
Per aiutare a comprendere che cosa stia accadendo alla popolazione palestinese all’interno della Striscia di Gaza, stretta fra la “macchina da guerra” israeliana e il terrorismo di Hamas, pubblichiamo questo articolo del corrispondente del Telegraph da Gerusalemme. Esso attira l’attenzione sul fenomeno forse più significativo delle ultime settimane, poco ripreso dalla stampa italiana, ossia sugli episodi di resistenza della popolazione palestinese contro la violenza di Hamas all’interno della Striscia. Il gruppo terroristico ricorre a metodi sempre più crudeli per mantenere il controllo di una popolazione disperata
di Henry Bodkin, corrispondente da Gerusalemme del Telegraph
The Telegraph, 29 giugno 2025
Il volto del giovane che fissa la telecamera mentre la folla gli si accalca attorno è forte e provocatorio. Nelle sue mani, il ventiseienne tiene uno striscione con un messaggio incendiario: «Hamas non ci rappresenta». Un video di accompagnamento lo mostra mentre incita gli altri, alimentando apertamente il fuoco del dissenso, mentre molte delle persone attorno a lui distolgono nervosamente il viso per non essere identificate dalle telecamere.
Quell’uomo è Ahmed al-Masri, uno degli organizzatori chiave nel nord di Gaza delle proteste che hanno scosso l’enclave ad aprile e maggio. Questa settimana sono emerse le foto dello stesso uomo su una barella, con uno sguardo spaventato e impotente negli occhi e le gambe insanguinate. Secondo diverse fonti che hanno parlato con il Telegraph, Al-Masri è stato rapito da uomini armati di Hamas a Beit Lahia, vicino al confine settentrionale con Israele, dopodiché è stato brutalmente torturato. Gli sono stati deliberatamente spezzati i piedi con grosse pietre e piedi di porco di ferro; lo hanno anche colpito alle gambe.
Questa atrocità fa parte di un’ondata crescente di spargimenti di sangue scatenata da Hamas contro i comuni cittadini di Gaza che pretende di rappresentare. Mentre si trova ad affrontare una stretta senza precedenti sulla sua forza militare ed economica a causa della campagna di logoramento di Israele, il gruppo terroristico sta ricorrendo a metodi sempre più crudeli per mantenere il controllo su una popolazione sempre più disperata.
Khaled Abu Toameh, docente ed esperto di questioni palestinesi, ha affermato: «Dopo le proteste degli ultimi mesi, hanno iniziato a giustiziare e arrestare persone per intimidire la popolazione e terrorizzarla. Penso che stia funzionando. A un certo punto, le proteste sono scomparse».
Nelle ultime settimane si sono moltiplicate le segnalazioni di persone prelevate mentre erano in coda per ricevere aiuti, torturate negli scantinati o semplicemente giustiziate in pieno giorno.
In un video, pubblicato entusiasticamente dagli account dei social media affiliati a Hamas, si vedevano figure mascherate che usavano una lunga sbarra di metallo per fracassare le rotule di un uomo bendato. Le sue urla strazianti e le sue suppliche di pietà sono troppo raccapriccianti per essere descritte adeguatamente.
Gran parte di questa violenza viene perpetrata in nome della cosiddetta “unità Sahm”, che in arabo significa “freccia”.
Quelli che riescono ad arrivare in ospedale a volte vengono braccati ed eliminati all’interno dei reparti.
Nel caso di Al-Masri, la violenza si è verificata in diverse ondate e si è concentrata attorno a una grande struttura medica. Persone a conoscenza della situazione, troppo spaventate dalle rappresaglie per rivelare i loro nomi, hanno dichiarato che il giovane attivista è stato rapito e portato all’ospedale Al-Shifa di Gaza City, dove è stato interrogato e gli è stato intimato di non parlare con i media. Uno di loro ha dichiarato: «Hanno sparato a due persone davanti a lui, poi gli hanno sparato ai piedi. Gli hanno frantumato i piedi con grosse pietre e piedi di porco e poi lo hanno esposto al sole per un’ora. Poi hanno chiamato un’ambulanza e lo hanno portato all’ospedale, dove lo hanno picchiato sui piedi all’interno dell’ambulanza».
In un altro tristemente noto episodio, avvenuto all’inizio di questo mese, uomini armati di Hamas avrebbero provocato le vittime che avevano ferito in precedenza, impedendo loro di entrare in un ospedale e lasciandole a contorcersi all’esterno.
Secondo gli amici, Al-Masri, che gestisce una farmacia, è stato inizialmente portato all’ospedale principale di Al-Shifa, ma ora è stato trasferito altrove per la sua sicurezza. Ora fanno appello a chiunque voglia aiutarlo a uscire da Gaza, sia per sfuggire a Hamas sia per ottenere le cure adeguate alle sue ferite. «Sta malissimo», ha detto una persona. «Stiamo cercando di fare del nostro meglio per lui, ma la gente ha paura di parlare, perché potrebbe essere la prossima vittima».
Alcuni attivisti ritengono che Hamas abbia approfittato del conflitto tra Israele e l’Iran per intensificare la sua campagna intimidatoria, mentre gli occhi del mondo sono puntati altrove. Stanno facendo del loro meglio per inondare le sezioni dei social media viste dall’Occidente con video e fotografie esplicite pubblicate da Hamas negli angoli arabi di Internet e guardate principalmente dalla gente di Gaza.
Uno di loro, Howidy Hamza, ha descritto le vittime come «uccise due volte». In primo luogo, da Hamas; in secondo luogo, «da un movimento che si rifiuta di vederli», il movimento pro-Palestina in Occidente, molti dei cui sostenitori, compresi quelli nei campus universitari, considerano Hamas un legittimo organo di resistenza. Lo ha sottolineato questa settimana in un video che mostra un uomo bendato interrogato per presunta «collaborazione con l’Autorità Nazionale Palestinese», l’organismo che governa, sotto il controllo israeliano, la Cisgiordania. Poiché tale accusa costituisce un crimine capitale sotto il regime di Hamas, è probabile che l’uomo sia stato giustiziato.
Il Telegraph ha appreso i dettagli di un ulteriore omicidio di un organizzatore della protesta, Mohammed Abu Saeed, che guidava il movimento a Khan Younis. I testimoni hanno dichiarato che è stato colpito ai piedi così tante volte che è stato necessario amputarne uno. Durante il suo funerale, uomini armati di Hamas avrebbero aperto il fuoco sul corteo funebre, uccidendo alcuni membri della sua famiglia. Oltre alla violenza fisica, queste campagne diffamatorie contro chi manifesta dissenso sono una tattica fondamentale di Hamas. A Gaza accusare qualcuno di collaborare con Israele è la calunnia peggiore. «Risale ai tempi del mandato britannico», ha detto Toameh. «Se vuoi diffamare qualcuno, lo accusi di collaborare con l’occupante. Migliaia di persone sono morte in Cisgiordania per questo dal 1967».
Un attivista, che ha preferito restare anonimo, ha affermato che il gruppo terroristico tenta di indurre la gente a rivolgere accuse, contattandole tramite falsi account sui social media.
Sebbene le proteste di aprile e maggio si siano esaurite, Hamas si trova ad affrontare una sfida enorme alla sua autorità con l’introduzione del nuovo sistema di distribuzione degli aiuti.
Secondo un piano concordato da Israele e dagli Stati Uniti – e osteggiato da quasi tutti gli altri – un’azienda statunitense, la Fondazione umanitaria di Gaza (GHF) distribuisce aiuti tramite un numero limitato di hub creati appositamente. Il piano, giudicato disumano, è oggetto di sparatorie di massa quasi quotidiane, mentre le truppe israeliane forniscono una protezione esterna per i contractors statunitensi, come indicato da testimoni oculari. Nonostante le numerose crudeltà del sistema, questo sembra aver preoccupato Hamas, che in passato intercettava e poi rivendeva enormi quantità di aiuti che arrivavano nelle comunità tramite camion.
«Colpito con bastoni, tubi di ferro e pietre»
L’11 giugno, uomini armati hanno teso un’imboscata a un autobus che trasportava lavoratori palestinesi destinati a uno degli hub della GHF in una zona di Al-Mawasi, vicino a Khan Younis, uccidendo otto persone. Uno dei morti era Osama Sa’adu Al-Masahal. Sua sorella, Heba Almisshal, ha dichiarato che dopo la sparatoria, «mio fratello e i suoi compagni sono stati trasportati all’ospedale Nasser, ma non sono stati lasciati in pace». Ha aggiunto: «Gli uomini armati li hanno catturati, li hanno gettati contro il cancello dell’ospedale, hanno impedito a medici e infermieri di prestare soccorso e hanno costretto la gente a colpirli con bastoni, tubi di ferro e pietre».
Successivamente si è ipotizzato che Hamas avesse preso di mira i lavoratori perché riteneva che fossero associati a una milizia legata a Yasser Abu Shabab, il leader di un clan nel sud della Striscia che Israele sta armando.
Mentre la carestia aumenta, incoraggiando i disperati abitanti di Gaza a mettere in discussione i loro governanti degli ultimi due decenni, il potere di queste famiglie armate, che precedono di gran lunga il gruppo terroristico, è cresciuto.
Giovedì sono spuntate le immagini delle conseguenze di uno scontro a fuoco nell’ospedale Nasser, dopo che gli uomini armati di Hamas si erano rifugiati dietro ai familiari infuriati di un giovane che avrebbero appena ucciso. Tre loro veicoli sono stati bruciati.
Nonostante tutto questo, Hamas resta di gran lunga il gruppo palestinese più potente a Gaza. Come hanno dimostrato le ultime settimane, le insinuazioni dei ministri israeliani più intransigenti, secondo cui i comuni cittadini di Gaza avrebbero potuto semplicemente “sbarazzarsi” del gruppo terroristico – con l’implicazione che forse in realtà non lo volevano – si sono rivelate crudelmente lontane dal vero.
Ciò significa che la popolazione, di cui giovedì sono morte più di cento persone in meno di 24 ore, continua a essere stretta tra la macchina da guerra israeliana e i jihadisti che usano la loro sofferenza per giustificare la propria causa di fronte al mondo.
Martedì, primo luglio 2025