Gli italiani sono descritti dal rapporto CENSIS del 2023 come “sonnambuli” che, però, non si accontentano più di lavorare solo per consumare
di Andrea Arnaldi
Il 1° dicembre 2023 il CENSIS, Centro Studi Investimenti Sociali, principale organismo italiano di studi sociologici, ha pubblicato il 57° Rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese che, come afferma lo stesso Centro, «interpreta i più significativi fenomeni socio-economici del Paese nella fase congiunturale che stiamo vivendo».
Si tratta di un corposo documento, arricchito da molte tabelle, aperto dalle Considerazioni generali che descrivono «una società con molte scie, ma nessuno sciame, con una direzione, ma pochi traguardi, in cui i meccanismi di mobilità sociale si sono usurati».
Il testo si articola poi in altre tre parti. Nella seconda, intitolata La società italiana al 2023, CENSIS affronta i temi di maggiore interesse emersi nel corso dell’anno, l’economia in rallentamento dopo la fine dell’espansione monetaria, i nuovi fermenti e le inquietudini, fino a delineare il ritratto di una società di sonnambuli, ciechi dinanzi ai presagi.
La terza e la quarta parte presentano infine alcune analisi settoriali: la formazione, il lavoro e la rappresentanza, il welfare e la sanità, il territorio e le reti, i soggetti e i processi economici, i media e la comunicazione, la sicurezza e la cittadinanza.
CENSIS, e soprattutto il suo autorevole Presidente Giuseppe De Rita, rappresentano un punto di riferimento imprescindibile per chiunque sia interessato a intercettare i fenomeni sociali, individuarli, esaminarli, comprenderli. Indipendentemente dal fatto che poi si giunga a conclusioni diverse o addirittura antitetiche a quelle formulate dal Centro stesso.
Restano giustamente celebri le geniali definizioni coniate nel tempo da De Rita per descrivere lo stato di salute della nostra società: nel 2007 CENIS parlava di una «società coriandolare», cioè sfilacciata, individualista, autoreferenziale, nel 2017 i coriandoli sono diventati «rancorosi», e quindi incattiviti e diffidenti, sempre meno capaci di relazioni. Nel 2022 CENSIS parlava di «malinconia sociale», uno stato quasi di inedia e di rassegnazione, un senso di impotenza e di tristezza che attraversa il Paese.
Il Rapporto 2023 lancia una nuova «parola d’ordine: gli italiani sono “sonnambuli, ciechi dinanzi ai presagi”», come si legge nel titolo della seconda parte, il cui testo inizia con questa affermazione:
«Alcuni processi economici e sociali largamente prevedibili nei loro effetti sembrano rimossi dall’agenda collettiva del Paese, o comunque sottovalutati. Benché il loro impatto sarà dirompente per la tenuta del sistema, l’insipienza di fronte ai cupi presagi si traduce in una colpevole irresolutezza. La società italiana sembra affetta da un sonnambulismo diffuso, precipitata in un sonno profondo del calcolo raziocinante che servirebbe per affrontare dinamiche strutturali, di lungo periodo, dagli effetti potenzialmente funesti».
Il fenomeno del sonnambulismo si accompagna all’emergere dell’emotività che mina il ragionamento e agita spauracchi capaci di appagare il senso di smarrimento:
«Nell’atmosfera emotiva in cui la società italiana si è immersa, vincono le credenze fideistiche: ogni verità ragionevole può d’improvviso essere ribaltata, sbullonata dal piedistallo della indubitabilità per effetto di una nuova onda emotiva. Agli sforzi raziocinanti di comprensione dei fenomeni e di confronto su ipotesi alternative per favorire la ricerca condivisa di soluzioni praticabili, si sostituisce la proiezione nel prisma dell’eccesso emotivo, che sollecita reazioni paradossali. Così trovano terreno fertile fughe millenaristiche, paure amplificate, l’improbabile e il verosimile, gli spasmi emotivi».
Da cosa intendono fuggire gli italiani, secondo il CENSIS? Vi sono una serie di autentiche fobie che agitano la tranquillità e inducono alla spasmodica ricerca di una via di uscita. Il Rapporto parla di queste paure: il clima impazzito, i problemi infrastrutturali irrisolti, gli sconvolgimenti globali, i flussi migratori incontrollabili, i rischi ambientali e demografici, la siccità connessa all’esaurimento delle risorse idriche, un debito pubblico fuori controllo, la mancanza di fonti energetiche.
Ne esce il ritratto di un italiano “medio” incapace di affrontare i drammi del suo tempo e che reagisce con la tecnica dello struzzo che si declina nel “sonnambulismo” e/o nell’abbandono all’emotività irrazionale.
Il Rapporto dedica poi un paragrafo a quello che definisce il «tempo dei desideri minori» nel quale svolge considerazioni la cui valutazione sul piano etico e valoriale deve essere lasciata allo studioso ed all’interprete dei fenomeni, dal momento che si prestano ad un giudizio asettico di tipo scientifico, piuttosto che ad una connotazione negativa (una sorta di ulteriore “carico” al concetto di sonnambulismo) ovvero positiva.
Mi sembra di poter suggerire quest’ultima sfumatura, quella positiva, che trovo interessante oltre che consolante. Cosa sono questi desideri minori? Lascio la parola al CENSIS:
«È il tempo dei desideri minori: non più uno stile di vita all’insegna della corsa irrefrenabile verso maggiori consumi come sentiero prediletto per conquistarsi l’agiatezza, ma una più pacata ricerca nel quotidiano di piaceri consolatori per garantirsi uno spicchio di benessere – magari temporaneo e reversibile – in un mondo ostile.
Il consumo progressivo non è più la forza vitale che trascina gli italiani e li spinge a lavorare di più per generare più reddito da spendere. Insomma, non agiscono più gli “eroici furori” della passata epopea, perché il cambiamento del rapporto con il proprio tempo e la ridefinizione della gerarchia dei valori fanno sì che l’energia individuale, che in passato si traduceva in una spinta collettiva, ora si condensa in una nuova soggettività dei desideri a bassa intensità, che finisce per smorzare il ciclo».
Mi piace leggere queste affermazioni cercando di cogliere la crescita, nel modo di pensare e di agire degli italiani, di valori umanizzanti: tornare ad essere considerate persone e non consumatori. «Abbiamo abiurato il nome di uomini, per assumerne un altro, “consumatori”. E oggi si dice così nella vita sociale: i “consumatori”. Non ci siamo nemmeno accorti che qualcuno ha cominciato a chiamarci così» (Papa Francesco, Catechesi di mercoledì 10 gennaio 2024).
E infatti il Rapporto CENSIS scrive:
«Il 74,8% dei lavoratori oggi dichiara esplicitamente di non avere voglia di lavorare di più per poter consumare di più, e non ha intenzione di farsi guidare come in passato dal consumismo. Il lavoro sembra aver perso il suo significato più profondo, come riferimento identitario, perno centrale della vita, misura del successo personale e dell’affermazione sociale, oltre che mezzo di gratificazione economica. Per l’87,3% degli occupati la scelta di fare del lavoro il centro della propria vita sarebbe un errore.
Si tratta di una forma inedita e contemporanea del tradizionale desiderio di autonomia individuale, che ora si incammina sui sentieri del benessere minuto, soggettivamente inteso, nella persuasione che questa sia la modalità migliore per accedere a una più alta qualità della vita. Non è il rifiuto del lavoro in sé, ma un declassamento del lavoro nella gerarchia dei valori personali.
Non sorprende, quindi, che il 62,1% degli italiani avverta il desiderio quotidiano di momenti da dedicare a sé stessi per combattere l’ansia e lo stress, o che un plebiscitario 94,7% consideri centrale la felicità delle piccole cose di ogni giorno, come appunto il tempo libero, gli hobby, le passioni personali. Rispetto al passato, l’81,0% degli italiani dedica molta più attenzione alla gestione dello stress e alla cura delle relazioni, perni del benessere psicofisico personale».
Qualche concetto chiave: gli italiani non vogliono farsi guidare come in passato dal consumismo; il lavoro è importante ma non deve prendere il sopravvento sulla vita della persona; occorre ridare rilievo al tempo dedicato a sé stessi e soprattutto alla «felicità delle piccole cose di ogni giorno» e alla «cura delle relazioni».
È questo l’effetto del sonnambulismo e dell’irrompere dell’emotività irrazionale? O non è piuttosto una reazione molto umana e molto opportuna al pluridecennale torpore dei coriandoli rancorosi e malinconici?
Mercoledì, 31 gennaio 2024