Di Maurizio Crippa da Il Foglio del 27/09/2023
L’ultima psicopatologia di quelli che se vedono una famiglia tradizionale danno fuori di testa perché, in filigrana, intravedono la sagoma della Meloni (sono mamma, sono Giorgia) è una ridicola sindrome maniaco-compulsiva: d’un tratto, tarantolati dalle immagini di uno spot, si credono tutti semiologi della pubblicità. Di pubblicità non sanno ovviamente un tubo (basta leggere i loro tuìt), però come dei miracolati di Roland Barthes si sentono in grado di decostruire un normalissimo spot Esselunga che mette in scena una mamma e un papà, per quanto modernamente separati, e in mezzo una bimba. C’è una pesca (del supermercato) trasformata in esca narrativa, un MacGuffin che funziona. Apriti cielo, manco fosse una mela avvelenata. I semio-psicotici d’un tratto si scoprono cazzuti critici militanti, tipo quelli che Nanni Moretti sbertucciava nei suoi film: che schifo, che orrore, strillano. E’ una la famiglia tradizionale! Sono separati, ma ovviamente non basta: almeno potevano essere una coppia mista. Qualcuno, davvero, ha trovato pure l’aggravante che siano riconoscibili come milanesi, no Lampedusa. Anzi milanesi in macchina, E in più, si mettono in mezzo i minori. La bimba-non messaggera d’amore, ma solo trasportatrice di vellutata pesca, l’abbiamo vista in almeno sette milioni di family comedy, e il bambino-motore mobile degli acquisti e dunque della ritrovata felicità famigliare è un archetipo più potente del Puer Aureus, è un postulato del buon funzionamento delle democrazie occidentali. Ma in questi caso no, perbacco: qui, davanti allo scandaloso, insinuante raccontino dell’Esselunga, qualsiasi fesso da social media è in grado di sgamare il raccapricciante sottotesto meloniano: qui si allude a una famiglia tradizionale (separata, sì, ma separarsi non basta più). Non si proverà nemmeno a suggerire, come altra lettura critico-narrativa, che se a far volteggiare i propri sentimenti un po’ malinconico-flou attorno a una pesca che scorre sul nastro della cassa, che finisce nella borsa, ci fossero invece i membri di una famiglia non tradizionale, lo spot verrebbe candidato all’Oscar e al Leone di Venezia e trasmesso nelle scuole come un film di Garrone. Non proveremo nemmeno a dirlo, mica siamo kamikaze. Ci si limiterà però a ricordare, ad uso dei nuovi critici-ayatollah della pubblicità, che per decenni interi abbiamo sorbito pubblicità supermercatesche non meno truffalde, come quella del supermercato che sei tu, anche se poi erano loro; o gli spot aggiornati alla moda green che se fai la spesa da noi salvi pure l’ambiente, anche se ti porti a casa tonnellate di plastica per alimenti; o quelli da paese dei borghi che se vieni a fare la spesa da noi allora vuoi bene anche a tutta la comunità (tà-tà). Di queste scemenze, gli psico-semiologi non si sono mai occupati. Ma se invece arriva la Meloni, travestita da mamma separata di una bambina imbronciata (eh sì, la bimba separata è rappresentata imbronciata: che poca inclusivité, che volgarité!), porgendo al pubblico consumatore ed elettore la pesca avvelenata della tradizione, allora apriti scemo.