Mohammad Al-Arefe è imam della moschea dell’accademia Re Fahd e della Marina Saudita. Qualche giorno fa ha espresso pubblica meraviglia che ai calciatori – tutti, non solo quelli delle sue parti – la Fifa non vieti di fare il segno della Croce sul terreno di gioco. La Fifa dovrebbe punirli – è la sua tesi -, perché un gesto simile offende l’Islam. Fra cinque anni i mondiali saranno in Qatar: che cosa accadrà quando Cristiano Ronaldo, se ancora in attività e se ancora convocato dal Portogallo, onorerà il suo nome di battesimo segnandosi all’ingresso del campo o dopo un goal? Lo arresteranno? Gli taglieranno le mani? E siamo così sicuri che la Fifa non ci stia pensando? Non decida, cioè, di includere nelle condotte sanzionate con provvedimenti disciplinari, insieme con le ingiurie all’arbitro e con gli striscioni razzisti, pure le mani giunte rivolte al cielo? Qualche mese fa il Real Madrid ha eliminato la croce dal simbolo della società per i gadget – scudetti, bandiere, magliette – in via di commercializzazione in Arabia Saudita, Qatar, Kuwait, Bahrein e Oman. La spiegazione fu che “ci sono sensibilità culturali da rispettare”. Mohammad Al-Arefe fa il suo lavoro: sorprende che taluno manifesti sorpresa. E’ in Occidente che in tanti non facciamo il nostro.