Don Giovanni Poggiali, Cristianità n. 390 (2018)
Gli Esercizi Spirituali di sant’Ignazio di Loyola: un viaggio dell’anima
Ignazio di Loyola (Íñigo López de Loyola, 1491-1556) (1) è uno dei santi spagnoli più conosciuti non solo per aver fondato la Compagnia di Gesù — approvata con la bolla Regimini militantis ecclesiae da Papa Paolo III (1534-1549) il 27 settembre 1540 e che ha donato alla Chiesa una schiera infinita di santi e di gesta gloriose —, ma anche per aver ideato e scritto il libro degli Esercizi Spirituali (ES), che ha avuto un influsso vastissimo non solo nella Chiesa Cattolica (2).
Alleanza Cattolica, fin dagli inizi del suo ormai quasi cinquantennale apostolato, ha goduto dei fecondi frutti spirituali provenienti dall’itinerario ignaziano, inserendolo nel bagaglio spirituale del militante e facendone un metodo di preghiera, di discernimento e di azione imprescindibile. Praticare gli ES, secondo il metodo ideato e sviluppato dal gesuita spagnolo Francisco de Paula Vallet (1883-1947), fondatore dei Cooperatori Parrocchiali di Cristo Re, e proposto dall’associazione, significa compiere un viaggio interiore molto personale e intenso di fede e di preghiera, di conoscenza di sé e di discernimento sulla propria vita, oggi più attuale che mai. Il metodo di padre Vallet consiste nell’aver condensato un mese di ES — perché questa è la loro originale durata, forse improba per l’uomo contemporaneo — in soli cinque giorni, mantenendone le parti essenziali senza rinunciare alla forza interiore e, direi, mistica che l’itinerario propone. Sebbene al tempo di padre Vallet già venivano proposti ritiri ed esercizi di durata ridotta per facilitare la partecipazione dei laici, il metodo da lui proposto costituisce comunque una novità rispetto alla prassi dell’epoca, perché non tralascia alcun pezzo del percorso, anzi li mantiene tutti in un’unità organica riducendone solo la durata. Si potrebbe dire che è una riduzione geniale, davvero ispirata da Dio.
Il viaggio dell’anima
Tale aspetto, e molto altro, viene descritto nel recente volume sul tema degli ES scritto da don Pietro Cantoni, moderatore generale della Fraternità sacerdotale San Filippo Neri (3). Il libro, frutto di una conoscenza e di una pratica ormai quarantennale dell’autore, vuole essere un commentario teologico-spirituale degli Esercizi di sant’Ignazio di Loyola e vuole avere almeno tre finalità, come specificato nella quarta di copertina: la prima è di introdurre agli Esercizi chi non ne ha mai sentito parlare o chi li conosce in maniera solo frammentaria; la seconda è fornire uno strumento pratico per chi volesse diventare guida di corsi di Esercizi; la terza è costituire, per chi li ha già praticati, un mezzo concreto per approfondirne i contenuti e continuare ad applicarli nella propria vita. Aggiungerei, personalmente, una quarta finalità implicita nel testo: il libro è un invito anche a fare concretamente gli ES, a praticarli in uno dei corsi di cinque giorni che la Fraternità San Filippo Neri organizza. Potrebbe sembrare azzardato l’accostamento fra sant’Ignazio e san Filippo Neri (1515-1595) che l’autore propone ma in realtà «la spiritualità di san Filippo nasce da una fortissima esperienza mistica, quella delle catacombe di san Sebastiano del 1544, e che punta — pur nella semplicità e banalità del metodo, o forse proprio a causa di questo — alle più alte e vertiginose vette della preghiera e della santità. Lo stesso succede in sant’Ignazio» (p. 28). Quest’affermazione va oltre l’illustrazione dell’incontro fra i due santi che è sulla copertina del libro. L’unione dei due giganti della spiritualità cattolica del secolo XVI, e non la loro contrapposizione, può avvenire grazie all’esperienza degli ES che, pur non praticati direttamente da Filippo, erano da lui molto apprezzati (4).
Un’esperienza
Il testo — diviso in tre parti, ciascuna con diversi capitoli, con una ricca bibliografia e in appendice gli schemi pratici degli orari per un corso effettivo di una settimana — accompagna il lettore alla conoscenza teorica e pratica di un’esperienza. Perché di questo si tratta: gli ES non sono tanto un trattato da leggere quanto un libro, un’esperienza da fare. Essi si pongono a un livello pratico, concreto, non solo intellettuale e teorico. Il miglior modo per comprenderli è farli.
Sono stati definiti un cammino spirituale in interiore homine (cfr. p. 19), un pellegrinaggio che conduce l’esercitante dentro la vita misticamente vissuta da sant’Ignazio. La parola «mistica» non deve sorprenderci o, addirittura, spaventarci. Egli era certamente un uomo d’azione, un cavaliere combattente al servizio del viceré di Navarra Antonio Manrique de Lara (1466-1535); fu ferito a una gamba battendosi a Pamplona contro i francesi, nel 1521, e da questa ferita nacque la sua conversione, come egli stesso racconta in terza persona nell’autobiografia (5). La vita militare condotta prima del cambiamento del cuore, insieme a tutti gli ambienti in cui aveva vissuto e si era formato, incise profondamente anche nella costituzione successiva della Compagnia e nel modo di essere e di operare d’Ignazio. L’ideale cavalleresco, la formazione che ricevette dalla famiglia e dall’educazione impartitagli, era il servizio per un re del mondo, servizio disciplinato e obbediente, che doveva prepararlo a un altro servizio di gran lunga più nobile e del tutto diverso: l’obbedienza al Re eterno. L’ideale ignaziano degli Esercizi in tal modo è scolpito nelle quattro parole: «señalarse más en servicio», segnalarsi di più nel servizio. Di questo ideale, a Ignazio stavano a cuore soprattutto due elementi: l’obbedienza e la disciplina. Così, infatti, lo storico e teologo tedesco Hugo Rahner descrive questi elementi: «L’obbedienza è la prontezza — continuamente rinnovata e tenuta viva dall’esercizio — di rispondere prontamente a una chiamata divina (nascosta nella mediazione di una gerarchia umana), di essere sempre pronti all’inatteso, senza mai barricarsi dietro le comodità, senza mai diventare un soldato in veste da camera. L’obbedienza è per eccellenza il magis (di più) del servizio vissuto quotidianamente» (6).
Ignazio, nonostante la sua indole e il suo passato militare, chiederà all’esercitante di diventare «contemplativus in actione», contemplativo nell’azione, cioè di poter essere sempre alla presenza di Dio in qualunque situazione ci si trovi nella propria vita. È certamente un esercizio da praticare, un metodo, che poi diventa connaturale alla persona a patto che non manchi, però, un momento di contemplazione o di meditazione personale silenziosa lungo il corso della giornata, cuore a cuore con Dio.
Il fondamento della contemplazione si concentra in cinque esperienze mistiche che Ignazio ha vissuto, l’ultima delle quali le racchiude tutte: è la visione del Cardoner, un fiume poco lontano da Manresa in Catalogna, dove il santo ebbe un’illuminazione dell’intelletto così intensa da dare l’orientamento decisivo a tutta la sua vita. La descrive egli stesso nell’autobiografia e vale la pena riportarla per intero: «Una volta si recò, per sua devozione, a una chiesa distante da Manresa poco più di un miglio: credo che si chiamasse San Paolo. La strada correva lungo il fiume. Tutto assorbito nelle sue devozioni, si sedette un poco con la faccia rivolta al torrente che scorreva in basso. E mentre stava lì seduto, gli si aprirono gli occhi dell’intelletto: non ebbe una visione, ma conobbe e capì molti principi della vita interiore, e molte cose divine e umane; con tanta luce che tutto gli appariva come nuovo. Non è possibile riferire con chiarezza le pur numerose verità particolari che egli allora comprese; solo si può dire che ricevette una grande luce nell’intelletto. Il rimanere con l’intelletto illuminato in tal modo fu così intenso che gli pareva di essere un altro uomo, o che il suo intelletto fosse diverso da quello di prima. Tanto che se fa conto di tutte le cose apprese e di tutte le grazie ricevute da Dio, e le mette insieme, non gli sembra di aver imparato tanto, lungo tutto il corso della sua vita, fino a sessantadue anni compiuti, come in quella sola volta» (pp. 26-27).
Tale illuminazione lo segnerà per sempre e sarà alla base della stesura e dell’esperienza degli ES la cui composizione, secondo la tradizione, è dovuta a un’ispirazione straordinaria di Dio: Ignazio era impreparato teologicamente e culturalmente, non aveva i mezzi per scrivere un testo profondo e sapiente come questo. Anche la sua conoscenza della Sacra Scrittura era alquanto limitata. Sembra conoscesse solo tre libri: la Vita Christi di Ludolfo di Sassonia (1300-1377), la Legenda aurea di Jacopo da Varazze (o da Varagine, 1228-1298) e l’Imitazione di Cristo, mentre negli ES vi è una serie di fonti di varia provenienza e cultura. La tradizione degli ES parla di una speciale partecipazione della Madonna a questo intervento dall’alto, classificato teologicamente nell’ambito delle rivelazioni private.
Anche questa esperienza eminente ci ricorda un elemento fondamentale: tutto viene dalla grazia di Dio perché, come dice san Paolo, «tutto posso in Colui che mi dà la forza» (Fil. 4,13). Certamente noi dobbiamo consegnare a Gesù, affinché li moltiplichi, i nostri cinque pani e due pesci, il poco che abbiamo, ma anche questi, se ci pensiamo, vengono da Dio. Ignazio stesso l’ha sperimentato tante volte nella propria vita, fin da quando ancora bambino fu educato religiosamente nella casa paterna. Era un uomo disposto alla grazia, e con una tale personalità Dio poteva intraprendere grandi cose, se pensiamo che addirittura «dopo essere stato colpito a Pamplona, distribuì con grande magnanimità, scudo, corazza e daga, ai suoi cavallereschi nemici che venivano a visitarlo» (7).
Contenuto del libro
Nella Parte I, Breve commentario teologico-spirituale agli Esercizi Spirituali, dopo l’Introduzione, don Cantoni apre il capitolo II proponendosi di descrivere e di spiegare le preghiere in qualche modo più diffuse nell’itinerario degli ES e che ne segnano il percorso in profondità: l’Anima Christi, la Via Crucis e il Rosario. Soprattutto la prima è il riassunto «orativo» di tutto il viaggio dell’anima. La Via Crucis e la preghiera mariana del Rosario non vengono citate espressamente da sant’Ignazio probabilmente perché, secondo l’autore, queste due pratiche non avevano compiuto «il loro percorso formativo» (p. 43): la Via Crucis come la conosciamo oggi verrà diffusa da san Leonardo da Porto Maurizio (1676-1751), mentre la devozione del Rosario riceverà l’impulso decisivo dalla vittoria della flotta cristiana a Lepanto, il 7 ottobre 1571.
Nel capitolo III, con le Annotazioni — che sono le vere e proprie «regole del gioco» — comincia l’itinerario degli ES e si entra nel vivo del viaggio dopo essersi forniti delle cose necessarie per partire. Un gioco deve avere le sue regole e «il gioco degli Esercizi ha un effetto assicurato. La certezza dell’effetto è vincolata ad una sola condizione: vanno fatti» (p. 53). L’annotazione n. 21, che padre Vallet anticipava nella sua esposizione, dà il titolo e la sintesi dell’autentico significato degli ES: «esercizi spirituali con cui l’uomo è guidato per poter vincere sé stesso e mettere ordine nella propria vita senza prendere decisioni in base ad alcuna tendenza disordinata» (ibidem). Da questo capitolo, via via, l’autore percorre tutto l’itinerario passando dal pezzo forte del Principio e Fondamento (capitolo IV), all’esame di coscienza particolare e generale (capitolo V), fino alla descrizione delle quattro settimane di cui sono composti gli ES (8) e alle regole del discernimento degli spiriti (capitolo IX), un altro pezzo forte: «Chi ha studiato a fondo queste regole è rimasto stupito dal fatto che esse riassumono in qualche modo una sapienza spirituale secolare che affonda le sue radici nell’esperienza degli uomini spirituali cristiani di tutti i tempi. In modo particolarissimo i padri del deserto» (p. 147). Capire i movimenti interiori allo spirito dell’uomo, che lo spingono e lo dirigono in date situazioni, e poterli discernere per scegliere sempre il bene e la volontà di Dio è oggi più che mai necessario e urgente.
La Parte II del libro, intitolata Direttorio «pratico», spiega come preparare e «dettare» — Ignazio non amava il verbo «predicare» — gli ES. Punto per punto l’autore spiega il significato di ogni passo dell’itinerario. Sono capitoli molto utili per le guide di corsi di ES che hanno così uno schema già pronto di predicazione, e utili anche per gli assistenti (in gergo chiamati «fratelli»), che hanno a disposizione un valido promemoria per non improvvisare e, quindi, per affrontare con serietà anche il proprio delicato compito.
La Parte III è intitolata La vita di Gesù Cristo o «I misteri della vita di Gesù Cristo Nostro Signore» ed è il commento teologico-spirituale dell’autore all’appendice del libro degli ES, che contiene la vita di Gesù suddivisa negli episodi evangelici, detti misteri, più importanti. Don Cantoni ha poi effettuato un’ulteriore suddivisione di questi episodi secondo le quattro corone del Rosario, dividendo i fatti evangelici in misteri del gaudio, della luce, del dolore e della gloria.
Il volume si conclude con la Bibliografia e gli indici utili per la ricerca dei nomi di persona, dei passi della Sacra Scrittura e dei passi dal libro degli ES (pp. 493-504).
Invito a fare gli ES
Leggendo il testo di don Cantoni si prova il desiderio di sperimentare personalmente l’esperienza unica degli ES. Essi sono come una mappa, che non solo è entusiasmante leggere ma il cui percorso sarebbe auspicabile compiere. Essa indica il cammino di un viaggio straordinario in zone misteriose e intriganti che sono interiori: l’anima, il cuore e la mente. Scandagliando dentro di sé si conosce e si incontra Colui che ci ha creati, che ci guida a conoscere più profondamente noi stessi, comprendendo più a fondo la nostra personalità, la propria interiorità più vera grazie alla luce che viene da Dio. La vera guida degli ES, infatti, è lo Spirito Santo che ci conduce alla santità, vero scopo ultimo dell’itinerario ignaziano. Certamente gli scopi per sperimentare gli ES sono molteplici: effettuare una sana «ecologia interiore», per purificare il proprio intimo dal peccato e aprirlo alla grazia di Dio; non è un caso che la prima settimana degli ES è denominata deformata reformare, riformare ciò che è stato trasformato negativamente dal peccato. Un secondo obiettivo è imparare a pregare e questo s’impara «facendolo». La seconda settimana degli esercizi — reformata conformare, ciò che è stato riformato con la grazia va conformato a Cristo — è un’iniziazione alla preghiera di contemplazione secondo il metodo ignaziano, che comprende più di dieci metodi di preghiera. Infine, un terzo scopo è essere aiutati a cercare e a trovare la volontà di Dio nella disposizione della propria vita. Ciò si attua soprattutto con la terza e la quarta settimana — conformata confirmare e confirmata transformare, si è condotti cioè alla trasformazione e all’unione con Cristo nell’amore — fino all’apice dell’itinerario, la contemplazione «per ottenere l’amore di Dio». In fondo tutto il viaggio dell’anima conduce all’amore di Dio per il quale vale la pena di vivere perché è il senso della vita: «E noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi. Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui» (1 Gv. 4,16). Sant’Ignazio aveva compreso questo amore, un amore misericordioso e infinito di un Dio che, in Cristo, ha dato la sua vita per noi ed è a Lui che voleva consacrare tutto sé stesso, come indicato nel motto della Compagnia: ad majorem Dei gloriam, per la maggior gloria di Dio, e al n. 234 degli Esercizi: «Accetta, Signore, tutta la mia libertà. Prendi la mia memoria, il mio intelletto e tutta la mia volontà. Tutto quello che ho e che possiedo tu me lo hai dato: a te tutto io rendo. È tutto tuo, fanne quello che vuoi. Dammi solo l’amore di te e la tua grazia, perché questa mi basta».
Don Giovanni Poggiali
Note:
(1) Per un primo approccio alla figura di sant’Ignazio e agli Esercizi Spirituali, cfr. Ignazio di Loyola, Esercizi Spirituali. Ricerca sulle fonti, a cura di Pietro Schiavone S.J., San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 1995, pp. 11-58.
(2) Cfr. Stephen R. Covey (1932-2012), I sette pilastri del successo. L’arte della leadership, Bompiani, Milano 2002, in cui si ritrovano in un ambito non religioso similitudini e tratti in comune con il percorso ignaziano.
(3) Cfr. Pietro Cantoni, Il viaggio dell’anima. Commentario teologico-spirituale al libro degli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio di Loyola, D’Ettoris Editori, Crotone 2018, pp. 528. I numeri delle pagine tra parentesi citate nel testo si riferiscono a questo libro.
(4) Cfr. Hugo Rahner S.J. (1900-1968), Ignazio di Loyola e Filippo Neri, in Cristianità, n. 356, aprile-giugno 2010, pp. 13-35.
(5) Cfr. Ignazio di Loyola, Racconto di un pellegrino, a cura di Giuseppe De Gennaro, Città Nuova, Roma 1993, pp. 59-66.
(6) Cfr. H. Rahner S.J., Come sono nati gli Esercizi. Il cammino spirituale di sant’Ignazio di Loyola, trad. it., Edizioni Apostolato della Preghiera, Roma 2004, p. 35.
(7) Ibid., p. 46.
(8) Utile per comprendere l’intero mese ignaziano è l’opera di Sergio Rendina, L’itinerario degli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio di Loyola. Commento introduttivo alle quattro settimane, Edizioni Apostolato della Preghiera, Roma 1999.