di Marco Invernizzi
Beato Giuseppe Toniolo (1845-1918)
Giuseppe Toniolo nasce a Treviso il 7 marzo 1845 da Isabella Alessandri, veneziana di origini armene, e da Antonio, oriundo di Schio (Vicenza), ingegnere apprezzato soprattutto per la direzione dei lavori di bonifica delle valli veronesi e ostigliesi, nel Mantovano intrapresi dal governo del Regno Lombardo-Veneto. Frequenta il ginnasio e il liceo nel collegio veneziano di Santa Caterina e conclude i suoi studi laureandosi in Giurisprudenza all’Università di Padova il 27 giugno 1867. Iniziata la carriera della docenza universitaria, sempre a Padova nel 1878 ottiene per concorso la cattedra di Economia Politica all’Università di Modena, ma il 13 gennaio dell’anno successivo, per decreto ministeriale, viene chiamato all’Università di Pisa, dove insegnerà ininterrottamente fino al 1917.
Intanto, il 4 settembre 1878, a Pieve di Soligo, sposa Maria Schiratti (1852-1929), dalla quale avrà sette figli, tre dei quali moriranno in tenera età e un’altra, Emilia, all’età di ventotto anni, diventerà suora della Visitazione. Ottenuta la cattedra a Pisa, con già numerose pubblicazioni al suo attivo, si dedica più intensamente all’apostolato nell’Opera dei Congressi, lavorando soprattutto a fianco di Stanislao Medolago Albani (1851-1921) nella sezione Economico-Sociale. Sempre con Medolago Albani e sotto gli auspici del vescovo di Padova — e futuro cardinale — mons. Giuseppe Callegari (1841-1906) nel 1889 fonda l’Unione Cattolica per gli Studi Sociali. Il nuovo sodalizio organizza a Genova, nel 1892, il suo primo congresso di studi e promuove, nel 1893, la Rivista Internazionale di Studi Sociali e Discipline Ausiliarie. All’interno dell’Opera Toniolo tenterà, con Medolago e altri amici, di «salvare» le istanze migliori dei «giovani» democratici cristiani, cercando di mantenerli nella fedeltà e nell’obbedienza alla Gerarchia e per questo arriverà a rompere i rapporti con don Romolo Murri (1870-1944), senza peraltro riuscire a recuperare il rapporto di collaborazione con i «vecchi» intransigenti veneti. Dopo la soppressione dell’Opera e la riorganizzazione del movimento cattolico in seguito all’enciclica di Papa san Pio X (1903-1914) Il fermo proposito dell’11 giugno 1905, con Medolago Albani e con Paolo Pericoli Ridolfini (1859-1943) prepara gli statuti dai quali verranno costituite le nuove associazioni in sostituzione dell’Opera, cioè l’Unione Popolare fra i Cattolici d’Italia — di cui sarà Presidente —, l’Unione Elettorale Cattolica Italiana e la riconfermata Unione Economico-Sociale. Nel 1907, dal 20 al 22 settembre, organizza a Pistoia la prima Settimana Sociale dei Cattolici Italiani e l’anno successivo darà un contributo decisivo alla costituzione dell’Unione delle Donne Cattoliche d’Italia.
Muore a Pisa il 7 ottobre 1918.
Solo tre anni dopo la sua morte, promossa da una fondazione a lui intitolata, nascerà a Milano l’Università Cattolica del Sacro Cuore, il sogno di tutta la sua vita.
Nel 1933, per iniziativa della FUCI, la Federazione Universitaria dei Cattolici Italiani, di cui allora è assistente ecclesiastico azionale mons. Giovanni Battista Montini (1897-1978), il futuro Papa Paolo VI, viene avviato l’iter del processo di beatificazione, con una richiesta in tal senso alle diocesi di Pisa e di Vittorio Veneto (Treviso), dove è situata Pieve di Soligo, nei pressi di Treviso, e dove riposano le sue spoglie. Dopo l’esame teologico delle sue opere e il relativo nihil obstat del 1° giugno 1947, il 7 gennaio 1951 viene introdotta la causa di beatificazione. Vent’anni dopo, il 7 giugno 1971, auspice Papa san Paolo VI (1963-1978), viene dichiarata l’eroicità delle virtù. Il 29 aprile 2012, riconosciuto attore di un miracolo — la guarigione nel 2006 di un giovane di Pieve di Soligo, Francesco Bertolini —, viene beatificato nella basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma dal card. Salvatore de Giorgi.
Fra i tanti uomini d’azione con i quali ha condiviso l’impegno apostolico nell’Opera dei Congressi e poi nell’Unione Popolare, Toniolo si distingue perché solo lui coltivava un progetto di ricostruzione della società contemporanea che considerava «ammalata» a causa del trionfo dell’ideologia liberale e minacciata di aggravamento a opera dal socialismo. Un progetto che non si limitava, come per tanti suoi confratelli, nella diffusione dei principi della dottrina cattolica, ma che cercava di coniugare nel proprio tempo i principi di base indicati dal magistero della Chiesa con uno sforzo non utopistico e assai concreto, fino a entrare nei minimi particolari, di ricostruzione di una civiltà cristiana. Accanto alla sua significativa opera di elaborazione culturale, prevalentemente in campo economico-sociale, Toniolo non disdegna di assumersi importanti responsabilità nel campo dell’impegno apostolico, accettando incarichi importanti nel movimento cattolico italiano.
L’idea di fondo di Toniolo si ritrova in queste sue parole, scritte nel luglio 1900: «I Girondini, inaugurando la falsa democrazia liberale, si persuasero coll’abolizione dei privilegi delle classi di aver del pari nella notte dell’11 agosto 1789 conguagliato per sempre la gerarchia sociale. Ma l’età nostra, quasi a protesta, assistette al giganteggiamento non mai visto delle classi borghesi capitaliste in opposizione a quelle nobiliari terriere sull’asservimento dei ceti artigiani operai; e udì proclamarsi da questi la lotta di classe come condizione e legge fatale del progresso» (Indirizzi e concetti sociali all’esordire del secolo ventesimo, 3a ed., Libreria Gregoriana, Padova 1944, pp. 100-101). Tale progetto aveva preso corpo in particolare in seguito all’enciclica Rerum novarum di Papa Leone XIII (1878-1903) del 15 maggio 1891 e aveva assunto il nome di «democrazia cristiana». Si tratta di un nome carico di ambiguità, che suscita fin da subito sia riserve — per esempio da parte di padre Giuseppe Chiaudano S.J. (1855-1915) e di mons. Emiliano Manacorda (1833-1909), vescovo di Fossano (Cuneo) —, sia resistenze — dall’ambiente degli intransigenti veneti che guidano l’Opera —, oltre agli esagerati entusiasmi dei giovani guidati da don Murri. Il progetto avrebbe potuto chiamarsi diversamente e il magistero della Chiesa, in particolare con l’enciclica Graves de communi di Papa Leone XIII del 18 gennaio 1901, avrebbe anche offerto il nome alternativo di azione popolare, cioè di «azione benefica a favore del popolo».
Tuttavia la riforma democratica proposta da Toniolo andava effettivamente oltre l’azione a favore delle classi più deboli — peraltro già largamente praticata e con successo nelle tante iniziative dell’Opera — ed era di natura anche politica, prevedendo una radicale riforma della società a base individualistica sorta dai principi del 1789 e quindi una partecipazione popolare alla gestione della cosa pubblica, che si richiamava all’esperienza medioevale dei Comuni. Circa mezzo secolo dopo il beato Antonio Rosmini Serbati (1797-1855), Toniolo elaborerà anch’egli un progetto di restaurazione cristiana della società che va oltre i problemi del momento — anche se parte da questi problemi — e questo aspetto sarà una causa degli equivoci e delle incomprensioni suscitate.
Toniolo è convinto dell’esaurimento del ciclo inaugurato dalla vittoria dell’ideologia liberale dopo la Rivoluzione francese e le rivoluzioni nazionali, e quindi prevede che il processo rivoluzionario, cominciato con il Rinascimento e continuato con la Riforma protestante e poi con il liberalismo, possa continuare con l’avvento del socialismo oppure essere fermato da una restaurazione cristiana, che Toniolo vede possibile al tempo del pontificato di Leone XIII, l’età della grande «controrivoluzione cattolica», come egli la definisce nel 1892, a Genova, nella sua relazione al congresso degli studiosi cattolici di scienze sociali. Da questi presupposti nasce, all’interno dell’Opera, il tentativo di offrire ai giovani «democratici cristiani» — che negli ultimi vent’anni del XIX secolo rappresentano effettivamente una porzione significativa del mondo cattolico, sia per il numero, sia per il valore dei singoli — una dottrina per l’azione, che permetta ai cattolici di proporre soluzioni non solo pratiche ma anche teoretiche alle patologie provocate dal liberalismo nel corpo sociale, soprattutto nelle classi povere, fra gli operai e i contadini. Purtroppo il suo disegno insospettisce gli intransigenti «veneti» e trova un alleato «scomodo» in don Murri.
L’analisi di Toniolo ha un punto di riferimento nella società medioevale, che vede una funzione anche politica attribuita al pontificato e l’articolazione gerarchica dei poteri in maniera federalistica, affinché tutte le classi sociali possano partecipare alla gestione della cosa pubblica, secondo una concezione organica della democrazia. Questo equilibrio sociale era stato violato dal processo di sovvertimento dei princìpi cristiani e dalla concentrazione dei poteri nelle mani delle dinastie al tempo del dispotismo illuminato e degli Stati nazionali centralisti nati dopo il 1848. In seguito a tale opera di distruzione, rimanevano in Europa «quelle unità meccaniche degli Stati moderni» (ibid., p. 198). Tuttavia Toniolo crede nella possibilità di una rinascita, confidando che la Chiesa si rivolga direttamente ai popoli, rimasti sostanzialmente fedeli: «Ora si riprende finalmente la interrotta genesi storica medioevale e si riproduce il concetto di grandi Stati risultati dal coordinamento di vari circoli concentrici di vita autonoma comunale, provinciale, regionale, in una vasta unità nazionale politica federale, non più meccanica ma organica» (Indirizzi e concetti sociali, cit., p. 139). Così si sarebbe tornati a «quella politica cristiana per eccellenza, per cui da Costantino a Clodoveo, a Carlomagno, ai prìncipi feudali e alle repubbliche guelfe d’Italia, tutti i reggitori degli Stati, accanto all’ufficio di tutelare gli interessi della nazione, assumevano il comune dovere di difendere e promuovere gli interessi di tutta la Cristianità e della Chiesa» (ibid., p. 142). Toniolo indica allo Stato moderno la strada per abbandonare la sua tendenza a invadere sfere non di sua competenza e, per quanto riguarda la politica internazionale, a non esaurirsi in lotte nazionalistiche fra Stati. Il professore ricorda così l’eccellenza in sé dello Stato, a prescindere dalle forme di governo, come rammenta anche l’enciclica Immortale Dei di Papa Leone XIII del 1° novembre 1885, e come la legittimità di queste ultime debba essere vagliata alla luce della nozione di bene comune; quest’ultimo, infine, deve coordinare il fine nazionale con gli interessi della civiltà.
Sul numero di luglio 1897 della Rivista Internazionale di Scienze Sociali e Discipline Ausiliarie, Toniolo spiega perché abbia dato il nome di «democrazia cristiana» a questo progetto di restaurazione sociale e civile. Per Toniolo democrazia è «[…] quell’ordinamento civile nel quale tutte le forze sociali, giuridiche ed economiche, nella pienezza del loro sviluppo gerarchico, cooperano proporzionalmente al bene comune, rifinendo in ultimo risultato a prevalente vantaggio delle classi superiori», come scrive Francesco Vistalli (p. 444).
Marco Invernizzi
Per approfondire — La produzione di Toniolo è raccolta nei venti volumi dell’Opera omnia pubblicati dalla Tipografia Poliglotta Vaticana dal 1947 al 1953. Numerosissime sono le pubblicazioni su di lui, fra le quali mi limito a segnalare Domenico Sorrentino, Giuseppe Toniolo. Una Chiesa nella storia, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (Milano) 1987; Francesco Vistalli, Giuseppe Toniolo, Comitato Giuseppe Toniolo, Roma-Bergamo 1954; Paolo Pecorari, voce Toniolo, in Dizionario storico del Movimento Cattolico in Italia. 1860-1980, 3 voll. in 5 tomi, Marietti, Casale Monferrato 1982, vol. II, I protagonisti, pp. 636-644; Idem, Giuseppe Toniolo e il socialismo. Saggio sulla cultura cattolica tra ’800 e ’900, Pàtron, Bologna 1981; Piersandro Vanzan S.I. (1934-2011), Il «tornante della storia» e l’«alternativa cristiana» in Giuseppe Toniolo, in La Civiltà Cattolica, anno CLII, vol. II, quad. 3624, 16-6-2001, pp. 556-569; e Amleto Spicciani, Giuseppe Toniolo tra economia e storia, Guida, Napoli 1990.