Don Giovanni Poggiali, Cristianità n. 402 (2020)
Dossier Medjugorje, con introduzione e commento di Saverio Gaeta, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2020, pp. 174
Dal marzo 2010 al gennaio del 2014 si è riunita a più riprese la Commissione Internazionale di inchiesta e di studio su Međugorje, composta da diciassette fra componenti di diritto ed esperti, voluta da Papa Benedetto XVI (2005-2013) e presieduta dal card. Camillo Ruini. Ora ne è stata finalmente resa pubblica la relazione finale ufficiale nel libro Dossier Medjugorje curato dal giornalista Saverio Gaeta (cfr. p. 24). Una pubblicazione analoga — cfr. David Murgia, Rapporto su Medjugorje, Il Segno di Giona, Wrocław (Polonia) 2020 — è uscita nello stesso periodo: il contenuto è simile a quello del libro curato da Gaeta ma nasconde con omissis i nomi di alcune persone e di alcune congregazioni.
La Commissione si è espressa sulla questione relativa al carattere soprannaturale degli eventi svoltisi a Međugorje, nella Bosnia-Erzegovina, a partire dal 24 giugno 1981 e sulla cura pastorale del luogo diventato ormai centro del fenomeno mariano più rilevante nel mondo contemporaneo (cfr. il mio articolo Medjugorje, il «fenomeno» mariano contemporaneo, in Cristianità, anno XLVI, n. 394, novembre-dicembre 2018, pp. 49-58, riguardo al quale mi permetto di segnalare un refuso a p. 52, dove si legge: «Ivan Ivanković e Marja Pavlović non vedranno mai più la Madonna», mentre in realtà non si tratta di Marja ma della sorella Milka).
Il libro si apre con una introduzione di Gaeta (pp. 5-17), seguita dal testo della Relazione commentata dall’autore alla fine di ogni sezione. La Relazione inizia con alcune Considerazioni introduttive (pp. 21-28) nelle quali vengono elencati i membri e gli esperti della Commissione, il metodo di lavoro adottato e i criteri seguiti. Fra questi assume un’importanza fondamentale il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) intitolato Norme per procedere nel discernimento di presunte apparizioni e rivelazioni,datato 25 febbraio 1978 e posto in appendice al libro (pp. 163-169).
La prima parte della Relazione — intitolata Inizi e articolazione del fenomeno (pp. 41-62) — tratta la questione della soprannaturalità degli eventi. Significative sono alcune affermazioni, orientate verso la positività: «Sembrano tutti [i presunti veggenti] essere stati sani e normali» (p. 42); «La presenza nelle testimonianze di elementi costanti, inalterati, essenziali e pudichi assume un valore tanto più significativo quanto più si considera che esse sono state rese alla presente Commissione internazionale a trent’anni di distanza dal momento iniziale degli eventi» (p. 44); «Le obiezioni principali alla veridicità e attendibilità dei presunti veggenti riguardano la presenza — in forme, modi e gradi diversi — di tracce di deformazione-manipolazione dei contenuti delle loro dichiarazioni. La Commissione internazionale ha accertato la normalità o sanità psicologica dei testimoni-narratori» (p. 45).
In questa prima parte la Commissione individua due diverse fasi del fenomeno, che richiedono una differente impostazione nei criteri d’interpretazione: la prima è relativa agli eventi accaduti sul Monte Podbrdo, con le prime cinque apparizioni, fra il 24 e il 29 giugno 1981, a cui vanno aggiunte l’apparizione del 30 giugno a Cerno — località ad alcuni chilometri da Međugorje, dove i veggenti furono portati dalle assistenti sociali — e quella del 1° luglio nella casa parrocchiale adiacente alla chiesa di San Giacomo. In totale sette presunte apparizioni — il termine «presunte/i» è sempre utilizzato nella R sia per indicare le apparizioni sia per indicare i veggenti. Nel commento relativo a questa sezione Gaeta fa notare che in realtà le apparizioni dovrebbero essere dieci per il periodo dal 24 giugno al 3 luglio indicato dalla Commissione e ciò, secondo lui, sarebbe dovuto anzitutto alla mancanza di un esperto della storia delle manifestazioni mariane all’interno della Commissione e anche all’improvvisa accelerazione impressa alla stesura del documento dalla decisione della CDF di sciogliere la Commissione nel gennaio del 2014 (cfr. pp. 65-66). Una seconda fase del fenomeno è individuata nello spostamento delle presunte apparizioni nella casa parrocchiale di San Giacomo, cambiamento rispetto al luogo originario il Podbrdo, che ha «[…] segnato anche il passaggio a una nuova fase del fenomeno, a una situazione oggettivamente meno spontanea e libera rispetto alla precedente» (p. 49). In pratica si è passati da una comunicazione soprannaturale collegiale a una individuale, in cui diventa protagonista il veggente singolarmente preso e là dove si trova.
Con riferimento alle norme del documento della CDF del 1978, per accertare «dopo un rigoroso iter, nei limiti della ragionevolezza e della certezza morale, la soprannaturalità o meno degli eventi sottoposti a esame» (p. 53), la Relazione presenta l’esito della votazione riguardo la soprannaturalità degli inizi del fenomeno Međugorje (prima fase). Su quindici persone presenti, la maggioranza si è dichiarata a favore della soprannaturalità della manifestazione mariana: dieci membri e tre esperti si sono espressi con constat de supernaturalitate (consta la soprannaturalità), un esperto si è espresso con nondum decernendum (non è ancora possibile esprimere un giudizio) e un altro membro ha dichiarato «constat de non supernaturalitate» (consta la non soprannaturalità). La Relazione, quindi, conclude: «Pertanto la Commissione internazionale, a maggioranza, ritiene gli inizi del fenomeno di Medjugorje non riducibili a sole dinamiche umane, ma aventi un’origine soprannaturale» (p. 62). Le prime sette apparizioni «[…] manifestano un carattere di indeducibilità ed eccedenza rispetto alla storia, all’identità e alle possibilità sia dei presunti veggenti sia del loro ambiente vitale» (p. 58).
La storia successiva alle prime apparizioni «offre l’attestazione di molteplici frutti evangelici: le abbondanti conversioni, il frequentissimo ritorno alla pratica sacramentale (Eucaristia e Riconciliazione), il fiorire di numerose vocazioni alla vita presbiterale, religiosa e matrimoniale […]. Si può quindi affermare che la trentennale storia successiva agli eventi originari si è diramata in tale estensione e in tale profondità da escludere una manipolazione individuale o di massa» (pp. 70-71). Gli elementi essenziali che rendono veritieri gli eventi originari delle apparizioni sono ormai un patrimonio del popolo di Dio e non possono essere scalfiti da eventuali comportamenti che potrebbero compromettere l’intera vicenda. Gli elementi su cui la Commissione si è soffermata sono: il ritorno convinto alla fede, la verace conversione, l’assidua preghiera e i digiuni, la continua invocazione della pace. La votazione sulla positività o sulla negatività degli «effetti» successivi alla prima fase ha dato il seguente esito: su quattordici presenti — dieci membri e quattro esperti — in cinque hanno giudicato «positivi» gli effetti a prescindere dai comportamenti dei presunti veggenti; sei componenti si sono espressi per un giudizio «misto», con specificazione prevalentemente positiva; e gli ultimi tre per un giudizio «misto» senza specificazione. Nessuno ha giudicato gli effetti soltanto negativamente.
Rimane la valutazione generale della storia successiva del fenomeno che la Commissione ha ritenuto problematica per diversi motivi. Il giudizio appare critico e anche severo in certi passaggi della Relazione: «La Commissione internazionale rileva […] che gli eventi successivi alle prime sette apparizioni costituiscono un vero problema, che rende assai difficile una valutazione conforme a quella che può essere riconosciuta al segno originario» (p. 83). La Commissione denuncia la presenza di alcune espressioni ambigue nei messaggi e la difficile credibilità attuale dei presunti veggenti (cfr. p. 73). Posto che alla persona che riceve un dono o un segno dal Cielo non è richiesta una santità previa, si può realizzare anche il caso che una chiamata mediante un’apparizione possa essere disattesa dal veggente senza per questo negare la verità del suo essere accaduta (cfr. p. 76). Ma le accuse più forti sulla seconda fase del fenomeno riguardano coloro che fra i veggenti mantengono un rapporto ambiguo con il denaro — rivelato anche dal loro benessere sopravvenuto — e soprattutto il loro mancato accompagnamento spirituale e umano lungo tutti questi anni, che sarebbe certamente servito per eliminare le ambiguità manifestatesi — ad avviso della Commissione — nei protagonisti. Fra le ambiguità viene segnalata «l’attuale relativa “impermeabilità” dei testimoni: per certi versi ingenua e per altri versi costruita, attraverso la protezione di formule ripetitive e di stereotipi di difesa della loro “esperienza” mariofanica» (pp. 82-83). Questo accompagnamento è mancato sia da parte dei vescovi della diocesi di Mostar-Duvno, sia da parte dei frati francescani locali, senza dimenticare la cosiddetta «questione erzegovinese», menzionata anche nella Relazione, cioè il rapporto fra i padri francescani, da secoli presenti in quelle terre di Bosnia e amati dalla popolazione, e la gerarchia ecclesiastica che guida la diocesi di Mostar-Duvno, e le intromissioni e le manipolazioni del regime comunista iugoslavo per cercare di arginare un fenomeno contrario ai propri interessi.
Alla fine, la valutazione della storia successiva agli inizi — che, l’abbiamo visto, ha comportato il riconoscimento di autenticità sulle prime sette apparizioni — è stata sospensiva nel giudizio per dodici membri su quattordici: «nondum decernendum», non è possibile esprimere una valutazione allo stato delle cose. A conclusione di questa prima parte la Commissione rimane critica sulla credibilità attuale dei veggenti e della storia successiva agli inizi, interpretandola come una «degradazione» o come una «rarefazione» rispetto all’intensità del momento originario delle apparizioni. Questo, nonostante la Commissione riconosca che non vi siano problemi o atti morali gravi da parte dei protagonisti, pur denunciando un rapporto ambiguo con il denaro soprattutto da parte di Ivan Dragičević, verso il quale ha espresso un giudizio molto severo: «Non sono stati rilevati dalla Commissione (nemmeno nelle precedenti inchieste e interrogatori) “actus graviter immorales” da parte di chiunque dei sei “veggenti” “tempore vel occasione” delle presunte apparizioni» (p. 85, nota 61).
La Commissione invita quindi a un giudizio positivo sui fatti di Bosnia-Erzegovina, sia per gli inizi del fenomeno sia per gli effetti di fede e conversione che ne sono scaturiti. Rimane più critica, forse prudente, sospendendo il giudizio che però non è totalmente negativo, sulla storia successiva agli eventi originari e che è tuttora in atto.
La seconda parte della Relazione riguarda i Suggerimenti per la gestione pratica del fenomeno (pp. 97-132), in cui vengono proposte delle linee pastorali che potremmo chiamare «di svolta» rispetto al passato. Certamente la Commissione si premura di invitare a promuovere una sana spiritualità mariana orientata cristocentricamente (per Mariam ad Iesum), e caratterizzata dallo spirito di umiltà, di fedeltà e di obbedienza, nonché dal senso di appartenenza alla Chiesa (cfr. pp. 99-100), einvita a rimuovere il divieto dei pellegrinaggi guidati o con la partecipazione di sacerdoti: cosa effettivamente già accaduta, con l’annuncio dato il 12 maggio 2019 dal visitatore apostolico a carattere speciale, l’arcivescovo polacco mons. Henryk Hoser, insieme al nunzio apostolico in Bosnia, l’arcivescovo mons. Luigi Pezzuto.
La ricerca della forma più idonea affinché la Chiesa eserciti la sua autorità nella località bosniaca è complessa. Le proposte delineate nella Relazione sono: la nomina di un amministratore apostolico con speciali facoltà; l’erezione di un’amministrazione apostolica territoriale o di una prelatura territoriale; l’erezione di un santuario internazionale con statuto proprio e una modifica dei limiti della diocesi di Mostar. Qui dal 1993 è vescovo mons. Ratko Perić, che ha compiuto i settantacinque anni il 2 febbraio 2019 ed è stato sempre fermamente contrario alle apparizioni. La Commissione prospetta anche un suo eventuale trasferimento ad altro incarico per rendere più semplice e serena la gestione del fenomeno, però con il suo consenso e salvando la sua onorabilità (cfr. pp. 103-104). Su queste possibili soluzioni la Commissione ha votato a maggioranza la scelta di un’autorità dipendente dalla Santa Sede — ipotesi divenuta anch’essa realtà con la nomina da parte di Papa Francesco di mons. Hoser a visitatore apostolico a carattere speciale il 31 maggio 2018 — e ha votato per l’erezione a Međugorje di un santuario pontificio.
La Relazione, quindi, prende in considerazione gli atteggiamenti da tenere nei confronti dei presunti veggenti, come vengono sempre chiamati nel testo. Una criticità molto forte, come già accennato, riguarda Ivan Dragičević, di cui viene messa in dubbio la credibilità e riguardo alla cui testimonianza sono emerse comprovate e gravi riserve. In generale i veggenti sono stati dichiarati credibili e in buona fede, pur se bisognosi di maturazione nella fede e nell’ecclesialità e, per certi versi, anche nella loro consistenza psicologica (cfr. pp. 115-116). Se, come auspica la Commissione, la Chiesa assumerà un atteggiamento più positivo verso Međugorje — così è stato con Papa Francesco, con la decisione di autorizzare i pellegrinaggi, presa contestualmente alla nomina dell’amministratore apostolico —, è necessario che «[…] emerga in maniera più nitida la centralità del luogo di grazia di Medjugorje rispetto alle vicende personali ed esperienze attuali dei presunti veggenti» (p. 117). I suggerimenti formulati in relazione alla maturazione dei veggenti sono inerenti alla loro formazione spirituale — necessità di una guida —, a non accettare inviti pubblici a conferenze o ad altre manifestazioni senza il consenso dell’ordinario del luogo e a vivere la propria esperienza non in modo così pubblico come è avvenuto fino al periodo della Relazione. Un altro aspetto riguarda i messaggi consegnati dalla Gospa — così viene chiamata la Madonna in croato — ai veggenti, che necessiterebbero di una formulazione linguistica verificata dalla presenza sul luogo dell’apparizione del sacerdote incaricato della guida spirituale del veggente (cfr. p. 119). Critica è anche la posizione della Relazione sui cosiddetti «segreti» di Međugorje e sulla «vita di Maria» ricevuta nelle apparizioni. Testi di questo tipo, secondo la Commissione, non possono godere di alcuna approvazione ecclesiastica (ibidem).
Nell’ultimo paragrafo viene affrontata la problematica della cura dei pellegrini e dei devoti della Gospa. Il punto più importante ritengo sia quello relativo alle molte comunità e associazioni che sono sul posto e alle loro diverse attività. Se sono certamente da interpretare come un frutto dello Spirito che ha suscitato così tante realtà e vocazioni, occorrono però una loro disciplina e una identificazione della natura e del grado della loro eventuale approvazione canonica. Prenderne conoscenza ed esercitare le facoltà che su di esse il diritto canonico prevede è uno dei compiti, fra gli altri, dell’amministratore apostolico mons. Hoser.
Il libro termina con un Riepilogo (pp. 133-139) delle principali conclusioni a cui è giunta la Commissione e con i risultati delle votazioni svoltesi in commissione, nonché due appendici: una sintesi storica degli avvenimenti in Bosnia-Erzegovina dal 24 giugno 1981 e il testo delle Norme della CDF per il discernimento sulle apparizioni, del 1978.
In conclusione, si può affermare come, nonostante alcune osservazioni critiche, il giudizio sulle apparizioni sia sostanzialmente positivo e che le proposte formulate siano di buon senso, tanto che alcune sono state già fatte proprie dalla Chiesa. Rimane in sospeso la valutazione della storia successiva agli inizi, quella che dura fino a oggi. Si può dire, insomma, che ad avviso della Commissione Internazionale d’inchiesta, le cui conclusioni sono state pubblicate, la Madonna abbia realmente fatto visita agli uomini, con frutti copiosi, nello sperduto paesino della Bosnia-Erzegovina chiamato Međugorje.