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Dopo il 21 aprile 1996: «fu vera sconfitta»?

28 Maggio 1996 - Autore: Giovanni Cantoni

Giovanni Cantoni, Cristianità n. 252-253 (1996)

 

Articolo anticipato, senza note e con il titolo redazionale Ma è stata una vera sconfitta, in Secolo d’Italia. Quotidiano di Alleanza Nazionale, anno XL V , n. 99, 27-4-1996, pp. 1 e 14.

 

Dopo il 21 aprile 1996: «fu vera sconfitta»?

 

Finalmente, dopo un’attesa defatigante iniziata nel dicembre del 1994 con le dimissioni del Governo Berlusconi, il 21 aprile 1996 si è svolta una consultazione politica nazionale, il cui esito ha portato alla formazione del Parlamento della XIII legislatura, che vede in maggioranza gli eletti dalla coalizione denominata Ulivo, affiancati da quelli del Partito della Rifondazione Comunista. Senza prestare attenzione a «sfumature» tutt’altro che esigue, tale esito è stato ed è descritto sinteticamente dai più, benché con toni diversi, con la formula similcalcistica «Ulivo batte Polo».

Comprensibilmente, dalla notte del 21 aprile l’attenzione al responso delle urne è venuta rapidamente trasformandosi in attenzione alle sue conseguenze politiche, soprattutto per rapporto alla formazione del nuovo esecutivo.

Non nego certamente che quanto è accaduto e accade sia per qualche verso normale e comprensibile. Però mi rifiuto di considerare approfondimento del dato elettorale e riflessione su di esso la ripetizione del refrain della leggenda massmediatica «Ulivo batte Polo», sia essa stizzita e mesta o lieta ed euforica. È certo che le consultazioni elettorali hanno uno scopo ben preciso, quale — generalmente e per esempio — la scelta di chi svolga pro tempore una determinata funzione pubblica. Ma la capacità rivelativa del loro esito va ben oltre, e merita la qualifica di approfondimento e di riflessione solo il piegarsi su tale esito per trarne tutte le indicazioni possibili, sia per il futuro che per l’immediato.

Comincio dall’immediato. Poiché cinquant’anni di democrazia rappresentativa «alla francese» e di regime elettorale proporzionale hanno lasciato il segno — né poteva essere diversamente —, nonostante l’introduzione del regime elettorale maggioritario, corretto per un 25% dal proporzionale, il corpo sociale italiano è fortemente caratterizzato da un residuo di mentalità proporzionalistica, secondo la quale vi è una corrispondenza immediata e diretta fra eletti ed elettori, secondo la formula «Tanti eletti quanti elettori». Inoltre, sempre nel corpo sociale italiano vigoreggia una percezione semplicistica della democrazia, una sorta di «dottrina della democrazia dei poveri», per cui «chi ha la maggioranza governa», che si rovescia senza difficoltà in «chi governa ha la maggioranza». Da questa situazione psico-sociale consegue che il refrain della leggenda massmediatica — come mi è parso di poterla chiamare — secondo cui «Ulivo batte Polo», soprattutto fra i perdenti — senza distinguere fra loro elettori ed eletti — si traduce nella convinzione profonda che il consenso elettorale conseguito dall’Ulivo sia stato superiore a quello ottenuto dal Polo. Quindi, la percezione dinamica della stessa convinzione si rappresenta l’«Ulivo crescente» e il «Polo calante», secondo un ciclo elettorale preciso, che alimenta il qualunquistico «Comandano sempre i soliti».

Tutte queste premesse non costituiscono certamente più di un inizio di approfondimento, una sorta di «astronomia elettorale a occhio nudo», che l’uso di una strumentazione più raffinata però non contraddice, ma eventualmente integra.

Per non essere frainteso o scambiato per un visionario, ripeto che, quando si dice che il Polo per le Libertà è stato sconfitto, dal punto di vista del meccanismo del sistema elettorale l’affermazione è innegabile e io non intendo negare l’evidenza, cioè che gli eletti del Polo sono minoranza nel Parlamento della XIII legislatura.

Ma la sconfitta non è reale dal punto di vista del consenso elettorale: infatti, nel 1994 i votanti per il Polo delle Libertà e del Buon Governo erano 13.321.985 su 48.135. 041 aventi diritto al voto, cioè pari a circa il 28% del corpo elettorale, e a essi all’epoca — ai fini del sostegno al Governo Berlusconi — si aggiungevano i suffragi della Lega Nord. Di passaggio: perché faccio riferimento agli aventi diritto al voto e non ai voti espressi o, addirittura, solamente a quelli validamente espressi? Anzitutto perché anche quelli che non vanno a votare sono cittadini della Repubblica Italiana, come prova il fatto che sono soggetti alla tassazione diretta o almeno a quella indiretta; quindi, anche se non votano «pagano»; in secondo luogo, per attirare l’attenzione dei politici sulla consistenza del rifiuto, bacino privilegiato per la ricerca di consensi a venire.

Proseguo. Nel 1996 i votanti per il Polo per le Libertà sono rimasti — mi si permetta l’ironia — in soli 15.780.752 su 48.909.496 aventi diritto al voto, pari al oltre il 32% e con un incremento di 2.358.767 suffragi. Il tutto, nonostante una consistente flessione della partecipazione alla consultazione: infatti, i votanti sono passati dall’86,1% degli aventi diritto nel 1994 al 82,7% degli aventi diritto nel 1996. Quindi, non si è verificata una flessione di consenso nei confronti del Polo per le Libertà, ma esattamente il contrario, cioè una sconfitta uscita dal meccanismo del sistema elettorale. Perciò non ha significato notare che i votanti del Polo per le Libertà, sommati a quelli dei Riformatori, sono circa duecentocinquantamila in più dei votanti dell’Ulivo sommati a quelli del PRC, perché, se non si tratta di una critica indiretta al regime elettorale maggioritario e/o di nostalgia per quello proporzionale, è una constatazione priva di rilievo sostanziale. Infatti il risultato elettorale è frutto coerente dello stesso regime elettorale che nel 1994, con un rapporto rovesciato — i votanti progressisti erano in numero maggiore rispetto a quelli del Polo vincente uniti ai votanti per la Lega Nord —, ha consentito, sulla base della rappresentanza parlamentare, il varo del Governo Berlusconi. Invece bisogna spostare l’attenzione non ai patti elettorali, ma alle coalizioni con qualche omogeneità programmatica, e in questa prospettiva i soggetti politici significativi sono il Polo per le Libertà senza Riformatori, la Lega Nord, l’Ulivo egemonizzato dal Partito Democratico della Sinistra e il PRC.

Ci si può e ci si deve chiedere quali elementi hanno fatto scattare il meccanismo che ha penalizzato il Polo, e si possono elencare, a diverso titolo, sia la variazione, non adeguatamente apprezzata, del tempo di apertura dei seggi — un giorno soltanto —, sia variabili in qualche misura — ma solo in qualche misura — imprevedibili, come il risultato della Lega Nord nell’Italia Settentrionale e del MS Fiamma Tricolore in quelle Centrale, Meridionale e Insulare. In proposito, si può immaginare che un’attenzione meno grossa al fenomeno leghista e qualche spiegazione su Alleanza Nazionale, la sua natura e la sua politica ai quadri medio-bassi del Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale avrebbero forse permesso di ridurre gli incrementi delle due forze in questione, cioè la Lega Nord e il MS Fiamma Tricolore.

Ma, a scrutinio concluso, se è indispensabile prendere realisticamente atto che il Polo per le Libertà è stato sconfitto dal punto di vista del meccanismo elettorale, bisogna prendere ugualmente atto che questo non si è certamente verificato a causa dell’incremento di consenso popolare nei confronti dei vincitori di oggi: anzi, nel 1994 tale consenso ammontava a 19.540.709 voti, pari a circa il 41% degli aventi diritto, mentre nel 1996 è di 16.232.961, pari al 33% del corpo elettorale, con un decremento di 3.307.748 suffragi.

Perciò il refrain della leggenda massmediatica «Ulivo batte Polo», se non mente, non dice per certo tutto il vero, quindi ne va fronteggiato tematicamente e combattuto con forza il semplicismo disorientante. Inoltre, e di conseguenza, non hanno ragion d’essere demoralizzazione e abbandono, ma il consenso elettorale conseguito dal Polo per le Libertà impone grande rispetto per gli elettori da parte di quanti sono stati destinatari di tale consenso. E questo rispetto si deve tradurre, per l’immediato e per il futuro, anzitutto nell’impegno di continuare con entusiasmo e con costanza l’opera politica legata al 27 marzo 1994 perché tale consenso è grande e in consistente crescita; quindi comporta e sollecita contrasto unitario al governo del «fronte impopolare», uscito dal meccanismo del sistema elettorale ed espressione di un segmento del corpo elettorale egemonizzato dai comunisti, affinché il consenso al Polo per le Libertà trovi, a tempo debito, adeguata espressione anche elettorale e permetta di costruire non una qualsiasi Seconda Repubblica, ma un’autentica Nuova Repubblica.

Giovanni Cantoni

 

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