di Piermarco Ferraresi
1. L’uomo e lo scienziato
Colin Grant Clark nasce a Londra, nel 1905, da padre australiano. Dopo essersi laureato in chimica a Oxford, nel 1928, sviluppa un notevole interesse per la statistica e per l’economia fino a divenire, pur senza alcun curriculum ufficiale di studio nel settore, uno dei più importanti statistici ed economisti del secolo XX.
La carriera di Clark come economista comincia all’età di ventitrè anni, quando, nel 1928, grazie alla sua abilità di statistico, diventa assistente di ricerca, alla London School of Economics, dell’economista William Henry Beveridge (1879-1963), l’ispiratore del sistema di sicurezza sociale britannico, per alcuni studi sulla povertà. Nel 1929 lascia la London School of Economics per una posizione simile al dipartimento di Sociologia dell’Università di Liverpool.
Una svolta importante nella carriera di Clark si produce quando, nel 1930, viene chiamato, sempre come assistente di ricerca, presso l’Economic Advisory Council del governo laburista guidato da James Ramsay MacDonald (1876-1937); da questa funzione egli si dimette quasi subito, quando gli viene chiesto di preparare un memorandum a sostegno del protezionismo, ma impressiona molto favorevolmente il famoso economista John Maynard Keynes (1883-1946), anch’egli componente dell’Economic Advisory Council, che si prodiga per ottenergli un insegnamento di statistica a Cambridge.
In questo periodo, con National Income 1924-31, “Il reddito nazionale 1924-31”, del 1932, e National Income and Outlay, “Reddito nazionale e spesa”, del 1937, Clark anticipa le rilevazioni di contabilità nazionale attualmente svolte in modo sistematico dai governi, divenendo così, in soli sei anni, uno dei più importanti pionieri degli studi in questa branca dell’economia.
Sempre negli anni 1930 Clark inizia la sua opera più famosa, The Conditions of Economic Progress, “Le condizioni del progresso economico”, che vede la luce nel 1940. All’epoca egli si trova ormai in Australia, dove è direttore del Bureau of Industry, consigliere finanziario del Tesoro e sottosegretario al Lavoro e all’Industria dello Stato del Queensland, con un primo ministro laburista. Si tratta di incarichi che mantiene dal 1938 al 1952, e che tuttavia non gli impediscono di dedicarsi alla produzione scientifica, che continua, per esempio, con The National Income of Australia, “Il reddito nazionale dell’Australia”, del 1938, e con una seconda edizione ampiamente rifatta di The Conditions of Economic Progress, del 1951, un’opera che verrà nuovamente pubblicata, in edizione ampliata, nel 1957. Di questo periodo è pure l’opera The Economics of 1960, “L’economia del 1960” – la cui prima edizione è del 1941 -, nella quale introduce la distinzione, oggi d’uso corrente e di straordinaria utilità, fra i diversi settori dell’attività economica: il settore primario, costituito da agricoltura e foreste, pastorizia, caccia e pesca; quello secondario, di cui fanno parte industrie estrattive, produzione energetica, industrie manifatturiere e delle costruzioni; e il settore terziario, che comprende tutte le altre attività.
Dopo il suo incarico in Australia Clark lavora per un anno a Roma, alla FAO – la Food and Agriculture Organization, delle Nazioni Unite, con sede appunto nella capitale italiana -, quindi, dal 1953 al 1969, ritorna a Oxford come direttore dell’Istituto Universitario di Ricerca in Economia Agraria.
Negli anni di Oxford appare evidente il fatto che ha percorso lo spettro politico dalla sinistra alla destra liberista. Egli in particolare si dedica ai problemi della popolazione e dell’offerta di cibo, divenendo, soprattutto con Population Growth and Land Use, “Crescita della popolazione e uso del territorio”, del 1967, uno dei più pungenti critici di ogni tipo di posizione neo-malthusiana, come per esempio quella sostenuta dalla stessa FAO: “Non dovrebbe più esserci molta gente oggi – scrive nell’opera citata – a credere ancora a quello straordinario errore, compiuto originariamente nel 1950 e diffusosi così rapidamente nel mondo, secondo il quale una vita di malnutrizione e di effettiva povertà è la sorte di almeno due terzi del genere umano; perché una tale affermazione, così palesemente errata, abbia avuto una così ampia diffusione è un problema da psicologo sociale”.
Clark lascia Oxford nel 1969 per ritornare in Australia, prima alla Monash University, di Victoria, e poi all’Università del Queensland, dove rimane fino alla morte avvenuta nel settembre del 1989; ripercorrere la sua vita – allietata, fra l’altro, da otto figli e da una figlia – costituisce un’utile occasione per soffermarsi, seppur brevemente, su alcuni temi di rilievo.
In particolare le sue posizioni relative alle problematiche della crescita economica, delle risorse alimentari e della tassazione elevata lo mostrano capace di operare contro tendenza, sempre basandosi su un’ampia base sperimentale, su un solido fondamento documentale, costruito attraverso la raccolta diretta dei dati e sulla loro personale elaborazione.
2. La crescita economica e la fiscalità
La correlazione fra lo sviluppo economico e un graduale spostarsi del lavoro dall’agricoltura al settore terziario, da lui messa in luce ne The Conditions of Economic Progress, è stata ed è ampiamente fraintesa da chi intende imporre uno sviluppo pianificato e centralizzato, come lo stesso Clark non si stanca di ripetere: “Alcuni di coloro che sono impegnati nella formulazione delle politiche agricole nei paesi in via di sviluppo hanno trattato questa relazione come se fosse reversibile, cioè come se la creazione di impiego in settori industriali portasse automaticamente all’arricchimento del paese. Si tratta di un errore disastroso. L’India, sotto la guida di un eminente scienziato, ha seguito un ragionamento del tutto peculiare. La popolazione – egli ha osservato – sta aumentando, quindi abbiamo bisogno di più cibo. Per produrre più cibo abbiamo bisogno del fertilizzante. Fino a qui tutto bene. Allora dobbiamo produrre il fertilizzante… E per costruire gli impianti che lo producano abbiamo bisogno di acciaio. Quindi dobbiamo impiegare la maggior quantità possibile di risorse nella costruzione di grandi acciaierie. Probabilmente a causa delle condizioni particolari nelle quali è prodotto, l’acciaio suscita emozioni che impediscono ogni discussione razionale. Quando una volta mi chiesero se in India si dovesse continuare a investire in acciaierie, risposi che si trattava di un problema di religione comparata”.
Infatti, secondo Clark, il vero motore della crescita economica è l’attitudine dell’uomo a rischiare e a progredire nella conoscenza, una capacità che si trasforma in capacità di investire e che si svolge con uno sviluppo lento; le marce forzate di una pianificazione centralizzata limitano la libertà individuale, unico fondamento dello sviluppo economico.
Collegato alla libertà individuale e alla responsabilità personale di ogni membro di una società è il problema dell’imposizione fiscale, da lui affrontato specificamente in Welfare and Taxation, “Benessere e imposizione fiscale”, del 1954.
La posizione di Clark è caratterizzata, in questo particolare ambito, dall’idea che una tassazione esorbitante si risolva in inflazione, e che si dovrebbe lasciare una maggiore responsabilità agli individui, piuttosto che cercare di assicurare il benessere comune attraverso un’elevata ridistribuzione del reddito o mediante l’intervento eccessivo dello Stato nei servizi sociali.
3. Popolazione e risorse alimentari
Il dissenso che ha contrapposto Clark e la FAO fu dovuto alle posizioni sostenute dallo statistico ed economista anglo-australiano relativamente alla capacità del pianeta di nutrire i suoi abitanti. Sull’argomento egli interviene ex professo nel 1973 con The myth of over-population, Il mito dell’esplosione demografica, tradotto in italiano nel 1974 con una prefazione di Cesare Zappulli (1915-1984). E non si può certo dire che si tratti di un argomento chiuso, come dimostrano gli esiti della Terza Conferenza Internazionale su Popolazione e Sviluppo, tenutasi a Il Cairo nel settembre del 1994, dove calcoli allarmistici sono stati portati a sostegno di proposte sostanzialmente mirate a un forte controllo delle nascite, spesso senza tener conto nella misura del necessario della complessità delle dinamiche demografiche, del progresso tecnico, delle differenti abitudini alimentari nelle diverse aree interessate, né del vincolo naturale che l’effettiva possibilità di sussistenza pone alla crescita della popolazione.
Clark non è un sostenitore delle vistose semplificazioni, che spesso sottostanno ai calcoli in questo campo, e rimane sempre aperto al dialogo scientifico; ciò nonostante, la sua conclusione che la terra, posti adeguati accordi economici e un relativo progresso tecnico, sia in grado di provvedere a una popolazione ampiamente superiore a quella attuale, fu interpretata come faziosa, soprattutto in relazione alla sua conversione al cattolicesimo e alla partecipazione agli studi che condussero all’enciclica sulla regolazione della natalità Humanae vitae, pubblicata da Papa Paolo VI (1963-1978) nel 1968.
4. Conclusioni
È sempre importante ricercare la verità al di là dei pregiudizi, ma è di particolare rilievo che certe posizioni siano state sostenute da uno studioso come Clark, che fu fondamentalmente uno statistico, non tanto perché si possa così rispolverare il mito dell’evidenza obiettiva dei numeri, quanto proprio per sfatarlo.
Le statistiche possono essere facilmente portate a sostegno di molteplici ideologie, ma sicuramente non mancheranno le evidenze empiriche di quelle che sono elementari verità sull’uomo e sulla società, per cui è sempre fondamentale un’accurata esposizione delle ipotesi che stanno alla base della raccolta e della elaborazione dei dati: è infatti troppo facile barare sulle ipotesi, e lì si vede se i numeri sono uno strumento di indagine o solo una bandiera da sventolare.
Per approfondire: dell’autore, in italiano, vedi Il mito dello sviluppo economico, Giuffrè, Milano 1962 (ed. originale, Growthmanship, Institute of Economic Affairs, Londra 1961); e Il mito dell’esplosione demografica, con una prefazione di Cesare Zappulli, Ares, Milano 1974 (ed. originale, The myth of over-population, Advocate Press, Melbourne 1973); sulla sua vita e sulla sua carriera, vedi George H. Peters, Economics and Agricultural Economics: Colin Clark (1905-1989), in Rivista di Economia Agraria, anno L, n. 2, giugno 1995, pp. 165-184.