di Andrea Morigi
Mercato tendenzialmente sempre più di nicchia, dove ormai conta più la qualità della quantità, il settore dell’editoria cartacea non produce soltanto notizie e opinioni, ma dà anche spazio a progetti economici e politici di rilevanza internazionale. Le visioni strategiche agiscono come spinta ideale, ma non sono elementi sufficienti a realizzare un prodotto mediatico, poiché giornali, radio, tv e informazione online necessitano di risorse finanziarie, alimentate dai fatturati pubblicitari più che dalla diffusione commerciale, ma anche da ingenti capitali.
Perciò, quando grandi gruppi editoriali nazionali proprietari di testate quali la Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX, come Italiana Editrice S.p.A. (Itedi), di cui è azionista di maggioranza Fiat Chrysler (FCA), controllata dalla Exor della famiglia Agnelli (che possiede inoltre la società che pubblica il settimanale britannico The Economist), si avviano verso una ristrutturazione per ragioni di bilancio, perdono un po’ del proprio aspetto, oltre che dell’assetto, precedente. Ed è altrettanto naturale che, per mantenere la fisionomia del passato, qualche nostalgico tenti un’operazione di imbalsamazione. Sotto questo aspetto l’iniziativa di Carlo De Benedetti, per oltre trent’anni editore de la Repubblica, di dar vita al nuovo quotidiano Domani, che punterà dichiaratamente su un segmento di lettori di sinistra e progressista, si configura anche come salvaguardia di uno spazio finora occupato quasi per intero da un giornalismo schierato, che continua a guardare la cronaca e la politica attraverso lenti distorsive della realtà, in una sorta di wishful thinking, che fa credere vero ciò che si desidera e lo fa evocare credendolo giusto.
Diminuisce Berlusconi
Quando, nel 2015, John Elkann, presidente di Itedi, nomina come direttore de La Stampa Maurizio Molinari, l’ex corrispondente da New York e da Gerusalemme della medesima testata, affidandogli poi, nel 2017, la direzione editoriale di Gedi News Network e infine, nel 2020, la guida del quotidiano la Repubblica, compie una scelta in linea con le relazioni internazionali del gruppo automobilistico, che ha largamente investito negli Stati Uniti d’America.
Nello stesso tempo, anche la concorrente Rcs MediaGroup, controllata da Urbano Cairo, che pubblica i quotidiani Corriere della Sera e La Gazzetta dello Sport in Italia ed El Mundo, Expansión e Marca in Spagna, oltre a una vastità di periodici, è alle prese con un adeguamento alle mutate condizioni del mercato editoriale. Quanto al progetto politico dello storico quotidiano della borghesia milanese, esso non appare ancora chiaro, ma lascia aperte molte ipotesi sul ruolo futuro del suo editore, proprietario anche della rete televisiva La7, benché egli stesso abbia provveduto a smentire un impegno personale a breve termine.
Va sempre più restringendosi, intanto, il perimetro dell’influenza dell’altro gigante dell’editoria italiana che fa capo alla famiglia Berlusconi, formato da Mondadori e Mediaset. Mentre la prima ha ceduto testate storiche quali Panorama, la seconda da anni ha stretto accordi per la trasformazione digitale con il colosso cinese delle telecomunicazioni Huawei, che i governi occidentali, Stati Uniti in testa, sospettano di svolgere attività di spionaggio industriale e financo militare.
La Cina è vicina
In questo contesto, va analizzata anche l’offensiva della propaganda del Partito Comunista Cinese (PCC) nel panorama dell’informazione italiana. La prima testa di ponte viene gettata nel 2010, con la partnership fra Class Editori (che pubblica i quotidiani MF e Italia Oggi e diversi periodici, oltre a essere l’editore delle emittenti televisive Class Cnbc, Class Life e Class TV Moda) e l’agenzia stampa Xinhua, principale gruppo media controllato da Pechino, in diversi campi, fra cui l’interscambio di notizie, l’organizzazione congiunta di eventi, i servizi di formazione online, le banche dati. L’espansione del fenomeno è testimoniata da numerosi accordi successivi, a partire dalla collaborazione avviata il 2 luglio 2014 fra l’AGI. Agenzia Giornalistica Italia (di proprietà dell’Ente Nazionale Idrocarburi, ENI) e Xinhua con la condivisione di notizie, competenze ed esperienze sui processi e i rapporti commerciali e culturali tra Italia e Cina, oltre all’organizzazione congiunta di eventi e attività di formazione in ambito di comunicazione, seguito dalla firma, avvenuta a Pechino nel marzo 2016, di un memorandum d’intesa per la collaborazione editoriale fra l’AGI e il Quotidiano del Popolo, il maggiore quotidiano cinese, il cui presidente Yang Zhenwu ha ricordato il ruolo di diffusione delle politiche del governo e delle linee del PCC del Quotidiano del Popolo, non solo sul cartaceo, ma anche sui nuovi media e sui social media. Successivamente, nel maggio 2017, Ansa. Agenzia Nazionale Stampa Associata, nel cui assetto proprietario compaiono come soci i maggiori quotidiani italiani, firma un memorandum di cooperazione con l’agenzia Xinhua, che prevede lo scambio dei rispettivi notiziari, unitamente a una collaborazione sulla produzione di contenuti, amplificato poi a Wuzhen il 23 marzo 2019, consentendo di dar vita al primo servizio in lingua italiana della prima agenzia di notizie cinese.
La strategia mondiale di Pechino
Negli stessi giorni, fanno seguito accordi fra Il Sole 24 Ore (quotidiano di Confindustria) e il China Economic Daily, quotidiano di riferimento per l’informazione economica del governo cinese, «così come tra il China Media Group (CMG – nata nel marzo 2018, subordinata al Consiglio di Stato cinese e sotto la direzione del Dipartimento per la Comunicazione Politica del Comitato Centrale del Pcc) e Rai, Mediaset e Class Editori. Questi ultimi tre, in occasione della visita di Stato in Italia del presidente Xi Jinping, il 21 marzo lanciano la “Settimana della Tv cinese”, nel corso della quale vengono trasmessi 20 lungometraggi, documentari e serie TV selezionati dal Cmg, tra cui la versione italiana delle “Citazioni letterarie di Xi Jinping”», segretario del PCCC e presidente a vita della Repubblica Popolare Cinese.
La strategia di Pechino ha una portata mondiale, ma l’Italia e il suo sistema mediatico vi giocano un ruolo importante. Se la leva degli investimenti pubblicitari concessi da aziende controllate dall’apparato statale cinese fosse usata come arma di ricatto per imbavagliare il diritto di parola d’espressione, ci troveremmo di fronte non solo a un attacco alle libertà fondamentali, ma anche a un tentativo di imbavagliare la denuncia delle persecuzioni contro i cristiani e i fedeli di altre religioni che avvengono dietro la Grande Muraglia nel nome dell’ideologia comunista.
Giovedì, 14 maggio 2020