di Marco Invernizzi
Molto utile il Seminario dell’11 luglio sull’eutanasia promosso da 31 associazioni cattoliche a Roma per “svegliare” il mondo cattolico (e non solo) di fronte alla concreta possibilità che il 24 settembre la Corte costituzionale dia seguito alla propria sentenza del 2018 con cui invitava formalmente il parlamento a legiferare sull’Articolo 580 del Codice penale che punisce l’aiuto al suicidio. Altrimenti la stessa Corte provvederà a dichiarare i casi di incostituzionalità dello stesso articolo.
Naturalmente al Seminario hanno partecipato alcuni parlamentari rappresentanti di diversi partiti, anche perché la risposta all’ingerenza della sentenza della Corte deve anzitutto venire dall’emiciclo, come richiesto dalla stessa Corte.
Purtroppo sono però andati perduti molti mesi e solo da poche settimane si sta cercando di correre ai ripari. Infatti, accanto a tre proposte di legge esplicitamente eutanasiche, ve ne è una sola (primo firmatario l’on. Alessandro Pagano) che ribadisce il reato di aiuto al suicidio previsto dal suddetto Articolo 580 e che contemporaneamente cerca di andare incontro alle sollecitazioni della Corte, riducendo le pene previste in alcuni casi limitati e introducendo l’obbligatorietà delle cure palliative per i malati che soffrano in modo particolarmente acuto.
Vedremo
cosa accadrà nelle prossime ore: se, cioè, esiste la volontà
politica da parte dei partiti pro-life
di sostenere questa proposta unica a favore della vita, iniziando in
Parlamento una battaglia. Una battaglia difficile, certo, perché
non esiste una maggioranza pro-life
sulla carta, eppure non impossibile, poiché vi sono alcuni
parlamentari di partiti pro-eutanasia che potrebbero (il condizionale
è d’obbligo) votare contro l’eutanasia (alcuni di loro erano
presenti ai lavori del Seminario).
È una battaglia che
ovviamente si può perdere, ma che non ci si può rifiutare di
combattere: certamente nella società, attraverso un’azione
culturale, ma anche in Parlamento, con un’azione politica.
Occorre
però sottolineare un altro aspetto, particolarmente importante per
Alleanza Cattolica, soprattutto in prospettiva, giacché è vero che
siamo di fronte a una battaglia importante, ma la lotta per la vita e
per la famiglia non finirà il 24 settembre né a breve.
La domanda che ci si deve porre è se si saprà sostenere il conflitto culturale dei prossimi vent’anni, quando i bambini nati oggi diventeranno adulti e saranno cresciuti in un ambiente ostile alla vita e alla famiglia, in un contesto storico in cui saranno state approvate leggi contro la famiglia e contro la vita, come la fecondazione assistita o le adozioni da parte di coppie omosessuali, oltre ad altre e numerose leggi disumane già da tempo approvate.
Ora, avere riunito 31 associazioni, nel mondo odierno dominato dalla “dittatura del relativismo”, è già di per sé un piccolo miracolo.
Quello che Dio ha permesso e favorito non va gettato via. Bisogna proteggere questa esperienza appena iniziata, senza rovininarla con personalismi e con divisioni, né con fughe verso la politica, che di per sé è divisiva, anche quando è nobile e necessaria. Non va rovinata neppure con compromessi inaccettabili e inutili, che non serviranno a nessuno, neppure a salvare posizioni di rendita che stanno comunque terminando.
Certo, ci sarà chi cercherà di dividere questo fronte e anzi qualcuno ha già cominciato a farlo, sia da fuori il mondo cattolico, perché questo fronte dà fastidio, sia dall’interno, perché c’è sempre qualcuno “più ortodosso”, capace di enunciare princìpi astratti prescindendo completamente dal contesto storico nel quale si è chiamati a combattere per la difesa di quei princìpi. Il combattimento attuale passa infatti anche attraverso il perseguimento del bene possibile, che nell’ora presente consiste nell’impedire ogni ulteriore deriva e salvaguardare ciò che del diritto positivo rimane a presidio della verità sull’uomo.
E c’è anche chi, sempre fra i cattolici, ha una paura terribile di doversi scontrare con la cultura che domina fra le élite intellettuali, soprattutto giornalisti e professori, quelli che vorrebbero far apparire i difensori della vita come zotici, incolti e retrogradi perché parlano di vita e di famiglia come princìpi fondamentali della vita pubblica. Non occorre curarsi di loro e bisogna andare avanti, come insegna il Magistero, con un amore grande per la verità sull’uomo e per tutti gli uomini del nostro tempo, feriti ma non uccisi dal relativismo vigliacco e aggressivo che vorrebbe farci fallire e tacere.
Venerdì, 12 luglio 2019