“Al di sopra di tutto c’è un Padre amoroso che non si dimentica mai dei suoi figli”: a questo atteggiamento ci ha invitati Papa Francesco durante l’Angelus di domenica.
Commentando il Vangelo del giorno (Mt. 6, 24-34), il Santo Padre ha ricordato che la fiducia in Dio è la bacchetta magica con cui risolvere i nostri problemi e vincere la battaglia finale. Fidarsi di Dio non vuol dire che Lui risolve magicamente i problemi, ma “permette [a noi] di affrontarli con l’animo giusto, coraggiosamente, sono coraggioso perché mi affido al mio Padre che ha cura di tutto e che mi vuole tanto bene”.
Tutti gli uomini si perdono dietro a tanti piccoli o grandi problemi quotidiani, cercano certezze da toccare, verificare. Certezze economiche, certezze di fama, certezze di approvazione umana ma queste sono certezze illusorie e motivo di infelicità. Già il pagano Aristotele, nell’Etica Nicomachea, identificava come illusorie queste ambizioni, sempre fonte di affanno e di perenne incessante ricerca. Chi vuole denaro lo fa per avere altri beni di cui godere, ed una volte ottenuti questi ne cerca altri, ed altri ancora, e così via. Chi cerca la notorietà, ottenutala nella sua città la cerca fuori, e poi anche la patria non basta più e vuole quella mondiale e così via anche il consenso degli amici e poi dei sostenitori e poi degli ambiti politici o accademici, senza fine. Affanno, ansia, fatica mentre una sola cosa ci serve: l’amare Dio e in Lui, solo in Lui, trovare il senso del quotidiano vivere.
Dio non è l’essere trascendente di un certo deismo illuminista, non è l’essere irraggiungibile e giudicante del paganesimo o di certa religiosità falsa, è semplicemente un Padre che ci tiene per mano ogni giorno come ogni padre dovrebbe fare con i propri figli. Un Padre che ci dice “Io sono con te, lavora, fai quello che puoi e poi io ti aiuto a completare l’opera”, come ogni padre umano che non deve sostituirsi al figlio ma deve essere accanto a lui, pronto a coglierne le ansie, le paure, le gioie, a fargli sentire che lui ci sarà nel momento del bisogno senza neanche che debba chiederglielo. Il Signore con noi è così, dice il Papa, “Sentirlo Padre, in quest’epoca di orfanezza è tanto importante! In questo mondo orfano, sentirlo Padre.”
Gesù stesso invita chi lo ascolta a cercare per prima cosa il Regno dei Cieli, e tutto verrà con facilità. È la parabola dei tre amministratori: chi si fida dei doni che ha ricevuto e li mette a frutto ne ricava altri. Fidarsi di quello che Dio ci dona, mettere la nostra capacità al Suo servizio, ma “senza “strafare” come se tutto, anche la nostra salvezza, dipendesse solo da noi” ammonisce Papa Francesco.
Per riuscire in questo abbandono fiducioso ci vuole tanta semplicità, tanta fanciullezza nel cuore, come Gesù ha chiesto, ma anche la volontà di fare delle scelte. Non si può cercare la gioia, la fama, la ricchezza che dà il mondo e contemporaneamente cercare Dio, “O il Signore, o gli idoli affascinanti ma illusori” sottolinea il Papa, che continua “Questa scelta che siamo chiamati a compiere si ripercuote poi in tanti nostri atti, programmi e impegni. È una scelta da fare in modo netto e da rinnovare continuamente, perché le tentazioni di ridurre tutto a denaro, piacere e potere sono incalzanti.”
La scelta di combattere per Dio, come invitano a fare gli Esercizi di Sant’Ignazio, non sempre porta frutti immediati, è “una decisione che si prende nella speranza e che lascia a Dio la piena realizzazione. La speranza cristiana è tesa al compimento futuro della promessa di Dio e non si arresta di fronte ad alcuna difficoltà, perché è fondata sulla fedeltà di Dio, che mai viene meno”.
Silvia Scaranari