Raid in Polonia: Vladimir Putin si sente forte e alza il tiro, minaccia l’Unione europea con l’obiettivo di metterla sotto pressione, di misurarne la volontà di reazione e di mobilitare a suo favore le forze amiche che sa di avere
di Danilo Taino – il Corriere della Sera dell’11 settembre 2025
Di nuovo la Polonia. Il Paese sul confine Est dell’Europa è ancora una volta aggredito. Non siamo alle colonne militari di Hitler e di Stalin che, settembre 1939, attraversano i confini. Ma i droni, probabilmente di ricognizione, partiti da Russia e Bielorussia ed entrati profondamente in territorio polacco sono più di una provocazione. Sono un’azione di avvertimento, a Varsavia ma soprattutto all’Europa e alla Nato: Vladimir Putin si sente forte e alza il tiro, minaccia l’Unione europea con l’obiettivo di metterla sotto pressione, di misurarne la volontà di reazione e di mobilitare a suo favore le forze amiche che sa di avere nel Vecchio Continente. Pensa probabilmente che sia arrivato il momento di sfiancare definitivamente un’Europa che disprezza e ritiene inerme. Un nuovo passo estremamente aggressivo.
L’uomo del Cremlino ritiene di avere il vento in poppa. La trattativa con Donald Trump sulla pace in Ucraina è finita nella sabbia e Putin si sente incoraggiato ad andare oltre dalle apparenti indecisioni della Casa Bianca e dai buoni incontri con il presidente americano. Il party cinese alla corte di Xi Jinping, con posto d’onore durante la grande parata militare di Pechino del 3 settembre, gli ha dato ulteriore fiducia, come un via libera per forzare la situazione.
L’Europa, per parte sua, ha mosso passi importanti per cercare di frenare Mosca dopo l’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022 ma, evidentemente, non sufficienti; e le sue opinioni pubbliche continuano in buona misura a dirsi dalla parte di Kiev ma mostrano una percezione limitata del rischio che corre il continente.
I droni russi sulla Polonia, dunque, hanno attivato una sirena d’allarme: dice che siamo entrati in una fase nuova e minacciosa. La quale richiede risposte appunto nuove, innanzitutto da parte degli europei. Come si muoverà ora Trump nei confronti di Putin non è, come al solito, dato sapere. Nei giorni scorsi da Washington è filtrata la proposta all’Europa di imporre dazi del cento per cento alla Cina e all’India in quanto comprano petrolio da Mosca: gli Stati Uniti farebbero altrettanto ma non vogliono muoversi da soli. Mah. Si tratterà di vedere la consistenza di questo invito: molti la considerano una semplice provocazione. Quel che certamente i governi europei devono fare con urgenza, se non vogliono trovarsi presto con le spalle al muro, è preparare una risposta di breve e di lungo periodo a Mosca. Senza questo, da ieri è più che mai chiaro che Putin non si fermerà.
Alcune iniziative sono in corso nell’Unione europea e altre sono proposte. Il Belgio, dove si trovano quasi 200 miliardi di euro di asset russi immobilizzati dall’Occidente dopo l’invasione dell’Ucraina, si è detto disposto a metterli a disposizione per sostenere la difesa di Kiev se gli altri Paesi della Ue ne condivideranno i rischi legali. Utilizzarli al meglio sarebbe un messaggio al Cremlino: alziamo lo scontro anche noi. Da ieri, sul tappeto c’è l’idea di creare un muro anti-droni sui confini orientali della Ue: non decisivo ma da considerare. I cosiddetti Paesi «volonterosi» potrebbero organizzare già ora truppe da stazionare in Polonia o altrove, pronte a sostenere fattivamente una tregua in Ucraina.
L’industria militare di Kiev va finanziata, è la maggiore garanzia contro gli obiettivi russi. Gli esperti militari ucraini potrebbero già essere invitati nelle commissioni militari della Ue, a Bruxelles: il loro esercito è ormai il più avanzato al mondo e potrebbero dare consigli preziosi; e questo sarebbe un inizio di integrazione nell’Unione europea. E anche il Trattato di adesione di Kiev alla Ue potrebbe già essere scritto nei prossimi mesi, in attesa di entrare in vigore quando l’invasione di Mosca sarà finita e gli ucraini avranno adempiuto ai criteri necessari per entrare in Europa.
Si tratta di fare scelte politiche adeguate alla gravità della situazione. Sono in condizioni, i Paesi europei, di farle? Questa è la grande domanda. Putin risponde di no e pensa di poterne approfittare. In non pochi Paesi della Ue esistono quinte colonne filorusse più che mai attive. Oltre a queste — composte da provocatori, intellettuali, media, leoni dell’Internet — sono soprattutto presenti partiti in crescita nei sondaggi che, una volta arrivati al governo, accetterebbero in grande misura le pretese del Cremlino, non solo sull’Ucraina ma soprattutto sulla collocazione internazionale dell’Europa, sulle sue istituzioni democratiche, sul suo futuro.
Cosa succederebbe alla Ue se un governo di questo tipo andasse al potere in Francia? Non probabile per ora, ma viste le idee della destra e della sinistra estreme, non impossibile: Putin ci crede. Improbabile al momento anche in Germania, ma nei sondaggi il primo partito tedesco, l’AfD, è vicino alle posizioni di Mosca. Anche in Italia, ci sono, sia a destra sia a sinistra, posizioni che simpatizzano apertamente per le politiche della Russia. E così via.
Se c’è un modo per togliere energia alle forze filorusse che potrebbero portare alla rottura dell’Europa, questo sta nel convincere le opinioni pubbliche del rischio al quale è di fronte l’Europa. Non tanto con i discorsi: il senso del pericolo e della capacità di risposta può arrivare solo da scelte politiche all’altezza del momento. Oltre che volonterosi, si tratta di essere coraggiosi con gli elettori. Per il futuro dell’Europa, la Polonia non deve tornare di nuovo al centro della Storia.
Giovedì, 11 settembre 2025
