Murillo M. Galliez, Cristianità n. 24 (1977)
Tre passaggi di un processo di morte
CONTRACCEZIONE, ABORTO ED EUTANASIA
«Dal controllo delle nascite al controllo della morte, dalla pianificazione delle nascite alla pianificazione della morte, pare che vi sia una progressione logica; ma è una logica di morte, non una logica di vita» (1).
Queste parole dei vescovi irlandesi ci invitano a riflettere. Non intendiamo, in questa sede, esporre tutti gli argomenti dottrinali della Chiesa in tema di contraccezione, di aborto è di eutanasia. Vogliamo soltanto mostrare la mentalità che sta dietro a questo processo e alcuni fatti che illustrano questa terribile «logica di morte».
La crescente paganizzazione della società sta reintroducendo, in modo sempre meno nascosto, pratiche che i secoli di civiltà cristiana avevano fatto scomparire completamente dal mondo occidentale. Più specificamente tali pratiche si stanno manifestando, e una nuova mentalità comincia a generalizzarsi, per ciò che riguarda la vita umana nella sua dignità, nei suoi diritti e nella condizione unica dell’uomo nella scala della creazione, in quanto essere dotato di anima immortale, oltre che di corpo.
Questa mentalità – che ha le sue cause profonde in una concezione ugualitaria e materialistica della vita – cerca di vincere le resistenze opposte dalla religione, dalla morale e dalla semplice rettitudine naturale, attraverso la diffusione di concezioni ambigue sul bene e sul male, sulla verità e sull’errore, sulla virtù e sul vizio. La propaganda sta diffondendo, con tutti i mezzi e incessantemente, il desiderio di godere la vita, che genera un atteggiamento egoistico di fronte a innumerevoli situazioni; il tutto, unito a una buona dose di permissivismo e di sentimentalismo romantico nel campo dei costumi, sta muovendo le tendenze dell’opinione pubblica nel senso dell’accettazione proprio di quello che fino a poco tempo fa respingeva con orrore, come aberrazioni di barbarie pagana o manifestazioni malate di menti pervertite. Ci riferiamo alla contraccezione con metodi artificiali, all’aborto e all’eutanasia.
LOGICA DI MORTE
Infatti, contraccezione, aborto ed eutanasia sono manifestazioni concrete di un’unica mentalità, di una stessa presa di posizione dottrinale e pratica di fronte alla vita umana, alla sua origine, alla sua dignità, ai suoi fini: Dio non sarebbe più il creatore e il supremo signore della vita, dalle sue fonti fino al suo termine, ma spetterebbe all’uomo la determinazione di chi deve nascere, di chi deve sopravvivere e di chi deve morire. Egli avrebbe la facoltà di impedire artificialmente che la vita umana sia il risultato naturale di un atto a ciò destinato, e così anche il diritto di sopprimerla in qualsiasi fase del suo sviluppo, sia prima della nascita (aborto), sia dopo (eutanasia), sia anche prima che abbia avuto inizio (contraccezione).
E questo nuovo signore della vita e della morte non sarebbe soggetto ad altra legge che quella dei suoi interessi, delle sue convenienze, del suo egoismo. Non hanno nessuna importanza leggi divine o umane, ecclesiastiche o civili; neppure la legge naturale, impressa in modo indelebile nel suo essere da Chi lo ha creato a sua immagine e somiglianza. Valgono solamente ragioni di ordine materiale, quanto considera necessario al benessere fisico, mentale ed economico di una persona, di una famiglia, o della popolazione di un paese. O semplicemente per soddisfare qualcuno che non vuole piegarsi alle conseguenze dei propri atti.
Vi è ancora chi prova orrore per l’eutanasia, e la considera, a giusto titolo, come un omicidio volontario. Ma ammette il controllo delle nascite con mezzi artificiali. Non vede che una cosa è conseguenza dell’altra, frutti entrambe della stessa mentalità «contro la vita». Infatti, chi ammette che è lecito impedire, anche con metodi contro natura, il concepimento di «figli non desiderati», sarà facilmente portato a considerare lecito l’aborto, nel caso falliscano i metodi contraccettivi. E il dinamismo interno di questo egoismo finirà, presto o tardi, per trascinare gli uomini all’altro capo di questo oscuro cammino: se si può respingere o sopprimere il figlio che si pensa di non essere in grado di allevare, o che potrebbe portare problemi per la convivenza familiare, perché, in tal caso, sopportare il vecchio nonno o il parente affetto da malattia incurabile o incapace, che sono divenuti causa di eccessive fatiche e spese? La stessa «logica di morte» porterà a desiderare di abbreviarne i giorni. E l’ipocrisia assassina troverà subito una giustificazione «pietosa»: «Poveretto! ha già sofferto anche troppo … ».
Cade a proposito, a questo punto, la citazione delle parole del prof. Charles E. Rice, dell’università di Notre Dame, negli Stati Uniti, a commento dell’aumento dei casi di aborto permessi dalla legislazione del suo paese: «Se un essere umano innocente può essere ucciso perché ètroppo giovane, cioè non ha vissuto ancora nove mesi dal suo concepimento, non vi è motivo, in via di principio, perché non possa essere eliminato perché è troppo vecchio. O troppo ritardato. O troppo nero. O politicamente troppo indesiderabile. Questa nazione sta adottando la filosofia della Germania nazista» (2).
NUOVI ERODI CON IL CAMICE BIANCO
La generalizzazione della pratica dell’aborto protetta dalla legge sta oggi assumendo aspetti allarmanti. Un numero crescente di paesi sta liberalizzando la propria legislazione per rendere più facile questo comportamento omicida. Infatti l’interruzione provocata, voluta e accettata della gravidanza si configura in modo pieno come omicidio volontario. Proteggendo questa pratica criminale con le proprie leggi, questi governi diventano complici, in grado maggiore o minore, dell’assassinio di milioni di esseri umani, riproducendo su larga scala, con perfezionamenti di tecnica e di ipocrisia, la barbara strage degli Innocenti, perpetrata da Erode.
E le conseguenze, come è naturale, sono le più funeste.
Per citare solamente l’esempio dell’Inghilterra, nel 1967, con l’Abortion Act, il governo estese in modo considerevole i casi di aborto provocato ammessi dalla legge. Da allora il numero di aborti dichiarati sta aumentando ogni anno, ed è passato dai 25 mila nel 1968 ai 170 mila nel 1973. Si calcola che, entro la fine del 1976, sia stato sacrificato circa un milione di nascituri. La facilità di questa pratica in Inghilterra attira un grande numero di donne di altri paesi. Solo dall’Irlanda, ne sono state registrate più di 2.200 andate in Inghilterra a questo fine. Senza contare le altre – forse più numerose – che non hanno segnalato l’obiettivo criminale del loro viaggio.
La situazione inglese è divenuta tanto rovinosa da provocare una reazione popolare. Vi è stata fondata, alcuni anni fa, la Society for the Protection of Unborn Children (SPUC), la Società per la protezione dei nascituri. Essa organizza manifestazioni pubbliche, cortei, emette dichiarazioni, pubblica bollettini, invia memorie ai parlamentari, per combattere questa pratica criminale e abusiva.
Negli Stati Uniti, prima del 1973, dodici Stati avevano già liberalizzato al massimo la propria legislazione in materia. In tale anno, una decisione della Corte Suprema permise, in tutto il paese, l’aborto provocato, a richiesta della madre, fino al terzo mese di gestazione. Nel dicembre del 1975 il ministero della Sanità, Pubblica Istruzione e Benessere ha preannunciato la politica di offrire condizioni vantaggiose per la sua messa in pratica in tutti i servizi medici di sua giurisdizione.
I CONTRACCETTIVI FANNO DIMINUIRE GLI ABORTI?
Anche questa situazione ha suscitato una reazione popolare e ha acquisito un tale carattere polemico da diventare uno dei temi principali della recente campagna presidenziale. Il presidente Ford, sconfitto alle ultime elezioni, si dichiarò contrario all’aborto a richiesta, ma favorevole al suo compimento in casi di violenza o di pericolo per la vita della madre; e contrario all’emendamento costituzionale che proibisce l’aborto in tutto il paese, ma favorevole all’altro che permette a ogni Stato di legiferare liberamente sul tema; questo emendamento, però, potrebbe difficilmente trasformarsi in legge, poiché necessita il quorum di due terzi dei membri del Congresso, oltre all’approvazione di tre quarti degli Stati.
Il presidente eletto, Jimmy Carter, si dichiarò personalmente contrario all’aborto, all’uso di fondi federali per la sua realizzazione e a qualsiasi emendamento costituzionale sul tema. Ma, paradossalmente, si dichiarò favorevole a un aumento dei programmi federali di controllo delle nascite, «per combattere l’aborto».
La posizione di Carter, tanto gradita a quanti diffondono i metodi artificiali di contraccezione, merita particolare attenzione. Come sottolinea bene l’opportuna lettera pastorale dell’episcopato irlandese sul carattere sacro della vita umana, pubblicata nel 1975 (3), è significativo che un numero crescente e spaventoso di aborti si dia proprio in paesi nei quali esiste ampio accesso all’uso di contraccettivi. Autori favorevoli all’aborto, citati nella pastorale, confessano che il problema dei «figli non desiderati» diventa sempre peggiore, nonostante il facile accesso agli anticoncezionali; e riconoscono che «l’aborto su richiesta va logicamente di pari passo con la domanda dei contraccettivi».
Perciò, l’accessibilità alla contraccezione artificiale non andrà a diminuire il ricorso all’aborto; al contrario, diffonderà soltanto, ancora di più, la mentalità e lo stile di vita che producono la richiesta di questa pratica criminale. Infatti, come osservano i vescovi irlandesi, la libertà sessuale è diventata così ossessiva nella società moderna, che essa sacrificherà qualsiasi valore, anche la vita di nascituri, per soddisfare questo nuovo idolo.
DOPO L’ABORTO, L’EUTANASIA
A proposito dell’eutanasia, prima di citare alcuni fatti che indicano una sua progressiva diffusione, è importante ricordare che gli argomenti invocati a suo favore sono analoghi a quelli invocati per l’aborto. Se ne deduce che una società che accetti l’aborto legalizzato si mette, logicamente e moralmente, nell’impossibilità di opporsi all’eutanasia.
Anche i metodi usati per la sua approvazione sono simili. In Inghilterra, per esempio, la stessa marcia accorta usata per l’approvazione dell’aborto viene utilizzata nel campo dell’eutanasia (4).
In questo paese, i primi tentativi per fare approvare l’eutanasia nella sfera legislativa si sono già fatti sentire. La Camera dei Lords, nella sessione del 12 febbraio 1976, ha votato un progetto di legge sui pazienti incurabili, presentato dalla baronessa Wooton, che permetterebbe ai pazienti incurabili di firmare una dichiarazione, resa davanti a testimoni, per manifestare il desiderio di non vedere prolungata la propria vita. Il progetto è stato respinto con 85 voti contro 23, ma ha lasciato la porta aperta a nuovi attacchi (5).
Secondo un recente servizio giornalistico (6), l’eutanasia sta guadagnando terreno anche in circoli ospedalieri britannici, ed è tacitamente accettata da medici e da pazienti disillusi. Si calcola che il 20% dei medici inglesi che lavora in ospedali governativi risponda affermativamente alla richiesta di pazienti considerati incurabili e il cui desiderio sia quello di morire il più rapidamente possibile.
Il libro Diario di un chirurgo, scritto da un medico scozzese, George Mair, rivela come e quando pazienti e medici si accordano per una «morte caritatevole» «mercy killing». Sono richieste due condizioni: 1. Due specialisti devono fare una diagnosi che confermi la irrecuperabilità clinica del malato; 2. La richiesta di eutanasia deve essere avanzata spontaneamente e personalmente dal malato. Mair spiega che, in tali condizioni, il medico cura il caso di persona. Qualche ora prima dell’atto finale il malato è portato in una stanza isolata dell’ospedale. Poco dopo arriva il medico, con cui conversa e prende il tè. Quindi, quasi di sorpresa, il medico inietta nel braccio del malato la dose mortifera di un medicamento che provoca, in pochi minuti, un sonno dolce e poi la morte.
In Inghilterra, il codice penale prevede l’intervento della giustizia, per azioni del genere, solamente in caso di denuncia. Fino a ora pochi medici sono stati portati davanti al tribunale per rispondere di omicidio volontario. Mair considera l’eutanasia una necessità, un’«opera di carità», anche se questa pratica, al momento attuale, è contraria alla legge e alla morale comune. Nelle sue «confessioni», rivela di avere anche lui concesso la morte a un numero di malati che non sa precisare.
Anche in altri paesi, soprattutto in Svezia e in Danimarca, non mancano medici famosi che propugnano la necessità di istituire cliniche per coloro che desiderano «uccidersi dolcemente». In Svezia si fabbrica già una pillola che permette al paziente di morire durante il sonno senza riprendere coscienza (7).
DALL’EUTANASIA VOLONTARIA A QUELLA COATTA
I casi citati fino a ora si riferiscono solamente all’eutanasia volontaria, ossia a quella in cui la morte è sollecitata esplicitamente dal paziente stesso. Ma i sostenitori di questa pratica, che all’inizio la propugnano soltanto nelle condizioni descritte, evolveranno fatalmente verso l’eutanasia coatta, ossia quella in cui la persona da eliminare non chiede la propria morte e non è capace di difendersi da essa, per impossibilità fisica o psichica.
Nel gennaio del 1973, si è verificato in Olanda un clamoroso caso di eutanasia. La dottoressa Geertruida Postma van Boven somministrò una dose mortale di morfina a sua madre, di 78 anni, che era molto malata e soffriva forti dolori. Accusata di omicidio, la dottoressa confessò, raccogliendo numerose testimonianze di simpatia e di solidarietà, tra cui quella di 27 medici, 17 dei quali confessarono di avere già praticato l’eutanasia in determinate occasioni (8).
Nello stesso anno, il New England Journal of Medicine pubblicò un articolo dei medici Raymond S. Duff e A.G.M. Campben che confessavano che 43 bambini deformi erano stati lasciati morire, con il consenso dei rispettivi genitori, nel reparto pediatrico dell’ospedale di New Haven, per impedire che conducessero una vita carente di «significato umano» (9).
Sempre negli Stati Uniti aumentano le dichiarazioni favorevoli all’eutanasia a un punto tale che, in un prossimo futuro, si può prevedere la possibilità della legalizzazione della «morte caritatevole» degli incurabili.
STRATEGIA ACCURATAMENTE PIANIFICATA
Particolarmente degna di nota è stata la divulgazione di un documento, commentato dal giornale cattolico nordamericano The Wanderer (10). Si tratta di un piano decennale per imporre gradatamente l’eutanasia negli Stati Uniti entro il 1983. Il documento è stato redatto nel 1974 da un gruppo autodenominatosi Task Force on Death and Dying, e descrive la strategia e la tattica di un piano d’azione a lungo termine, inteso a formare nell’opinione pubblica una mentalità che consideri la morte – e di conseguenza l’eutanasia – con naturalezza. Il risultato finale dovrebbe essere l’approvazione di leggi a livello federale, statuale e municipale, che favoriscano l’eutanasia senza che si manifestino reazioni di sorta.
Il piano è in corso di realizzazione da parte dell’Alethea Center on Death and Dying che, a questo fine, può contare su tutti gli elementi necessari perché il successo sia probabile, e cioè denaro, organizzazione, personale, reclutamento, strategia e coordinamento.
Il metodo che viene utilizzato consiste in un intenso «sistema educativo» di massa per conquistare le mentalità di professionisti, studenti, scuole pubbliche e private, università, associazioni di categoria, consigli municipali, cioè di tutta la popolazione generalmente considerata. Il termine «eutanasia» non compare mai nel documento, perché i suoi autori lo considerano «sporco» («dirty word»). Ma una sua accurata lettura non lascia dubbi di sorta sul fatto che quanto viene pianificato è proprio l’eutanasia, attiva o passiva. Chiamiamo eutanasia attiva quella in cui si provoca direttamente o indirettamente il decesso, con la somministrazione di un medicamento mortale. L’eutanasia passiva è quella in cui si cessa di applicare i mezzi ordinari che normalmente prolungherebbero la vita.
La divulgazione di questo documento riservato ha messo in grave imbarazzo i suoi autori, che cercano in tutti i modi di negare il suo fine ultimo.
Servendosi di slogans come «morte caritatevole» oppure «morte con dignità», i propugnatori dell’eutanasia cercano di introdurla per tappe accuratamente dosate:
1. Sostenere sempre l’opportunità di non servirsi di mezzi realmente straordinari, secondo le condizioni di persone, luoghi, epoche e culture, come per esempio il trasferimento del malato affinché sia operato in un altro paese. (Questo caso, per altro, non è considerato come eutanasia dalla dottrina della Chiesa).
2. Non fare ricorso a mezzi ordinari per tentare di salvare o di prolungare la vita di bambini affetti da difetti congeniti, deformità gravi, o anche di malati incurabili in fase terminale.
3. Intervenire attivamente per eliminare la vita di quei malati incurabili che lo sollecitano.
4. Eliminare coattivamente tutti quelli che costituiscono un carico per la società.
Tutte queste pratiche dovranno essere accolte da una legislazione specifica.
* * *
Così, i nemici della vita umana stanno diffondendo il panico e l’insicurezza tra quegli infelici che, per disposizione della Provvidenza, sono destinati a vivere delle cure e della protezione del prossimo. Invocando ipocritamente motivi sentimentali, caritatevoli, sociali o economici, questi agenti della morte tolgono agli uni la possibilità di praticare la virtù, secondo la volontà di Dio, e agli altri l’occasione di praticare la vera carità cristiana. Infatti, in ultima analisi, ci troviamo di fronte alla freddezza, all’egoismo e alla crudeltà di una concezione materialistica e neo-pagana dell’uomo e dell’universo, che nega implicitamente o esplicitamente l’esistenza di Dio, del piano soprannaturale e dell’anima immortale e che, per odio rivoluzionario contro l’opera della creazione, vuole distruggerla per tutto quanto è alla sua portata. La mentalità contraccettiva genera facilmente la mentalità filoabortista e questa, a sua volta, l’accettazione dell’eutanasia.
«Dal controllo delle nascite al controllo della morte, dalla pianificazione delle nascite alla pianificazione della morte, pare che vi sia una progressione logica; ma è una logica di morte, non una logica di vita» (11).
Facciamo un’ultima considerazione. Queste pratiche, determinate da leggi umane, e che fanno ormai parte, in misura maggiore o minore, della legislazione di un grande numero di paesi del mondo, non tengono nella sia pure minima considerazione la legge morale naturale imposta da Dio, e che deriva dalla legge eterna. Il tutto significa grande disprezzo per il primo comandamento del decalogo, e anche per il quinto, «non ammazzare», e per il sesto, «non commettere atti impuri» (completamente collegato al precedente nel caso della contraccezione e dell’aborto). Tutto questo costituisce, nell’ordine delle leggi e dei costumi, un peccato pubblico, senza precedenti nella storia, che indubbiamente grida vendetta al cospetto di Dio.
MURILLO M. GALLIEZ
Note:
(1) Cfr. La vita umana è sacra, lettera pastorale dell’episcopato irlandese, trad. it., Elle Di Ci, Leumann (Torino), s.d., n. 79.
(2) Charles E. Rice, in CHARLES SECREST, The future molders, n. 24.
(3) Cfr. La vita umana è sacra, cit.
(4) Ibid., nn. 49 e 52.
(5) Cfr. The Daily Telegraph, 13-2-1976.
(6) Cfr. Jornal do Brasil, 2-10-1976.
(7) Sull’argomento cfr. GUSTAVO ANTONIO SOLIMEO, Odio à vida humana, a nota comum de tantas aberrações, in Catolicismo, Campos marzo 1974, n. 279.
(8) Cfr. Pergunte e responderemos, Editora Laudes, Rio de Janeiro, febbraio 1976, n. 170, p. 21.
(9) Cfr. New England Journal of Medicine, 25-10-1973.
(10) Cfr. The Wanderer, 20-2-1975.
(11) Cfr. La vita umana è sacra, cit. n. 79.