. Nel 1808 entra a far parte della Congrégation de la Sainte Vierge, un’associazione di preghiera per la formazione di giovani cattolici pronti a ricristianizzare la società secolarizzata dall’Illuminismo e dalla Rivoluzione.
Nel 1816 organizza la Société des Bonnes Hommes, per l’assistenza ai malati e ai carcerati. Più tardi s’impegna per la Société Catholique de Bons Livres, per diffondere la stampa cattolica e con il progetto di creare un’enciclopedia cattolica. È a fianco dei gesuiti per difendere la libertà d’insegnamento contro il preteso monopolio dello Stato ed è tra i fondatori dell’Association pour la Protection de la Religion Catholique, per difendere la Chiesa dagli attacchi della massoneria. Accetta di istituire un dipartimento di fisica presso l’École normale Ecclésiastique. Svolge attività di carità materiale aderendo alla Società San Vincenzo de’ Paoli e, nel 1839, è fra i membri dell’associazione Catholicisme en Europe fondata per tutelare i cattolici perseguitati nei Paesi protestanti. Negli ultimi anni della vita, infine, Cauchy milita per l’abolizione del lavoro festivo nell’Association pour la Liberté du Dimanche e nel 1856, a conclusione della guerra di Crimea, promuove una raccolta di opere e di fondi finalizzata all’apostolato rivolto ai non cristiani in Medio Oriente.
Augustin-Louis Cauchy non è stato, quindi, solo un grande scienziato, ma un cristiano impegnato nell’apostolato sociale e culturale, lungo direttrici straordinariamente somiglianti a quelle che il Concilio Vaticano II, poco più di cento anni dopo la sua morte, avrebbe indicato come proprie dell’apostolato dei laici.
Luciano Benassi e Maurizio Brunetti
Per approfondire:
Bruno Belhoste, Augustin-Louis Cauchy. A Biography, trad. ingl., Springer Verlag, Londra-Parigi-Tokyo-Hong Kong-Barcellona 1991.
Nicola Binaghi, I luoghi comuni della propaganda anticattolica: «La Chiesa soffoca l’indagine scientifica e si oppone al progresso». L’esempio di un grande scienziato cattolico: Louis Augustin Cauchy. Lezione tenuta il 27-4-2000 a Ferrara nell’ambito della Scuola di Educazione Civile. (cfr. la pagina <http://www.scuoladieducazionecivile.org/binaghi1.htm>).
Luigi Agostino Cauchy, Alquante parole rivolte agli uomini di buon senso e di buona fede, trad. it., Reale Tipografia Soliani, Modena 1834.