Un’intervista del card. Parolin aiuta a riflettere sulle divisioni interne alla Sposa di Cristo
Marco Invernizzi
Le parole più significative le ha pronunciate il Segretario di Stato, card. Pietro Parolin, a proposito della supposta divisione fra i due Pontefici, l’emerito Benedetto XVI e il regnante Francesco: «La contingenza storica che ha visto convivere nello stesso tempo due Successori di Pietro ha configurato per la Chiesa una situazione istituzionale inedita, che poteva anche essere delicata. Qualcuno magari ha pensato di approfittarne, e magari ci ha anche provato, per spargere confusione. Ma non è riuscito nel suo intento» (Corriere della Sera, intervista di Gian Guido Vecchi, 5 gennaio).
Che qualcuno abbia tentato di presentare Benedetto in contrapposizione a Francesco, purtroppo, è veramente accaduto e continua ad accadere, anche se fra questi alcuni hanno capito l’errore e hanno ammesso di essersi sbagliati. Del resto, la figura di Benedetto è stata oggetto di feroci critiche durante tutta la sua vita, a cominciare da quando prese le distanze, da professore, da una lettura del Concilio Vaticano II come rottura con la storia della Chiesa. Poi le cose sono peggiorate quando è diventato Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, nel 1981, e poi ancora da Papa, a partire dal 2005, e non sono migliorate nemmeno dopo la rinuncia, nel 2013, nei dieci anni successivi fino alla morte.
Peraltro, sarebbe altrettanto sbagliato, come alcuni hanno fatto e continuano a fare, rispondere agli attacchi che Benedetto ha dovuto subire con altrettanti attacchi e critiche al suo successore, che evidentemente è molto diverso da lui. Il tema è l’unità della Chiesa, bene assolutamente prezioso, che si costruisce nell’obbedienza al Vicario di Cristo, chiunque sia, al di là delle differenze.
Sempre il card. Parolin ha inquadrato magistralmente il tema rispondendo così alla domanda dell’intervistatore, che gli chiedeva perché chi ha voluto creare confusione non è riuscito nel suo intento: «Per la fede del Papa e del Papa emerito e per le preghiere del Popolo di Dio, che li ha sempre abbracciati e sostenuti tutti e due. La fede del Popolo di Dio è sempre connotata da un affetto istintivo nei confronti del Successore di Pietro. Fa parte di quello che la Chiesa riconosce come il sensus fidei, l’istinto della fede, di cui tanto ci ha parlato Joseph Ratzinger e continua a parlarci Papa Francesco».
Così per dieci anni abbiamo assistito a questa paradossale situazione: da una parte «la prossimità fraterna fra Papa Francesco e il Papa emerito», come dice sempre il card. Parolin, e dall’altra i continui tentativi di dividere, di contrapporre, di creare inimicizia dentro la Chiesa.
Rimando ancora all’intervista del Segretario di Stato, che ricorda come la diversità, anche fra i Papi, «fa parte della bellezza della Chiesa». Non credo che il card. Parolin sia un ingenuo e non sia al corrente della crisi della Chiesa, dovuta anche alle divisioni interne che nascono dalla «autodemolizione» della Chiesa stessa, come disse san Paolo VI. Ma di fronte alle divisioni come è giusto comportarsi? Enfatizzandole, trasformando la Chiesa in uno stadio, oppure cercando di superarle nella ricerca della verità, che si trova nella Scrittura e nella Tradizione, oltre che nell’obbedienza al Magistero?
Le parole che andrebbero enfatizzate sono proprio queste, verità e obbedienza, trascurate e avversate del pensiero unico dominante, tanto impregnato di relativismo quanto di arroganza. E allora facciamo ogni sforzo per combattere questo “pensiero unico”, per favorire un clima di unità dentro la Chiesa, in cui si parla tanto di comunione, ma non ci si ascolta. E in particolare smettiamo di “andare dietro” a quei media che “campano” sulle polemiche e gli scontri degli altri.