di Renato Cirelli
1. Gli anni dellinfanzia e della giovinezza
Emanuele Filiberto nasce a Chambéry, allora capitale del ducato di Savoia, l8 luglio 1528 terzogenito di Carlo II il Buono (1484-1553) e di Beatrice del Portogallo, cugino di Francesco I (1494-1547) re di Francia e nipote di Carlo V (1500-1558) imperatore del Sacro Romano Impero, i due più potenti sovrani antagonisti del XVI secolo. Il 500 vive la lacerazione dellunità della Chiesa cattolica provocata dalla Rivoluzione protestante, le conseguenti guerre di religioni, laggressione sempre più inarrestabile dellImpero ottomano allEuropa e il lungo conflitto fra Spagna e Francia che avrà conseguenze devastanti per la Cristianità. Il giovane Emanuele Filiberto viene dapprima destinato alla carriera ecclesiastica, ma a otto anni, in seguito alla morte del fratello Ludovico, diviene lerede al trono. Proprio negli anni in cui il giovane principe passa dallinfanzia alla giovinezza si compie il disastro del ducato di Savoia. Coinvolto nella guerra franco-spagnola nel 1536 il Ducato è invaso dai francesi e travolto militarmente. Carlo il Buono con la famiglia è costretto a riparare a Vercelli, uno dei pochi territori rimastogli, mentre la Savoia e quasi tutto il Piemonte resta sotto il controllo di Francesco I, Asti è in mano agli spagnoli, gli svizzeri approfittano delle difficoltà del Duca per occupare il Vand e il Vallese, mentre Nizza nel 1543 viene saccheggiata da francesi e turchi. Emanuele Filiberto rifiuta di accettare lumiliante situazione che sembra cancellare i Savoia dalla storia e reagisce chiedendo di partecipare alla spedizione spagnola contro Tunisi, ma Carlo V gli vieta limbarco temendo che al nipote possa accadere una disgrazia, perché con lui si sarebbe estinta la dinastia.
2. Le imprese militari
Finalmente nel 1545 il giovane principe riesce a strappare al vecchio e demoralizzato padre il permesso di militare sotto le insegne dellimperatore e lo raggiunge a Worms dove si tiene la Dieta del Sacro Romano Impero e lì, massima fonte del potere del tempo decide di affidare il futuro dei Savoia al proprio destino militare, abbracciando la divisa: “Privatis arma supersunt”, ai derelitti restano le armi. Al seguito dellimperatore si fa notare presto ed emerge fra i nobili del seguito come fra i più votati alla causa del Sacro Romano Impero, così che a soli diciotto anni viene nominato da Carlo V comandante della guardia imperiale e della cavalleria fiamminga. In questa veste ha una parte rilevante nella battaglia di Mühlberg (13-4-1547), dove Carlo V sconfigge lesercito protestante guidato dallElettore di Sassonia Giovanni Federico (1503-1554). Nel 1551 guida la difesa di Barcellona respingendo vittoriosamente lattacco della flotta francese e in quella occasione i catalani lo acclamano chiamandolo “Testa di Ferro”, un soprannome che gli rimarrà per sempre. Durante la permanenza a Barcellona Emanuele Filiberto va in pellegrinaggio al santuario della Madonna di Montserrat dove si trattiene tre giorni in digiuno e meditazione. Ma la guerra riprende e nel 1553 Carlo V lo proclama, a venticinque anni, comandante supremo in Fiandra e il giovane principe solennizza la nomina non festeggiando, ma trascorrendo in chiesa una notte di veglia e di preghiera. Nello stesso anno muore a Vercelli il padre Carlo II che ha sopportato con cristiana rassegnazione le umiliazioni della vita ed Emanuele Filiberto eredita il titolo di duca di Savoia pur restando senza ducato. Nel 1555 Carlo V decide di abdicare al trono e di ritirarsi dal mondo; con lui esce di scena lultimo grande imperatore che aveva perseguito con vigore lideale della monarchia universale del Sacro Romano Impero. Filippo II (1527-1598), suo successore come re di Spagna, nomina Emanuele Filiberto governatore dei Paesi Bassi mentre riprende nuovamente la guerra con la Francia. Il 10 agosto 1557, al comando dellesercito spagnolo, Emanuele Filiberto sconfigge disastrosamente i francesi a San Quintino in una battaglia decisiva in seguito alla quale si arriva finalmente alla pace di Cateau-Cambrésis nel 1559, che ristabilisce una pace duratura in Europa. Gli accordi prevedono la restituzione al duca della Savoia e del Piemonte anche se la Francia mantiene ancora loccupazione di Torino, Chiesi, Pinerolo e la Spagna di Asti, ma è comunque la restaurazione dellindipendenza del ducato. Nello stesso anno Emanuele Filiberto sposa Margherita di Valois (1524-1574), che gli darà per figlio Carlo Emanuele, che garantisce lauspicata continuità della dinastia.
3. La riorganizzazione dello Stato sabaudo
Il Duca torna in Piemonte nel 1560. Con costanza e tenacia, attraverso trattati, riesce negli anni a seguire a farsi restituire da Francia e Spagna le città occupate, rinuncia definitivamente a Ginevra ormai guadagnata alla causa calvinista, ma riesce a farsi riconsegnare da Berna il Genevese, il Chialbese e il Gex, pur rinunciando a Losanna e al Vaud, chiudendo così i contenziosi territoriali sulla frontiera elvetica, sì che nel 1575 lintero ducato è libero da ogni occupazione straniera. Emanuele Filiberto torna a regnare su un territorio devastato dalla guerra, dalle carestie e dagli eserciti occupanti, con una popolazione stremata e immiserita, privo di strutture funzionanti e in grave pericolo per le infiltrazioni protestanti. Il Duca con grande energia pone mano alla rifondazione dello Stato sabaudo: porta la capitale a Torino, ripristina i Senati di Savoia e di Piemonte, riforma il Consiglio di Stato, crea la Corte dei Conti, rinnova tutto il corpo legislativo e riforma lorganizzazione fiscale ponendo le basi di una amministrazione finanziaria solida che sarà una forza dello Stato piemontese nei secoli futuri. Con una politica di accordi doganali e di editti economici rimette in moto lagricoltura introducendo le colture del riso e del baco da seta e fa decollare il commercio. Non appoggia la politica di espulsione degli ebrei, ma riconferma i loro privilegi con i Capitoli del 1561, abbassando però il limite dei tassi dinteresse al 20% e in questa ottica promuove listituzione a Torino del Monte di Pietà. Nel 1561 ordina che tutti gli atti ufficiali vengano redatti in lingua italiana perché siano compresi da tutta la popolazione. Ricostruisce lesercito forgiando lossatura di uno strumento militare che darà per secoli ottima prova di disciplina e di fedeltà dinastica. Anche in campo culturale il ducato riceve un nuovo impulso, il principe chiama a Torino molti uomini insigni come larchitetto Andrea Palladio (1508-1580). Nel 1566 riapre lUniversità di Torino e fa diffondere nelle campagne scuole comunali e parrocchiali, piccole e limitate, ma sufficienti perché lanalfabetismo totale diventi in Piemonte un fenomeno circoscritto.
4. Un principe cristiano
Religiosissimo e fedele alla Chiesa, Emanuele Filiberto impiega uno zelo particolare nella riforma della Chiesa piemontese, anchessa trovata al suo ritorno in uno stato pietoso. È convinto, come lascia scritto, che “non essere nessun modo migliore né via più certa per la sicura conservatione et augmento delli stati che il trattenere li sudditi nel timore santo di Dio et confirmatione della santa fede cattolica”, e si adopera perché vengano applicati i dettati del Concilio di Trento, cominciando dalla riforma morale e intellettuale del clero, con lapertura di seminari, la chiamata nei suoi Stati della Compagnia di Gesù e la richiesta ai vescovi di predicare nei villaggi. Per contrastare la diffusione delleresia protestante ordina linsegnamento della religione nelle scuole e del catechismo nelle campagne, promuove lesposizione del Crocefisso negli edifici pubblici, la partecipazione alla S. Messa e promulga leggi severissime contro i bestemmiatori. In campo civile fonda nel 1572 lOrdine di San Maurizio, poi divenuto di San Lazzaro e San Maurizio, con finalità ospedaliera e di impegno crociato contro i turchi. Sotto linfluenza del duca sorgono numerose confraternite religiose di laici, suscitando un fervore da parte della nobiltà e della borghesia a organizzarsi per la difesa dello Stato cattolico.
5. Gli ultimi anni
Con questa ottica e con spirito di crociata, non avendo i Savoia nessun interesse da difendere se non la Cristianità, la marina del duca partecipa con tre galee alla battaglia di Lepanto il 7-10-1571. Emanuele Filiberto è tra i primi ad aderire alla Lega Santa promossa da papa san Pio V (Michele Ghisilieri, 1504-1572), anche lui piemontese, che anzi lo propone come comandante della flotta cristiana, ma la scelta è ostacolata da Filippo II. Il prestigio del duca di Savoia è daltronde dimostrato dal fatto che viene chiamato come arbitro nel conflitto tra la Repubblica Veneta e il duca di Ferrara e dalla sua intenzione, col consenso del papa e lappoggio di Venezia, di fare continuare la Lega Santa come alleanza politica dei principi italiani. Il veto di Filippo II, che impedì a Emanuele Filiberto di comandare larmata cristiana, nasce dal timore che il duca avanzi dei diritti su Cipro, antico possesso sabaudo, ma anche che diventi punto di riferimento di una lega italiana anti-turca, e oltretutto, per forza di cose, libera dalle influenze spagnole. Negli anni passati in Fiandra il duca ha visto gli effetti devastanti delle guerre di religione e con questa esperienza affronta il problema valdese delle valli piemontesi. Ordina una sanguinosa campagna militare per piegare la ribellione, annullare gli effetti della diffusione delleresia e tagliare le comunicazioni con Ginevra ma quando ottiene la sottomissione dei valdesi, sottoscrive con loro il trattato di Cavour nel 1561 col quale accorda la libertà religiosa nelle valli ai valdesi, ma anche al culto cattolico, vietando il culto valdese al di fuori di esse, dando prova di una tolleranza inusitata per quei tempi, circoscrivendo il fenomeno ereticale e preservando il Piemonte cattolico dalla guerra civile che infuria nella vicina Francia. Nel 1578 quando il cardinale di Milano san Carlo Borromeo (1538-1584) decide di fare un pellegrinaggio a piedi fino a Chambéry, in Savoia, dove è conservata la S. Sindone, per sciogliere il voto fatto durante la peste che aveva flagellato la Lombardia, il duca decide di portare la Reliquia a Torino, dove da allora è conservata, per agevolare il grande campione della Contro-Riforma e per allontanarla dalla Francia, dove i calvinisti hanno giurato di distruggerla. Lincontro commovente tra i due personaggi avviene davanti a migliaia di persone tra le quali è presente Torquato Tasso (1544-1595) che saluta Emanuele Filiberto “il primo e più valoroso e glorioso principe dItalia”. Di più nel 1579 san Carlo Borromeo gli scrive informando che il Papa è così soddisfatto “di vostra Altezza et delle azioni sue quanto alla divozione et osservanza verso questa Santa Sede, che per questo conto non le mette innanzi qualsivoglia altro Principe di Cristianità”. Quando Emanuele Filiberto muore, il 30 agosto 1580, lascia uno Stato in pace, pieno di attività e con le casse erariali piene. Sovrano del suo tempo, ha imparato da Carlo V, da Filippo II e da Francesco I a considerare indispensabile laccentramento del potere nelle mani del principe, ma non sopprime le libere istituzioni del suo ducato e riconquista la piena indipendenza dei suoi stati quando altri principati italiani la perdono. Quando la Chiesa sferzata dai protestanti e su molti fronti in pericolo, dopo il Concilio di Trento, serra le fila per riproporsi più forte e più saldo e chiama a far quadrato intorno a sé uomini fedeli e di ferrei princìpi, il duca Emanuele Filiberto di Savoia è uno di questi.
Per approfondire: vedi una storia generale di Casa Savoia, in Francesco Cognasso, I Savoia, DallOglio editore, Varese 1971; sul personaggio, Carlo Moriondo, Testa di Ferro. Vita di Emanuele Filiberto di Savoia, Bompiani, Milano 1981; Pierpaolo Merlin, Emanuele Filiberto. Un principe fra il Piemonte e lEuropa, SEI, Torino 1995; Maria Josè di Savoia, Emanuele Filiberto, Mondadori, Milano 1994.