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Buon compleanno, Louise Brown!

25 Luglio 2018 - Autore: Chiara Mantovani

di Chiara Mantovani

Quarant’anni. Di solito è un compleanno che si festeggia con enfasi particolare: un viaggio importante, una grande cena con gli amici, un gioiello, un’avventura sempre sognata. Insomma, uno spettacolo. Ma per Louise Brown già la sua nascita ha avuto tutta la spettacolarità adeguata alla straordinarietà della sua persona: la prima concepita fuori dall’utero della propria madre. Quarant’anni fa fu uno choc, a oggi le cifre parlano di otto milioni di bambini nati tramite la tecnica della fecondazione in vitro e successivo impianto dell’embrione in un utero. Non sempre della donna che desidera quel figlio, non sempre da un ovocita di chi lo porta in grembo. Il mater semper certa non esiste più.

Nel 2015, secondo i dati presentati al Congresso della Società europea di riproduzione umana ed embriologia (Eshre), svoltosi a Barcellona a inizio luglio, sono stati circa 800mila nel mondo i cicli di trattamenti di procreazione medicalmente assistita effettuati e 157.449 sono i bambini nati da fecondazione artificiale.

Applicando le proporzioni comunicate al parlamento italiano dal ministero della Salute, se in quarant’anni sono nati otto milioni di bambini, i baby in arms, i “bimbi in braccio”, sono solo il 20% di quelli “prodotti”. Significa che sono stati “confezionati” in laboratorio 40 milioni di esseri umani nel mondo. Ma che 32 milioni sono morti. E i risultati sono arrotondati per difetto e con generoso ribasso. Non per compiacere qualcuno, solo per sforzo puerile di mitigare l’orrore.

Non sarà mai sufficientemente evidenziato il nesso tra una mentalità che “libera” ogni desiderio dai vincoli non solo della ragione, dell’etica, della natura stessa e il progressivo costruirsi di una società sempre più ripiegata su sé stessa, incapace di capire la misura dell’umanità, che corre felicemente verso il baratro.

L’ultimo esempio? Il 23 luglio, in Italia, il Comitato nazionale di bioetica, il consesso che dovrebbe orientare i ragionamenti che guidano la pratica clinica, la sperimentazione e in genere tutti gli atti riguardanti la vita, ha emesso – con un solo parere contrario – un comunicato che non disapprova ma cerca in un qualche modo di “regolamentare” la prescrizione del farmaco triptorelina negli adolescenti. È una sostanza che inibisce nell’ipofisi la produzione di quegli ormoni che governano le gonadi. Così facendo si ottiene anche l’abbassamento dei livelli di testosterone. Ciò è utile, per esempio, nella terapia del cancro prostatico. Ma oggi è sempre più utilizzato per la disforia di genere negli adolescenti, per bloccare lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari e dunque anche la pubertà. Poiché può essere prescritto secondo la modalità delle “indicazioni diverse da quelle autorizzate” (off label), la decisione terapeutica, la dose e tutti gli altri adempimenti sono affidati esclusivamente alla responsabilità del singolo medico. Anziché ribadire che la corporeità umana va rispettata, si è preferito dare indicazioni per applicare un protocollo all’utilizzo di un farmaco anche quando adegua un presunto desiderio alla realtà biologica, applicando il principio: “tanto viene fatto, vietare non si può più, meglio provare a limitare i danni”.

È lo stesso ragionamento che da una falsa storia (il caso Roe vs Wade negli Stati Uniti d’America) ha banalizzato l’aborto, che da una nascita “eccezionale” ha nobilitato la fecondazione artificiale (e il suo indotto economico), che dai desideri ha cambiato le biologie. Dal “vietato vietare”, passando per l’“improprio giudicare” all’“impossibile educare”. È l’abdicazione della ragione, il tempo della barbarie. Chiamata progresso, porta solo distruzione.

I supereroi sono affascinanti per chi si sente sfidato da poteri che schiacciano, opprimono e vincono sempre, ben più che da quarant’anni a questa parte. La lotta tra il bene e il male, portata avanti da persone sempre imperfette, piene di manie di protagonismo, debolezze e vizi, rispecchia la realtà. Nell’ultimo fumettone cinematografico della Marvel, Avengers: Infinity War, c’è un immaginifico precursore di Robert Malthus così esplicitamente collegato con la Morte da essere realistico, potenza e cinismo compresi. Al cinema ci si può illudere che i protagonisti “buoni”, pur malconci e impolverati, dopo aver distrutto mezzo universo, garantiscano il lieto fine. Nella realtà, succede come dice un celebre versetto: «Allora due uomini saranno nel campo: uno sarà preso e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una sarà presa e l’altra lasciata» (Mt 24, 40-41).

Ma quelli saranno gli ultimi tempi, quando il tempo starà per finire.

Mercoledì, 25 luglio 2018

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