Muore a Palermo un ardente imitatore di san Francesco d’Assisi. I media tacciono la sua profonda spiritualità, allo stesso modo con il quale hanno tentato di trasformare il Poverello in un’icona politicamente corretta. Ripercorriamo, invece, i caposaldi della sua spiritualità
di Diego Torre
I riflettori mediatici in questi giorni sono stati puntati su fratel Biagio Conte (1963-2023) e la sua vita straordinaria.
Le analogie con Francesco d’Assisi ci sono. Ripudia le ricchezze paterne e la vita agiata, fugge dalla famiglia ed interrompe gli studi. Cerca qualcosa di indefinito per placare la sua profonda insoddisfazione: «Mi stordivo con auto di lusso, griffe, belle ragazze e vestivo solo di grigio o di nero, la mia vita non aveva colori». Tenta la via della bellezza e si dà all’arte, alla pittura e alla scultura, finché, a 26 anni, parte per Assisi, a piedi, sentendo il richiamo di san Francesco, che diventa il suo modello. Ritornato a Palermo, si spoglia di tutto e inizia la sua vita di eremita e servo dei poveri, realizzando molte opere a loro servizio. Come san Filippo Neri voleva andare in terra di missione, ma camminando per la sua città capì che il Signore lo chiamava a sviluppare a Palermo il suo apostolato. Lascia infatti alla sua morte la Missione di Speranza e Carità, l’Accoglienza Femminile e La Cittadella del Povero e della Speranza, dove vivono e vengono assistite centinaia di persone.
E fin qui il politicamente corretto avrebbe poco da eccepire. Finché i cristiani danno da mangiare agli affamati, sgravando lo Stato laico della cura degli ultimi, sono benemeriti. Scatta quindi l’apologia sociologica dei media, che trascurano però la dimensione principale del personaggio, quella spirituale. Biagio è follemente innamorato di Cristo; e questo è il motore del suo inesauribile apostolato. Vive come un eremita dei tempi andati, disprezzando la propria vita fisica fino all’esaurimento, con digiuni e penitenze, dormendo nella grotta dell’Oasi della Speranza o nei cartoni dei barboni. Si ridurrà sulla sedia a rotelle a causa di alcune vertebre schiacciate dalle fatiche, ma sarà soccorso dall’Alto. «Avevo dolori alla schiena e alle gambe. I medici mi dissero che dovevo operarmi ed ero a rischio amputazione. Andai a Lourdes anche se non volevo fare il bagno nelle piscine. Alla fine m’immersi e al ritorno ero guarito. Ora non cammino, volo» (Famiglia Cristiana, 12/01/23). Una guarigione scientificamente inspiegabile, i cui effetti tutti constatarono.
Biagio è un uomo di ardente ed intensa preghiera, che non perde occasione per raccogliersi o per invitare altri ad unirsi a lui, che «ha fatto della preghiera fiduciosa nel suo Dio la bussola, l’asse portante, la stella polare della sua esistenza», come ha detto l’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, nell’omelia del funerale. Ma risplendeva anche di una grande devozione eucaristica. Amava infatti particolarmente la figura del beato Carlo Acutis (1991-2006), giovane ed ardente devoto di Gesù Eucaristico, e ne conservava un’immaginetta nella “sua” grotta. Quando sorgeva un problema per le sue “opere” aveva la soluzione pronta: ritiro, digiuno e preghiera. Fu così che ottenne dalle istituzioni gli immobili in cui le ospitò.
Biagio ama Maria Immacolata e ne coglie la centralità nell’opera della Redenzione. Scriveva questa preghiera nel suo ritiro a Madonna delle Croci (Monreale, 30/01/2018): «…facciamo nostro il preziosissimo esempio di Maria Addolorata che dopo avergli strappato il Figlio messo in croce, è morto per tutti noi. Adesso giace la Pietà di Cristo Gesù nelle braccia di Maria trafitta dal Dolore, ma come Madre non perde la Fede, la Speranza e la Carità offrendo il Figlio suo al Buon Dio e a tutti noi. Ecco che la Madre di Dio e Madre nostra, trasforma il suo dolore rimettendo tutto nelle mani di Dio, ma ci invita tutti alla Santa Preghiera, alla preziosa recita del Santo Rosario ogni giorno. Ci invita all’Eucarestia ogni domenica alla Santa Messa, inoltre Maria ci raccomanda anche la preziosa opera di carità e di vivere una vita ricca di sobrietà, allontanandoci così sempre più dal materialismo e dal consumismo causa di tanti mali».
Nella “sua” grotta troviamo anche un’immagine di san Massimiliano Kolbe (1894-1042), il “folle dell’Immacolata”. Tutto l’amore e la dedizione che egli riversò sugli ultimi, tutta la sua turbinosa energia, gli veniva dalla sua confidenza con Dio. Troppi si esaltano per la testimonianza di Biagio che si fa povero per servire i poveri, ma dimenticano che ciò è avvenuto in un uomo fortemente motivato e sorretto dalla sua adesione, toto corde, alla religione cattolica. Costoro denotano un’autentica schizofrenia, che si sforza di fare rientrare il personaggio nel politicamente corretto tacendo della sua fede profonda, vissuta con convinta coerenza, anche soltanto tacendone. E’ un’operazione che il pensiero debole, anche con la complicità di alcuni cristiani che hanno “perso il sapore”, ha già operato con parziale successo su tante figure della cristianesimo, Gesù e san Francesco compresi. E ora ci riprova con Biagio.
Venerdì, 20 gennaio 2023