di Daniele Fazio
Il Catechismo della Chiesa Cattolica, quel dono preziosissimo, che san Giovanni Paolo II (1978-2005) ha fatto alla Chiesa va ripreso, letto, studiato, meditato, fatto entrare nel circuito ordinario della comunicazione della fede e del suo approfondimento. Siamo certi che la fede non viene né da un libro, né si esaurisce in esso e tuttavia la stessa struttura razionale dell’uomo non può fare a meno di incontrare anche tramite affermazioni, proposizioni, discorsi orizzonti che indicano lo straordinario incontro tra Dio e l’uomo. San John Henry Newman (1801-1890) scriveva: «il cristianesimo è credere: credere implica una dottrina, una dottrina implica proposizioni» (Discussion an Arguments, in Opere, Utet Torino 1988, p. 284).
Le formule, dunque, non vanno viste come qualcosa di sterile e il Catechismo semplicemente come un libro di studio, ma è un rimando continuo ad una realtà che ha a che fare immediatamente con la nostra vita di fede. Infatti, noi non crediamo nelle formule, ma esse ci sono utili perché non abbiamo ad ingannarci circa la realtà di Dio, la fede, la modalità con cui dobbiamo celebrare e vivere. Senza tali proposizioni la fede sarebbe fumosa e aleatoria e non riuscirebbe a riunire una comunità e plasmare una vita. Sin dai primissimi tempi della Chiesa è riecheggiato il messaggio secondo cui la struttura dottrinale della fede, depositum fidei, va custodita e trasmessa (cfr. 1 Tm 6,20; 2 Tm 1,14)
Si potrebbe chiedere: non basta la Sacra Scrittura? La lettura della Sacra Scrittura, sin dai tempi apostolici, è avvenuta all’interno della vita della Chiesa. Ancora di più si può affermare che la vita della Chiesa con le sue dinamiche catechistiche, ossia di trasmissione della fede, ha preceduto la stessa formazione del canone delle Scritture bibliche. Ciò vuol dire che nell’esperienza cattolica la Sacra Scrittura non esiste senza la Chiesa e quindi essa va letta all’interno della stessa Tradizione della Chiesa, ossia dello sforzo di comunicare attraverso gli insegnamenti dei Pastori e la vita dei santi la fede agli uomini di ogni tempo. Sacra Scrittura e Tradizione scaturiscono dalla stessa sorgente divina per cui non si devono considerare dialetticamente.
Sembra proprio paradigmatico a questo proposito l’episodio narrato dagli Atti degli Apostoli, circa l’incontro tra il diacono Filippo e un funzionario etiope che legge il libro del profeta Isaia. Filippo chiede all’interlocutore se capisse cosa stava leggendo. Alla risposta negativa, egli svolge una vera e propria catechesi aprendolo al vero senso della Scrittura tanto che l’etiope chiederà alla fine il battesimo (Cfr. At 8,26-40).
Se dunque la lettura della Sacra Scrittura acquisisce il suo vero senso all’interno della vita della Chiesa, se questa stessa ha la necessità di essere insegnata perché non emergano interpretazioni distorte (cfr. 2Pt 1,16-21), il Catechismo rappresenta un luogo significativo in cui la Sacra Scrittura ci viene spiegata in modo tale che, tra le tante parole scritte, possiamo incontrare la Parola incarnata che è Gesù Cristo, che ci svela il mistero della Trinità. E non un “Cristo” a modo nostro ma il Figlio del Padre, vero Dio e vero uomo. Chi mette in contrapposizione Bibbia e Catechismo, dunque, si espone a pericolosi equivoci che riguardano non tanto una teoria, ma la realtà dell’incontro con Cristo da vivere e offrire al prossimo.
La struttura del Catechismo della Chiesa Cattolica riprende così la grande tradizione dei catechismi e si basa su quattro pilastri – che presenteremo singolarmente – corrispondenti alle sue quattro parti: la professione della fede, i sacramenti della fede, la vita della fede e la preghiera nella vita della fede. La prima parte occupa il 39% dell’esposizione, la seconda il 23%, la terza il 27% e l’ultima l’11%. Tale struttura non è casuale, ma ci fa comprendere la vera sostanza del cristianesimo in cui prima viene l’essere del cristiano da cui poi scaturisce l’operare.
Giovedì, 28 maggio 2020