di Ermanno Pavesi
Ernst Bergmann (1881-1945) e la Chiesa Nazionale Tedesca
1. Un teorico dello “spirito tedesco”
Ernst Bergmann — nato a Colditz, nella regione tedesca di Sassonia, nel 1881, e morto nel 1945 —, professore di filosofia, dal 1916 titolare di cattedra all’università di Lipsia, sviluppa un sistema in cui la filosofia tedesca dell’epoca moderna viene riletta in una prospettiva nazionalistica e völkisch, come espressione di uno “spirito tedesco” che si sarebbe manifestato prima nella cultura e nella religiosità degli antichi germani e, dopo un lungo periodo d’oppressione da parte di Roma, quindi del cristianesimo, con la Riforma protestante e con i movimenti religiosi a essa legati, che avrebbero incominciato a liberarsi dal giogo straniero. Bergmann auspica pure che il nazionalsocialismo, come espressione politica di quello stesso spirito tedesco, diventi consapevole anche della dimensione culturale e religiosa.
Egli espone il suo pensiero in numerose opere fra cui Erkenntnisgeist und Muttergeist. Eine Soziosophie der Geschlechter [Spirito di conoscenza e spirito materno. Una sociosofia dei sessi], del 1932, Die Deutsche Nationalkirche [La Chiesa Nazionale Tedesca], del 1933, Deutschland, das Bildungsland der neuen Menschheit. Eine nationalsozialistische Kulturphilosophie [Germania, terra di formazione dell’umanità nuova. Una filosofia nazionalsocialista della cultura], del 1933, Die 25 Thesen der Deutschreligion. Ein Katechismus [Le 25 tesi della Religione Tedesca. Un catechismo], del 1934, e Die natürliche Geistlehre. System einer deutsch-nordischen Weltsinndeutung [La dottrina naturale dello spirito. Sistema di un’interpretazione nordico-tedesca del significato del mondo], del 1937. Oltre a svolgere la propria attività di docente universitario Bergmann gravita nell’area del Movimento della Fede Tedesca, fondato nel 1933 e guidato da Jakob Wilhelm Hauer (1881-1962), ed espone le sue teorie anche in corsi di formazione per organizzazioni del partito nazionalsocialista — il Partito Nazional-Socialista dei Lavoratori Tedeschi —, soprattutto d’insegnanti.
2. I princìpi della Chiesa Nazionale Tedesca
Nella dottrina di Bergmann si afferma che, agli inizi dell’epoca moderna, lo spirito tedesco si sarebbe manifestato in vari movimenti di tipo religioso — “Valdesi, mistici tedeschi, anabattisti, rosacroce, entusiasti, luterani, calvinisti e zwingliani” —, dei quali depreca che fossero rimasti ancora legati alla Bibbia, quindi alla tradizione giudeo-cristiana; egli ritiene necessaria una riforma più radicale che giudichi negativamente il processo di cristianizzazione dei popoli germanici e sostituisca la Bibbia con i “”Vangeli” atlantici”.
La filosofia tedesca successiva alla Riforma avrebbe sviluppato tali premesse, per esempio con la contrapposizione postulata da Immanuel Kant (1724-1804) fra autonomia ed eteronomia, subordinazione a un’autorità morale. Non si tratterebbe però di proclamare l’autonomia di un individuo qualsiasi, ma quella dell’uomo tedesco minacciato da concezioni morali estranee, che gli sarebbero state imposte con la violenza nel corso dei secoli.
Non basta però riconoscere gli aspetti negativi di tali influenze straniere, ma si deve aiutare il popolo tedesco a ritrovare le radici germaniche e offrirgli una religione consona al suo essere, cioè una religione germanica. Sul punto Bergmann si discosta da altri rappresentanti del Movimento della Fede Tedesca, che auspicavano o la restaurazione dell’antica religione dei germani o una forma di fede completamente nuova, in quanto non sarebbe stato possibile ignorare le tracce della cristianizzazione, per cui si doveva dare un nuovo contenuto nordico al cristianesimo.
Secondo Bergmann i germani non avrebbero mai onorato un Dio trascendente, ma solamente elementi divini nella natura. Il rapporto Dio-natura viene capovolto: Dio non è più il creatore della natura e dell’uomo, ma è solo l’ultima fase di un sviluppo che dal mondo — eterno e increato — porta alla comparsa dell’uomo e infine di Dio. Dio non ha neppure un’esistenza autonoma e non può esistere senza l’uomo: “Dio non è, Dio diventa nell’uomo”: “L’uomo, il luogo di Dio nel mondo”, “l’uomo non è Dio, ma è il luogo della nascita di Dio”. Il primato della natura sarebbe tipico di religioni matriarcali, ma si sarebbe conservato anche in epoche posteriori, per esempio nella pietà mariana del Medioevo. Proprio l’immagine di Maria con Gesù Bambino in braccio doveva avere un ruolo centrale nella Religione Tedesca: Maria vi rappresenta la natura, il principio creatore eterno da cui nasce l’uomo che è anche Uomo-Dio. Questo simbolo doveva sostituire la Trinità cristiana, che “[…] è costituita unicamente di persone maschili”.
Come Dio scaturisce dalla natura anche lo spirito viene ridotto a manifestazione della materia: “Lo spirito è una manifestazione della natura organica del mondo reale” e “[…] non vi sono cosiddetti spiriti senza corpo”. Il primato dello spirito sulla natura avrebbe sovvertito l’ordine naturale e provocato molti mali sociali; tali tesi hanno talora anche una formulazione femministica: “Uomini fanno la storia (e la scrivono pure), anche la storia spirituale della donna. Lo spirito maschile da solo è responsabile di tutto quanto d’innaturale vi è nella storia dell’umanità”.
La figura di Cristo poi sarebbe molto anteriore a quello che Bergmann definisce “Cristo della Palestina”: “Gli antichi, gli antichi nordici, gli atlantici, già da più di diecimila anni hanno celebrato al solstizio d’inverno la festa natale del Cristo preistorico o neolitico (dell’età della pietra)”. Bergmann sostiene che la migrazione verso sud delle antiche popolazioni nordiche avrebbe comportato anche l’allontanamento dalla cultura nordica originaria e quindi il declino religioso-culturale con una trasformazione pure della figura del Cristo. Nel cristianesimo i tratti nordici della figura del Cristo sarebbero stati offuscati da elementi ebraici e meridionali, come la concezione del peccato e della redenzione, e dalla teologia della croce: “Noi esponenti moderni di una fede germanica ci orientiamo unicamente a questa figura luminosa indogermanica e nordico-antica; in questo modo superiamo un’immagine di Cristo falsa e malata, così com’è stata creata dalla storia dei Papi e dei Concili per la disgrazia dell’umanità”, mentre “gl’indogermani non conoscevano assolutamente il concetto di peccato”.
Bergmann ritiene che lo studio delle rune, le lettere dell’antico alfabeto germanico che avevano anche un significato magico-simbolico, avrebbe consentito di ricostruire alcuni aspetti della religione nordica primordiale. Rifacendosi agli studi sul simbolismo delle rune del filologo Herman Wirth (1885-1981), Bergmann sostiene per esempio che nel simbolismo atlantico non esisteva alcuna runa per indicare l’al di là e l’immortalità dell’anima, e che una delle conoscenze più importanti era che “la runa di Dio è contemporaneamente anche la runa dell’uomo”.
Per la Religione Tedesca l’anima individuale non è immortale: l’uomo è una parte della natura, soggetto alle leggi del divenire. Egli si deve adattare al processo ciclico della nascita e della morte: “L’invenzione delle regioni dell’al di là […] è una manifestazione patologica dello spirito dell’uomo storico, di cui l’uomo preistorico era ancora immune. Solo l’uomo schizofrenico scinde il mondo”.
3. Lotta per l’esistenza
La natura e l’esistenza terrena stanno al centro della Religione Tedesca: l’uomo nordico ha come fine l’armonia con la natura, con i suoi ritmi e con le sue leggi. Secondo princìpi socialdarwinistici la lotta per l’esistenza costituisce un importante e indispensabile strumento non solo per l’evoluzione della natura ma anche per il progresso dell’umanità. La Religione Tedesca s’ispira a tali princìpi rigettando quello cristiano dell’amore per il prossimo: “Pedagogia cristiana clericale ed etica nazionalsocialista sono quindi i massimi opposti che ci si può immaginare”. Bergmann vede nell’igiene razziale nazionalsocialista un mezzo efficace affinché “[…] non nascano più uomini malati e bisognosi di redenzione”. In questo modo sarebbe possibile migliorare l’evoluzione dell’uomo: “Si possono allevare non solo animali e piante, ma anche uomini-dei”. “E se Dio non si trova ancora nell’uomo, allora noi vogliamo crearlo, con l’antropologia sociale, l’etica pedagogica, con la disciplina e l’educazione.
“Noi vogliamo creare nell’uomo il Dio salvato e salvatore”.
Secondo Bergmann la crisi degli anni 1930 in Germania non era dovuta solo all’inflazione, alla disoccupazione e all’ingovernabilità, ma era piuttosto una crisi di dimensioni epocali dell’identità del popolo tedesco, per cui era pure convinto che i problemi non potessero essere risolti a livello politico o per mezzo d’interventi economici, ma solo affrontando anche la loro dimensione culturale, ideologica e, in ultima analisi, religiosa. In altri termini, la liberazione da influenze straniere sul piano politico doveva essere completata dalla liberazione da influenze straniere culturali e religiose: “E io credo che la rivoluzione non è completa se non diventa Riforma”.
Il che comporta necessariamente lo scontro con le confessioni cristiane con conseguenze ben più gravi di quelle provocate a suo tempo dalla Riforma protestante: “Noi andiamo incontro a una lotta di una portata spaventosa. Di proporzioni così terribili da far chiudere gli occhi. Per dimensione non è minimamente paragonabile a quella luterana. Per questo abbiamo la massima comprensione se il Führer ritarda ancora questa battaglia e vorrebbe risparmiarla alla nostra povera e amata patria, fino a quando questa non si sia ristabilita e rafforzata”.
Bergmann è convinto di trovarsi in una fase decisiva della storia dell’umanità, con la nascita di una nuova umanità. Questa trasformazione non sarebbe limitata al solo popolo tedesco e Bergmann parla di “nordizzazione” dell’umanità. Come il declino della condizione primordiale nordica è cominciato con la migrazione verso sud, così la crisi può essere superata solo con un orientamento esplicito verso nord. Il “Rinascimento nordico” comporta una nuova consapevolezza della storia e un nuovo fondamento per la civiltà: “Ex septentrione lux!”.
Le tesi di Bergmann possono essere esposte sinteticamente nel modo seguente: 1. la storia dei popoli germanici degli ultimi duemila anni è una colonizzazione prima politico-militare da parte di Roma, poi culturale, politica e religiosa attraverso la cristianizzazione. Il nazionalsocialismo viene considerato non solamente come un movimento di liberazione politica ma anche culturale-religiosa; 2. è auspicabile l’esclusione delle grandi confessioni cristiane almeno dalla vita pubblica, e contemporaneamente la costituzione di un cristianesimo germanico, liberato completamente dalle sue radici del Vecchio e del Nuovo Testamento, così come da quelle cattolico-romane; 3. questo cristianesimo germanico deve diventare l’elemento costitutivo di una nuova Religione Tedesca, organizzata sotto forma di Chiesa Nazionale Tedesca e basata su una concezione naturalistica dell’uomo.
Queste tesi mostrano come il cristianesimo germanico non rappresenti assolutamente un’edizione nazional-germanica delle confessioni cristiane come espressione della loro condiscendenza verso il nazionalsocialismo, se non addirittura come loro connivenza con esso; l’opera di autori come Ernst Bergmann mostra piuttosto che il cristianesimo germanico era alternativo alle confessioni cristiane.
Lo storico statunitense di origine tedesca George Lachmann Mosse, studioso del nazionalsocialismo, sostiene che l’esame delle radici culturali del Terzo Reich non può prescindere dall’approfondimento della particolare forma del nazionalismo tedesco e specialmente di tre elementi: “[…] la concezione razzistica, il cristianesimo germanico e il misticismo naturistico del Volk”, ove con Volk s’intende il popolo come insieme d’individui legati da un’essenza comune e facente tutt’uno con la più segreta natura dell’uomo: una breve esposizione dell’opera di Ernst Bergmann conferma la tesi dello studioso e illustra qualche aspetto del tema.
Per approfondire: sulle origini culturali del nazionalsocialismo, vedi George L. Mosse, Le origini culturali del Terzo Reich, trad. it., EST, Milano 1997; e sul suo rapporto con l’ariosofia, vedi Nicholas Goodrick-Clarke, Le origini occulte del nazionalsocialismo, trad. it., Sugar, Carnago (Varese) 1996; sui diversi aspetti religiosi, vedi Mario Bendiscioli,Germania religiosa nel Terzo Reich. Conflitti religiosi e culturali nella Germania Nazista, 2a ed. riveduta e aumentata, Morcelliana, Brescia 1977.